giovedì

Ponte avanti tutta!


FIRENZE (Reuters) - La cordata guidata da Impregilo, aggiudicataria del contratto per il Ponte sullo Stretto di Messina, non si è mai fermata e continua a lavorare.


Lo ha detto il vicepresidente Antonio Malarico che ha aggiunto: abbiamo sentito le dichiarazioni del nuovo presidente del Consiglio Berlusconi che vuole dare impulso alle grandi infrastrutture, c'è un contratto firmato, la cordata sta andando avanti, non si è mai fermata.


Il manager ha poi spiegato che l'iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto prevede la presentazione da parte di Impregilo di un progetto esecutivo che non è ancora pronto.


Per la sua redazione si aspetta la consegna delle attrezzature più all’avanguardia nel campo della progettazione civile.


Nei prossimi giorni saranno recapitati, negli studi dove verranno elaborati i calcoli statici del ponte ad unica campata più lungo del mondo, dei nuovissimi compassi e innovativi goniometri.


Dopo un breve periodo di formazione dei tecnici sull’uso di queste nuove tecnologie, si potrà iniziare a disegnare la struttura del ponte, prima in brutta e poi in bella copia.


Ma nel frattempo non si è rimasti inoperosi.


I nostri tecnici hanno già fatto le cornicette ai fogli usando de squadrette Martini e le matite colorate della Giotto, ed hanno tenuto un corso di aggiornamento sulle tecniche di calcolo del perimetro.


Si è scoperto anche, nel corso dei seminari, cosa sono quei numeri che si leggono sui lati delle righe e squadre per disegno.


In Giappone per costruire il ponte più lungo ad unica campata, è stato necessario edificare la galleria del vento più grande al mondo, al cui interno è stato riprodotta in sezione una parte del ponte.


Noi in Italia abbiamo già predisposto un grande ventaglio che faremo muovere, forte forte sullo stretto.


Per la staticità provvederemo a simulare una festa di compleanno di sedicenni su una carreggiata del ponte.


E poi basta con questa storia sull’inutilità del ponte e sulla sua pericolosità.

Noi mica lo vogliamo fare il ponte.


Ci daranno una barca di soldi, che farà felice i nostri azionisti, per realizzare il cantiere.


Poi ci fermeremo adducendo mille motivazioni banali, facendo ricadere le responsabilità su tutti, sul terreno, sul mare, sui pescispada che saltano, sugli uccelli che migrano e sulla popolazione che rompe i coglioni!


Abbiamo già nei magazzini le lamiere per recintare le aree espropriate, i cartelli da cantiere ed i lucchetti per i cancelli.


Una volta avuti i soldi, si iniziano le cause in tribunale, i ricorsi e gli anni passeranno.


Noi lavoriamo così, per la felicità dei nostri investitori, che poi sono gli stessi che hanno bandito l’appalto con l’inserimento della clausola capestro della mega-penale.

mercoledì

Mafia? Ghe pensi mi!

I segnali che arrivano sono inquietanti: E’ prioritario affrontare la costruzione del ponte sullo stretto.

Berlusconi
annuncia di essere pronto a posare la prima pietra.
Lombardo, appena letti i dati delle proiezioni che lo vedevano eletto con il 65% dei voti, annuncia a tutte le reti televisive: adesso si fa il ponte!


L’ex prefetto De Sena (PD) considera la mega-infrastruttura come auspicabile per il mezzogiorno ed aggiunge che non risulterebbe che Veltroni si sia mai pronunciato contro il ponte.

Ma quello che più di tutto sconcerta è che il nuovo governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, durante la trasmissione “primo piano”, nel tentativo di tranquillizzare l’opinione pubblica sulle eventuali infiltrazioni mafiose nel più grosso appalto mai bandito in Italia, dichiara che quando si vuole la mafia non la si fa entrare negli appalti.

Le possibili infiltrazioni mafiose secondo l’esponente del MPA sono solo un alibi usato da coloro che osteggiano l’opera (tra l’altro questo rappresenta solo uno dei tanti motivi per cui l’opera è combattuta).


Secondo Lombardo, le misure per evitare che la mafia entri nell’affair ponte, ci sono!
A quanto sostiene, gli dovrebbero apparire a tutti, anche di facile adozione.


Il governatore della Sicilia ha insomma una facile ricetta per bloccare economicamente la mafia.
Lo saprebbe fare con certezza assoluta, nella gestione dell’appalto miliardario del ponte.

Lui che ha rivestito cariche politiche fin dagli anni 80 aveva la sua ricetta ed è stato per tutti questi anni ignorato.

Lui, delfino di Calogero Mannino e fedele compagno di Totò Cuffaro (entrambi con procedimenti per mafia) è un siciliano di quelli che come recita il suo sito “l’acqua lo bagna e il vento l’asciuga (…) per il suo indiscutibile senso pratico che gli consente di affrontare le difficoltà con equilibrio, nella consapevolezza che potranno essere superate”.


Lui che osservava attonito lo sviluppo economico della mafia, non capiva come questo poteva accadere. Non riusciva a crederci.

Eppure la mafia ha un giro d’affari da 200 milioni di euro al giorno.

In un rapporto del 2006 la Confesercenti stima il fatturato della mafia in 75 miliardi di euro, sottolineando con preoccupazione "la capacità delle cosche di intervenire con proprie imprese nelle relazioni economiche, stabilendo collegamenti collusivi con la politica e la burocrazia soprattutto per il controllo del sistema degli appalti e dei servizi pubblici”

Lui invano tentava di divulgare i suoi metodi anti-mafia, ma a quanto pare nessuno lo ascoltava. Chissà quante volte, avrà cercato di svelare i suoi antidoti contro il male che divagava, ai suoi referenti Cuffaro e Mannino.
Niente. Continuavano ad ignorarlo.
E’ stato assessore regionale, presidente della provincia di Catania, ma niente…

Ora però si cambia!

Lombardo forte dei due milioni di voti raccolti e certo della validità della sua strategia per colpire economicamente la Cupola, bloccherà questo business.

Basta con appalti pilotati, basta con infiltrazioni mafiose nei consigli comunali, basta soldi da riciclare, in buona sostanza nel giro di pochi mesi la mafia verrà messa in ginocchio dal sistema-Lombardo.

Tremate picciotti, la festa è finita.

lunedì

Chi sbaglia paga!

Adesso partono le prime analisi sul voto.

Come potrebbe essere altrimenti.
Tutti a dire “l’avevo previsto!”

Chi ha vinto è riuscito a convincere gli elettori o almeno la maggioranza di essi.

Chi non c’è riuscito ne ha convinti meno.

Ma a perdere è senz’altro uno schieramento: Sinistra L’Arcobaleno.

Due anni di compromesso con il governo Prodi ha pesato come una infamia.

Il tentare di condurre una politica filo-governativa “per non lasciare il paese in mano alla destra” e non essere poi accusati un’altra volta di danneggiare il paese, non ha pagato.

L’ideale della sinistra sbiadito dalla politica assertiva che ha visto nel presidente della Camera l’assoluto “complice” riparato dietro l’aurea istituzionale.

Mai come questa volta gli elettori di sinistra si sono sentiti abbandonati e non rappresentanti dai vertici.
L’astensionismo, l’inseguimento del voto utile (verso l’IDV) e la rabbia hanno fatto il resto.

Due anni con Bertinotti che vota l’indulto e le missioni militari di pace, plaude le gesta teatrali di Berlusconi, interviene a garanzia degli indagati (Mastella & co.), hanno minato la fiducia di molti elettori.

C’è da prenderne atto.


E se a destra le bugie di Berlusconi non vengono punite dal popolo del PDL a sinistra l’elettorato è assai più critico e non perdona.
Chi sbaglia, ogni tanto paga.

sabato

La luce ed il lutto.

Lo storico Pitrè a proposito della gestualità siciliana riportava una leggenda che narra di un re che, arrivato in Sicilia, incuriosito della vantata capacità degli isolani di dialogare senza parole, mette alla prova due sudditi, che riescono a capirsi l’un l’altro senza emettere suono alcuno.

La gestualità come uno degli aspetti della teatralità dei siciliani, un modo di esprimere la propria capacità creativa.

La stessa capacità che Bufalino trova in una delle sue mille Sicilie: quella variante perversa della liturgia scenica che è la mafia, la quale fra le sue mille maschere possiede anche quella di alleanza simbolica e fraternità rituale.

I siciliani lo sanno bene la potenza che evocano i gesti come i messaggi.
Dire qualcosa per significare altro…

Segnali entrati da centinaia di anni nei comportamenti di chi, subendo continue invasioni, doveva riuscire a poter parlare liberamente.
Un codice cifrato, una complessa struttura comunicativa che si impara da bambini. Parole, suoni, gesti ed espressioni che fanno parte della lingua siciliana.

Segnali che decifriamo con velocità e astuzia.

Come quello arrivato da Dell’Utri e Berlusconi a qualche giorno prima del voto.

La mafia aspettava un segnale.


La mafia senza politica non esiste.
Cosa Nostra doveva puntare su qualcuno alle elezioni, qualcuno che non avrebbe tradito il patto.
Lo ha sempre fatto.

Ecco che quindi l’annuncio pubblico arriva.
Difendere un mafioso, una capofamiglia, attestandogli l’onore di essere un eroe.
Vittorio Mangano per i fondatori del PDL è stato questo affermano.

Difendere un mafioso vuol dire difendere la mafia ed offendere le vittime della mafia, i loro familiari, le istituzioni ed i siciliani tutti che vivono la mafia come un'offesa ed una cicatrice nella propria dignità.

Andare contro tutti e tutto (anche contro Fini) pur di recapitare la missiva che arriva alle orecchie giuste. Sostenere l’assoluta innocenza addirittura di un uomo condannato per omicidio.

Forse un segnale riparatore per i potentati siciliani. Forse.

Magari potrebbe passare come una delle dichiarazioni folkloristiche della campagna elettorale di Berlusconi.
Tra la candidatura di Ciarrapico, gli sberleffi a Totti , le avance alla Santanchè, il ponte sullo stretto e le bugie sull’evasione fiscale far passare un messaggio chiaro alle famiglie in attesa di schierarsi è il modo migliore.

I siciliani hanno capito.
Gli uomini e le donne che vivono nell’isola plurale tra la luce ed il lutto hanno afferrato il messaggio.
Tutti i siciliani, adesso conoscono le parti dell’accordo.

Bugie e Maalox.

Puntata speciale di matrix con i due candidati premier.
Il primo a parlare è Veltroni.


Aumento il volume. Mentana ed il leader del PD sorridono, chiacchierano in modo amichevole.

Tutto già sentito in questi mesi. Nessuna domanda che non fosse concordata.
Il tono monotono ed il buonismo insieme al bicchiere di birra fredda che sorseggio mi portano verso il baratro del sonno in questo venerdì di scirocco.
Apro la finestra per far entrare un po’ d’aria fresca e sgranchisco le gambe.
Il tempo mi sembra fermarsi al suono di quella “omelia” elettorale.

Osservo il vetro appannato del bicchiere. Le piccole goccioline che scivolano prima piano e poi velocemente verso il basso, disegnano strane figure nel loro moto imposto.

Arriva Berlusconi.

Il pubblico applaude, più che con Veltroni.
Qualche attimo di convenevoli ed ecco che parte spedito con la sua tecnica da tele-imbonitore.

Deve difendersi dagli attacchi appena accennati del suo predecessore.
In questo è maestro. A dir la verità tutti saremmo maestri a rispondere agli attacchi anche mentendo, con “non è vero!”
“Vittorio Mangano non è mai stato condannato”. Bugia!

Dopo una condanna di dieci anni per droga, negli anni Ottanta, Mangano aveva evitato quella per mafia nel maxiprocesso. Nel '95 viene arrestato di nuovo. Nel '99 gli sono stati inflitti 15 anni per traffico di droga, altri 15 anni nel 2000 per estorsione.

Inizia il bruciore allo stomaco. Mi alzo innervosito e mi dirigo verso lo sportello dei medicinali. Maalox TC.

“Cercheremo di colpire quegli italiani furbi che non pagano le tasse” Bugia!

Berlusconi è uno di quei furbi!
Oltre ad aver sempre dichiarato che evadere le tasse è per un imprenditore “necessario” (a proposito dei fondi esteri prima negati e poi ammessi) ha subito condanne prescritte per falso in bilancio, ha usufruito di amnistia e di depenalizzazione di reati.

Sarà un blocco alla digestione, ma sudo ed ho la fronte fredda. “Non è possibile” mi ripeto. Mentana dirà qualcosa.
Gli Italiani sanno che sta mentendo.

“Venderemo ad esempio le caserme al centro per fare centri direzionali e commerciali” Bugia!
Dove pensa di mettere i militari ed il personale delle caserme? Chi acquisterà questi appetitosi immobili magari qualcuna delle sue aziende immobiliari?

Passeggio nervosamente con espressioni che vanno dall’euforia alla disperazione.
Non ci credo.
Dovrebbe essere un autogol per Berlusconi mentire palesemente agli elettori. Gli elettori lo capiscono e non lo votano…

La fine della campagna elettorale, il comizio libero e senza contradditorio con il suo servitore, hanno dato la possibilità di mentire come solo un venditore di pentole porta a porta sa fare.

Mia figlia mi osserva e non capisce. Ha nove anni ed ha quella ingenuità splendida della sua età.
- Perché ti arrabbi?
- Se dovessi votare per l’elezione del capo classe a scuola sceglieresti chi dice bugie?
-No, certo. Ma chi lo farebbe?

Mi tranquillizzo un po’. Berlusconi e Mentana sorridono.
Spengo la televisione.
La compressa si è sciolta. Vado a letto.

Che un candidato menta può anche capitare, che un candidato menta in modo così sistematico e grave ha già un che di paradossale.
Ma che un candidato imbroglione sia il maggiore candidato a guidare lo stato è terrificante, poiché sintomo di un elettorato coglione.

Chiudo gli occhi e cercherò di sognare che lunedì sarà diverso.


mercoledì

Divagando sulle responsabilità politiche.

La responsabilità politica è un concetto giuridico, politico e filosofico assolutamente sconosciuto in Italia.

E’ per questa ragione che la Commissione parlamentare antimafia nel periodo di tangentopoli sentì l’esigenza di darne una definizione: “la responsabilità politica si caratterizza per un giudizio di incompatibilità tra una persona che riveste funzioni politiche e quelle funzioni, sulla base di determinati fatti, rigorosamente accertati, che non necessariamente costituiscono reato, ma che tuttavia sono ritenuti tali da indurre a quel giudizio di incompatibilità. (…) Ciascun politico ha una responsabilità aggiuntiva rispetto agli altri cittadini, perché egli coinvolge la credibilità delle istituzioni in cui opera”.

Insomma un politico che intrattiene rapporti con un mafioso pur senza concedere favori, non commette reato, ma rappresentando una Istituzione, ne compromette l’integrità morale della stessa.

Sostenere quindi che tutti quei candidati che hanno avuto rapporti con noti esponenti della criminalità organizzata, circostanza rigorosamente accertata, siano incompatibili politicamente con le funzione che si apprestano a ricoprire, è cosa ampiamente motivata.

Partendo da questo assunto, si potrebbe sostenere che chiunque abbia rappresentato le Istituzioni, e durante la sua guida, queste stesse Istituzioni, per personali omissioni di controllo (il controllo è una funzione primaria dei nostri rappresentanti) o comportamenti che presuppongano il dolo, siano state coinvolte in avvenimenti contrari al diritto e quindi al principio di legalità e giustizia, questi stessi ne debbano sopportare la responsabilità politica.

Fare un elenco esaustivo di quante volte le istituzioni italiane ed i loro rappresentanti siano stati coinvolti in eventi che direttamente o indirettamente hanno generato crimini è assai complicato per la vastità della materia. Certo qualche esempio può essere fatto.

2 Agosto 1980 Strage di Bologna, 85 morti 200 feriti. Quasi trent’anni sono trascorsi ma i mandanti non si conoscono, ma soprattutto non si conosce a fondo il motivo per cui alcuni esponenti dello stato abbiano depistato le indagini. Solo dopo 15 anni vengono condannati gli esecutori della strage. Ma ciò che più preoccupa è la condanna, per depistaggio dei massoni Licio Gelli, Francesco Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte, questi ultimi due, ufficiali del servizio segreto militare.

Il SISMI è un organo che dipende dal Ministero della Difesa, eppure alcuni alti ufficiali nonostante indossassero i panni di difensori della patria si prodigarono per depistare le indagini della magistratura che cercava di trovare i colpevoli della ”impresa più criminale che sia avvenuta in Italia” come la definì il presidente Pertini.

Perché avvenne questo?
La magistratura non è riuscita a dare una risposta. Un pezzo di stato contro lo stato ma nessuna Istituzione venne messa in discussione.

Certo ripercorrendo gli anni della strategia della tensione fino ad arrivare al delitto Moro, di episodi in cui pezzi di Stato combattono lo Stato stesso, se ne incontrano tanti.
Ma nessuna Istituzione coinvolta è mai stata ritenuta responsabile politicamente di quanto è accaduto.

Ma cosa accade oggi?

Stragi del ’92 e ’93. Anche su queste operazioni militari della mafia si allunga l’ombra dei servizi segreti.
Un ex funzionario del SISDE viene condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (il ministro dell’interno Mastella ne chiede la grazia).

Ma come se non bastasse c’è la vicenda dell’agenda del dottor Paolo Borsellino, dove erano riportate le annotazioni personali sulle indagini in corso, che doveva stare nella sua borsa, sottratta dall’auto distrutta del magistrato da un ufficiale dei carabinieri.
Proscioglimento. Non c’è stato alcun furto (furto, come il reato commesso da un borseggiatore sull’autobus…).

Il Sismi continua a violare le leggi dello Stato con rapimenti e raccolte di dossier da usare contro magistrati e giornalisti.

Secondo i giudici che negli anni hanno indagato sugli episodi criminali commessi dai “servizi”, non esistono servizi segreti deviati ma solo servizi segreti al servizio del ministero dell’Interno (Casson).


Sul motivo quindi, per cui questo avvenga nessuno si è dato una spiegazione. Sul come questo possa essere possibile nessuno vuole rispondere per non attribuire colpe
“politiche”.

Nessun ministro dell’interno quindi si è mai posto il problema della responsabilità politica.

Diciamo pure che nessun politico ha mai messo in discussione la propria credibilità politica.

Perché dovrebbe poi, se nessuno lo fa è divenuta ormai una consuetudine.

A pochi giorni dalle elezioni Berlusconi dice "Marcello Dell'Utri ha ragione, Mangano è stato un eroe".

Riscrivere delle circostanze rigorosamente accertate che fanno di Berlusconi e Dell’Utri due impresentabili è inutile per chi legge.

Loro come molti altri in tutti gli schieramenti hanno fatto della vergogna un vanto e delle colpe politiche un trofeo.

I De Magistris e Forleo sono solo incidenti di percorso. Si sanzionano, si trasferiscono, gli si fa capire chi comanda.. Insomma colpirne due per educare tutti gli altri. La magistratura (almeno quella rappresentata dal CSM e dalle associazioni magistrati) incassa in silenzio.

La bomba ecologica campana, la mafia che si appresta a schierarsi, il sistema Italia che fa acqua (ed acido muriatico) da tutte le parti, i grandi evasori e le contraddizioni interne agli schieramenti non devono apparire.

Meglio essere ossessionati dal preoccupato leader del PDL dai brogli elettorali ( due arresti per falsificazione di schede a favore di Cammarata Foza Italia, a Palermo) e chiacchierare allegramente della Santanchè che non cede alla richiesta del simpatico playboy di Arcore dicendo
“Tanto non gliela do”.

Si presenta un periodo per questo paese assai scuro. Gli storici lo definiranno forse il peggiore della storia della repubblica.
Dalle mie parti si dice: Cchiù scuru di mezzanotti 'un pò fari (Più buio della mezzanotte non può fare).

giovedì

E' mio! Lo scudo crociato è mio!

Il simbolo della DC è mio!
A rivendicarlo potrebbe essere anche il commissario straordinario del Comune di Messina.
La città che rappresento, ha da sempre come simbolo lo Scudo Crociato, quindi spetta a noi.


Dopo Giuseppe Pizza, che per non far slittare le elezioni si è accaparrato una bella poltrona da Berlusconi, anche Angelo Sandri che si definisce «segretario politico nazionale di Democrazia Cristiana» alleato alle elezioni con Casini, che avrebbe ottento la titolarità a suo dire in un congresso a Trieste nel 2005, potrebbe ottenere il diritto all'uso del simbolo giorno 8 Aprile.

E come se non bastasse c’è pure Gianfranco Rotondi segretario nazionale della Democrazia Cristiana per le Autonomie, (anche lui in corsa con Berlusconi) che vanta a vario titolo la proprietà del simbolo della diccì.

Minacciare un ricorso in questo momento, in cui ogni giorno di ritardo dal voto significa migliaia di voti persi per Berlusconi, è molto utile.

Chi è nelle possibilità di inoltrare un richiesta simile al Consiglio di Stato ha l’assoluta certezza di vincere un posto sicuro nel possibile governo del PDL.

Siete stati iscritti alla Democrazia Cristiana, avete una foto che vi ritrae con l’emblema del partito alle spalle, avete sognato De Gasperi che vi donava il simbolo o siete solo amici di Andreotti, allora è fatta, ricorrete!
Magari non vincerete la battaglia legale ma il vostro futuro sarà assicurato al fianco di Dell’Utri e Pizza.


martedì

Poker tra mafia e politica

Videopoker e mafia.
E’ ormai divenuto un legame strettissimo quello tra la gestione delle slot-machine e la criminalità organizzata.

Decine di indagini in tutta Italia si sono svolte e tutt’ora sono in corso per tentare di fare luce sul racket che controlla il mercato dei giochi elettronici. In Sicilia, Calabria e Bailicata come in Liguria e Piemonte le pesanti porte degli istituti penitenziari si sono aperte per accogliere molti esponenti delle “famiglie” locali con l’accusa di associazione a delinquere legata ai traffici illeciti dei videopoker.

Possono venire imposti ai negozianti, come è successo a Bruno Piazzese di Siracusa, che pagava la “protezione” attraverso le “macchinette” o come spiega il collaboratore di Giustizia Filippo Battaglia, che racconta come a Brancaccio oltre al pizzo, Cosa nostra gestiva i videopoker acquistati con i soldi delle estorsioni e ne distribuiva alle famiglie mafiose il ricavato.

Nel rapporto della Confesercenti si parla del “racket dei videopoker come di una modalità indiretta dell’attività estorsiva classica”.
Maurizio De Lucia
sostituto procuratore antimafia: "quella delle slot è un’attività che porta nelle famiglie di ciascun quartiere parecchi soldi ogni mese. Oltre tutto è un ottimo sistema per riciclare denaro sporco”.

Tutto ciò è possibile tecnicamente anche grazie alla possibilità di truccare le schede elettroniche delle macchinette e non collegandole come la legge impone telematicamente con la rete dei monopoli di stato.

Insomma mafia e videopoker abbiamo detto.

La mafia, questa organizzazione dai contorni assai vaghi, sfumati, indefiniti, che non sempre si capisce dove finisca per cedere il posto al Diritto, e queste macchinette che diventano sempre più spesso illegali, facendo fruttare con semplici accorgimenti milioni di euro. Non collegandole.

Molti soldi per tutti, per la mafia ma anche per l’alta finanza e la politica.
Nel girone più alto non ci sono forse le richieste estorsive convenzionali ma c’è sicuramente la convenienza per tutti.

Altre inchieste, altri indagati. Nomi illustri dell’Italia che conta. Soldi, molti soldi. Cento miliardi di euro.

Giorgio Tino direttore dei Monopoli di Stato e la moglie Anna Maria Barbarico dirigente Aams competente sulle slot.
Dopo la regolamentazione delle “macchinette mangiasoldi” voluta dal governo Berlusconi, era prevista il collegamento telematico di ogni apparecchio ad una rete per il controllo delle giocate al fine di ottenere sia l’impossibilità da parte della criminalità organizzata di potersi impossessare del giro del gioco d’azzardo, sia la certezza del prelievo fiscale del 13% del volume d’affari. La realizzazione di questa rete viene affidata ad alcune imprese private e alle stesse viene richiesto il controllo sull’effettiva funzionalità della stessa, il tutto entro settembre del 2004.

Insomma chi incassava gli euro dalle slot doveva fare la rete di collegamento per esercitare il controllo sulla regolarità delle schede installate e per stabilire il contributo da pagare. Ma cosa più paradossale doveva pure controllare che questa funzionasse. La rete però non parte. L’imposta non può essere calcolata e quindi non può essere prelevata.

Evasione fiscale.

Le aziende incassano senza pagare il giusto tributo.
In prima fila c’è la Atlantis Word. Con un danno erariale contestato di euro 31.390.000.000 . Ai monopoli sanno cosa accade ma nessuno interviene. Nel 2005 la guardia di finanza si accorge che qualcosa non funziona. Proprio dalle intercettazioni su cui sta indagando la procura di Potenza infatti la GdF si accorge di strani rapporti tra Giorgio Tino e Francesco Proietti braccio destro di Gianfranco Fini.

Da L’espresso autore Marco di Lillo
(…)il pm accusa Proietti di aver effettuato una sorta di baratto con Giorgio Tino, il direttore dell’AAMS, l’agenzia dei Monopoli di Stato che ha l’obbligo di vigilare sui giochi d’azzardo (il quale aveva fatto preparare una lettera di revoca per l’Atlantis dandone prontamente comunicazione riservata all’amministratore di Atlantis. N.d.r.). Per bloccare “l’iniziativa pesantissima” di Tino, Laboccetta (l’uomo che incarna il conflitto di interessi di An nel settore dell’azzardo. Laboccetta è un esponente storico di An a Napoli, amico personale di Gianfranco Fini, che da un paio di anni si è dato agli affari. È il rappresentante in Italia di Atlantis World) si rivolge a Francesco Proietti. Proietti ed i suoi amici di An, secondo la ricostruzione del magistrato, evitano la revoca della concessione per Atlantis World società (Atlantis Word società con base alle Antille che diventa provider dei Monopoli nonostante avesse come maggior socio Francesco Corallo, figlio del pregiudicato Gaetano, condannato per associazione a delinquere. Don Gaetano ha scontato la sua pena ed oggi gira tranquillamente per l’Italia ma negli anni Ottanta fu arrestato proprio per la scalata al casinò di Campion.In quella indagine emersero i rapporti di don Tano con il boss della mafia catanese Nitto Santapaola.e) e in cambio sostengono la conferma di Tino al vertice dei Monopoli. (…)si parla di milioni di euro che i Monopoli (e quindi lo Stato. N.d.r.) dovrebbero incassare e che mancano all’appello. Al confronto le macchinette che sono costate l’arresto a Vittorio Emanuele impallidiscono.
(…)a comprova delle salde e autorevoli entrature di cui può giovarsi presso i Monopoli, Proietti fissa un appuntamento tra il Laboccetta e Gabriella Alemanno, vicedirettore generale dei Monopoli di Stato e sorella dell’allora ministro di An.
(…) l’indagine di Potenza mette in luce che è proprio il braccio destro di Fini a muoversi per aiutare la società quando, nella primavera del 2005, Atlantis finisce sotto tiro per il mancato collegamento in rete delle macchinette e per i suoi presunti inadempimenti.


Il legame si allarga, videopoker, mafia e politica.
Allo stato attuale però nulla è cambiato.

Titoli di coda di una storia italiana:

Giorgio Tino e sua moglie restano ai Monopoli nonostante gli sia stato notificato una richiesta di risarcimento di circa 10 miliardi di euro, perché secondo la Corte dei conti, i funzionari avrebbero “abdicato alle funzioni che la Legge e la convenzione gli attribuivano ai fini della verifica del corretto adempimento degli obblighi di controllo”.

Laboccetta rappresentante della Atlantis Word è candidato in Campania alla camera dal PDL.

Le società concessionarie a cui vengono contestate evasioni per 100 miliardi di euro aspettano la soluzione politica del caso, magari da un deputato appena eletto come La boccetta con l’approvazione dei vecchi amici di AN.

La mafia continua a servirsi delle macchinette non collegandole alla rete (tanto non controlla nessuno) continuando ad arricchirsi divenendo sempre più potente.