sabato

Il rito Peloritano. Una specialità Messinese

L'ex procuratore aggiunto Pino Siciliano è stato sottoposto alla misura di custodia cautelare in merito ad un'inchiesta aperta dalla Procura di Reggio Calabria.

L'accusa è di concussione e tentata concussione.
Tante inchieste fondamentali per l'economia messinese sono passate dalle sue mani.
Tanti nomi importanti sono stati annotati in questi procedimenti.

Sullo sfondo di tutto le “7 vicende” di cui s’è occupato il magistrato Siciliano in questi ultimi anni: Lodo Impregilo e MessinAmbiente a Taormina, zone Zps a Messina, Centro commerciale Auchan a Messina, ex Hotel Castellamare a Taormina, e poi la rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta “Oro Grigio”, infine il «concorso per ricercatore del figlio Francesco».

Di queste sette vicende esaminate hanno assunto valenza in questo provvedimento cautelare solo cinque casi, quindi almeno in questa fase il gip esclude dal contesto il caso Auchan e quello del concorso universitario, spiegando che in ogni caso su queste due vicende le indagini proseguono.

Su alcuni di questi fascicoli si presume si sia "speso" il giudice Pino Siciliano.

Le inchieste riguardavano appalti e controversie da cui dipendevano ovviamente affari.
Soldi, tanti soldi.

Il giudice doveva controllare, promuovere indagini e quindi valutarne la legalità, ma finiva per fare da consulente agli indagati.

Dall'ordinanza di custodia cautelare (Interrogatorio di Giuseppe Siciliano da parte del Procuratore di Reggio Calabria Pignatone):


PROCURATORE PIGNATONE: SE LEI PERSEGUISSE I REATI IO LO CAPIREI, LEI INVECE SE NE VA A MONTE A FARE IL CONSULENTE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E’ UN’ALTRA VISIONE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA. (fonti verbali www.enricodigiacomo.it)

Dopo Il Caso Messina, il Verminaio, il rito peloritano e la cloaca, si aggiunge un nuovo termine per indicare la situazione giudiziaria messinese, quello utilizzato dal gip di Reggio Calabria Kate Tassone: “magma giudiziario-amministrativo".

Insomma un ulteriore tassello che compone un quadro sconfortante sulla gestione della giustizia nella città dello stretto.
Per alcuni sarà solo un altro piccolo rigurgito di fango assolutamente fisiologico, per altri l'ennesimo riscontro che qualcosa non funziona come dovrebbe.

Nell'ordinanza vengono riportate alcune frasi del Procuratore Pignatone, che ben rispecchiano il rito che sembra ormai in uso nelle stanze di palazzo Piacentini.

PROCURATORE PIGNATONE: PERCHE’ SOLO A MESSINA SUCCEDE QUESTO LE ASSICURO. CIOE’ NON E’ CHE A PALERMO O A REGGIO SI PRESENTA UN ASSESSORE AL PROCURATORE AGGIUNTO DI REGGIO O A PALERMO A CHIEDERGLI CHE COSA NE PENSA LEI. QUINDI E’ UNA SPECIALITA’ MESSINESE QUESTA (...).

E’ EVIDENTE, ANCHE IN QUESTO CASO, COME TUTTE LE DICHIARAZIONI RESE DA SICILIANO NON ABBIANO FORNITO ALCUNA GIUSTIFICAZIONE AL GRAVE FATTO CRIMINOSO CONTESTATO AL MAGISTRATO, IL QUALE HA FORNITO RISPOSTE PALESEMENTE CONTRADDITTORIE ED ILLOGICHE, FINENDO PER NON TROVARE MIGLIOR SPIEGAZIONE, ALLA CONDOTTA CONCUSSORIA CONTESTATA, CHE QUELLA DI AVER COMPIUTO UNA SORTA DI INTERVENTO DI PREVENZIONE VOLTO AD EVITARE IL COMPIMENTO DI FUTURI ATTI AMMINISTRATIVI ILLEGITTIMI . (fonti verbali www.enricodigiacomo.it)


La specialità messinese sembra dunque quella di percorrere un'altra strada.
Una strada alternativa a quella della semplice legalità.
Aggirare in modi sempre nuovi e diversi l'ostacolo.
Incontrare, parlare, cercare di accomodare...

Una vicenda questa che avrebbe dovuto scuotere le fondamenta del palazzo di giustizia ma che a stento è stata ripresa dagli organi di informazione.
Troppi potentati coinvolti.
Il silenzio avvolgera fino all'oblio anche questa "vergogna".

venerdì

Contestatore denunciato, aggressore No









Era a Genova in campagna elettorale il ministro La Russa. A passeggio per i carrugi genovesi quando un uomo, un anarchico spagnolo, gli si è avvicinato e gli ha sputato addosso. (l’Unità 28/05/09)

Il contestatore immobilizzato dalla scorta del ministro verrà poi denunciato.

La reazione inconsulta di Giorgio Bornacin, senatore di An, è stata colpire con un pugno il contestatore, che gli uomini della scorta hanno immobilizzato spingendolo contro una vetrina. (l'Unità 28/05/09)

Le immagini del pugno sferrato dal senatore dimostrano una violenza gratuita nei confronti di un uomo immobilizzato da numerosi agenti. Al senatore nessuna accusa.

Uguale per tutti escluso uno.




La differenza tra vero e verosimile...

sabato

Anniversario strage di Capaci. Uno sfogo.

Un uomo che ha la piena consapevolezza di essere ucciso per il suo lavoro, per il suo alto senso del dovere e della giustizia, ha forse la speranza che questo alto sacrificio possa servire a qualcosa.

Morire per gli altri.
Forse solo questa può essere la ragione che placa in parte la paura.

La violenza dell’essere ucciso per aver compiuto il proprio dovere si contrappone alla consapevolezza che qualcosa dopo possa cambiare.

Oggi 23 maggio 2009 il sacrificio del giudice Giovanni Falcone, della moglie e della sua scorta , unito a quello dei martiri che lo hanno preceduto ed a quelli che sono stati uccisi dopo, perché giusti, sembra essere risultato vano.

Poco, pochissimo è cambiato.

La “coscienza civile” spenta dai forti venti di normalizzazione.
La politica sempre più attenta a relegare il fenomeno mafioso come arma dell’antimafia e dei politici “comunisti”.
Cosa nostra è sempre più inserita nel tessuto economico e politico del nostro paese.

Gli italiani trasformati in apatici tele-spettatori ai quali servire le notizie con moderazione gestendo la loro ormai scarsa attenzione e le loro paure.
La classe dirigente di questo paese fatta di uomini potentissimi e sempre più implicati con il malaffare.
A parlare di mafia è rimasta poca gente. I soliti.

Gli altri occupati a fare altro. A superare la crisi.

Il presidente del consiglio, il cui nome risulta agli atti delle procure che si sono occupati delle stragi che hanno generato questi martiri laici è sempre più impegnato a deviare il sistema giudiziario altrove.

Gli Italiani lo esaltano.
Infondo la maggioranza dei cittadini lo accetta perché i suoi comportamenti sono uguali a quelli di molti italiani che vivono nella cloaca di questo paese fatta di bustarelle, raccomandazioni, piccole e grandi evasioni, clientelismi e sistemi mafiosi.

Gli italiani sono ormai “berlusconoidi”.
Né santi né navigatori.
Tutti furbi, sperti e malandrini.

Oggi a 17 anni dalla strage di Capaci vorrei chiedere scusa a chi ha creduto infondo che la propria morte potesse servire a qualcosa per cambiare perché nulla sembra essere accaduto.

Oggi a 17 anni dalla strage di Capaci vorrei mandare a fare in culo la maggioranza degli italiani per aver reso vano un così alto sacrificio.

I Cento Passi.


A Peppino Impastato.

Ripropongo un vecchio post dal titolo i “Cento Passi” come doveroso omaggio alla figura di Peppino Impastato al quale aggiungo la frase “simbolo” del blog di Giuseppe Gatì: questa è la mia terra ed io la difendo.




Cento passi.

Questa è grosso modo la distanza che separa i due palazzi.

Una grande piazza, una strada in mezzo e due imponenti facciate che si osservano.

Palazzo Piacentini sede della Giustizia e l’austero palazzo dove ha sede l’Università.


La legge e gli affari.

Divisi da 100 passi.


I due edifici tremano spesso scossi dalla medesima spinta.

Dalle finestre si affacciavano e si guardavano parenti, cognati, amici, soci e compari.


Da una parte l’università con i suoi giri di milioni e la gestione dell’azienda più importante della città, il policlinico.

Dall’altra il Tribunale all’interno del quale ogni tanto la Legge è stata addomesticata.


Inchieste negli anni sono state avviate dalle stanze del palazzo di giustizia per accertare i reati commessi nelle stanze dirimpetto.

Qualche magistrato che non conosceva forse il legame tra le fondamenta delle due sedi del potere.


Messina crocevia degli affari della mafia siciliana e della ‘ndrangheta calabrese.

Il potere e la sua breve distanza.


Cento passi.


Al Policlinico universitario convergevano gli interessi di cosa nostra palermitana, di quella catanese e delle ‘ndrine della locride e di Africo.


La mafia, gli affari e la massoneria.

Rettori, primari e procuratori.

La Messina “babba” si gestisce così.


Esami, appalti e certificazioni di comodo.

Inchieste e archiviazioni.


I cento passi si percorrono velocemente.


Magari ci si incontra a metà strada nel parcheggio ed insieme ci si incammina verso la Gran Loggia Regolare o altri ritrovi esclusivi.


La mafia gli affari e la massoneria.


Neanche l’omicidio del prof. Bottari e l’arrivo della commissione nazionale antimafia ha scosso i rapporti di buon vicinato.

Il superprocuratore antimafia Vigna concludendo disse che l’omicidio del medico, è si un delitto di mafia ma anche di soldi tanti soldi.


Il Caso Messina ed il verminaio.

Le condanne piovute da Catania su alcuni magistrati messinesi non hanno fatto molto rumore.


Accuse gravi, accuse di mafia.

I palazzi restano immuni da ogni scossa.

Le crepe si riparano.

Le fondamenta si mantengono ferme l’una con l’altra.


Poco importa ciò che succede negli altri due palazzi, quelli della politica.

Comune e Provincia anche loro distano cento passi.

Una misura ricorrente.


Ciò che accade nelle poltrone delle due amministrazioni passa prima dai centri dell’alta istruzione e della giustizia.

Tutto vicino.


Sembra tutto già deciso.

Sembra tutto inarrestabile.


Cento passi da percorrere sotto il sole con il vento di scirocco che asciuga la bocca.


La distanza tra i due colossi, le due mitiche creature pronte ad aggredire l’ignaro passante come Scilla e Cariddi.

martedì

La farfalla di Herat

Dalla finestra entrava una luce grigia. 

Pioveva ma non faceva freddo. 

Si era svegliata allegra quella mattina. 

La madre aveva finito di cucire l’orlo del vestito che avrebbe indossato. 

Era bianco e rosa. Era bellissimo. 

Alla festa lo avrebbe mostrato alle sue cugine.

Aveva rifatto il letto e posato sulla coperta la sua bambola.

Ormai era grande. Aveva tredici anni. 

La teneva sempre sul letto per ricordarsi dei tempi da bambina. 

Si sentiva una principessa. 

Girava su se stessa per gonfiare la gonna. 

Voleva essere bella come una farfalla, come quelle che disegnava spesso sui suoi quaderni.

Dall’altra stanza sentiva la voce del padre e della madre intenti nel prepararsi ad uscire. 

Sarebbe passato lo zio a prenderli con la sua auto.

Da lontano arrivavano gli echi di una città in guerra. Una guerra che non capiva. Una guerra che faceva tanto rumore. Rumori sordi e tristi.

Motivi per festeggiare ne restavano sempre meno in quella parte del mondo. 

Oggi però c’erano le nozze di un parente. 

Oggi sarebbero stati sorrisi e balli, chiacchiere e canti. 

Oggi avrebbe sorriso alla vita. 

Erano tutti pronti per uscire. 

La madre le sistema il fiocco nei capelli. Si sorridono. 

Lo zio era arrivato. 

Velocemente entrano in macchina per evitare la pioggia insistente. 

Le scarpette si inzuppano un po’ di fango.

Un brivido corre lungo la schiena della ragazzina. 

Sarà l’umido nelle spalle o il calore interno dell’auto. 

E’ felice. 

Con la mano toglie un po’ di fango dalla punta delle scarpe. 

E’ impaziente. 

Guarda con attenzione la strada per capire quanto tempo manca all’arrivo.

Gli altri occupanti dell’auto parlano tra loro.

 I rumori della pioggia e le voci si confondono. 

La bambina avverte il sottofondo ma gli sembra il suono di una orchestra. 

Archi e fiati che accompagnano gli ingressi delle principesse.

Guarda ancora avanti ma la pioggia è sempre più fitta e rende tutto confuso. 

Il rumore si fa più forte.

 Forte sempre più forte fino a sentire un boato.

 Una farfalla con sogni di bambina è volata via da quella strada fangosa di Herat. 

E’ volata verso la festa a cui era diretta. 

Voleva ridere con le altre bambine. 

Voleva mostrare il suo vestito e fare la ruota girando forte. 

Voleva vivere.

 Notizia:

 HERAT - Una bambina afgana di 13 anni è morta uccisa dai colpi di mitragliatore sparati da un blindato italiano di pattuglia nella zona occidentale dell'Afghanistan. Secondo l'Esercito, la macchina non si è fermata all'alt dei militari; secondo lo zio della bambina uccisa, al volante dell'auto, stamane pioveva molto in quella zona e se non si è fermato è perchè ha "visto le luci quando era troppo tardi".


lunedì

News sul Ponte e relativa traduzione.


NOTIZIA:

“Il Ponte sullo Stretto non è una chimera ma un modo per rendere più accessibile non solo la Sicilia ma tutto il Sud d’Italia che oggi è tropo lontano dal Sud d’Europa”.


Lo ha sostenuto il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, a margine di un convegno a Palermo.


Secondo Scajola il Ponte “significa grandi investimenti, una economia che si sviluppa e trascina diversi settori e molto indotto”.


Per Scajola, inoltre, il Ponte sullo Stretto di Messina è “una risposta forte alla criminalità perchè laddove si riesce ad avere scambi più celeri - sostiene - la criminalità indietreggia”.


TRADUZIONE:

Quando vogliamo fare una cosa ne spariamo di grosse.
Questa sulla criminalità organizzata è fenomenale!

Dire alla gente che la Mafia è lenta e non riesce a vedere ciò che si muove velocemente può funzionare. Del resto non sappiamo più cosa inventarci.
Minchia, comunque questa è veramente troppo forte, per niente sono ministro.

sabato

Ampi stralci del secondo memoriale Canali: La vicenda Alfano

Mafia, politica, massoneria e servizi segreti.
Riportiamo altri stralci del "secondo" memoriale di Olindo Canali.
Una mail ricca di nomi e circostanze.
Una mail inviata all'avvocato Fabio Repici nel 2005.
Un memoriale che basterebbe a far avviare una indagine su molti dei nomi contenuti da parte della magistratura.
Una rilettura degli anni trascorsi da Canali a Barcellona P.G.
Una testimonianza comunque del lavoro svolto da Beppe Alfano.

Nessuno può con assoluta certezza affermare che quanto riportato nelle pagine scritte dal Pm sia la vera verità. Nessun può forse capire quale sia la "funzione" di questi 28 fogli.
E' per questo che si riterrebbe indispensabile un accertamento da parte delle autorità.
Riportiamo di seguito alcuni stralci non apparsi sulla stampa.

"...quelle con cui parlavo quasi quotidianamente: Il Mar. BONO, il Cap. ALIBERTI e Beppe ALFANO. Ernesto RECUPERO mi aveva fatto assaggiare un poco di società barcellonese, ma era troppa la mia diffidenza per poter chiedere. Cercavo di ascoltare e di memorizzare nomi, fatti, situazioni. Certo, il nome del Senatore (SANTALCO n.d.a.) era quello che, costantemente, tornava in ogni discorso. Sembrava (ma era poi vero, in fondo) che Barcellona fosse ‘Cosa Sua’."

"Intendo dire che ALFANO mi parlava incessantemente dell’occupazione sistematica dell’Amministrazione Comunale Barcellonese per mano di SANTALCO di cui egli riferiva di sicure entrature nella Mafia vera e propria. ALFANO non era precisissimo su queste ‘entrature’ che SANTALCO poteva avere con la Mafia, ma era sicuro che CHIOFALO fosse stato eliminato, almeno dal campo, grazie alle influenze politiche che SANTALCO aveva all’epoca."

"...la massoneria. Il tema era molto scottante in quel periodo. Per quanto, se non ricordo male, si fosse ad anni dalle indagini sulla P2, e sulle ‘logge segrete’, ALFANO, era convinto dell’esistenza di una loggia coperta in Barcellona P.G. Sapeva (e fu lui a mettermi a conoscenza) dell’esistenza di due logge palesi di cui mi fece il nome (Fratelli Bandiera e Abramo Lincoln) in Barcellona, ma mi manifestava tutta la sua sicurezza sull’esistenza di un’altra loggia che comprendeva anche Barcellona P.G. Un giorno mi parlò della ‘Corda Fratres’. "

"ALFANO mi disse che il Presidente della Corda Fratres era il mio collega CASSATA."


"A me, all’epoca, mancava il quadro generale dei rapporti tra la Mafia Barcellonese e il resto di Cosa Nostra. A proposito di GULLOTTI, ALFANO non ne aveva grande stima come capo mafia. Ricordo che lo definì un ‘cretino pericolosissimo’ ma, pur insistendo sulla maggiore pericolosità dei F.lli OFRIA, conveniva che al vertice della cosca Barcellonese ci fosse proprio il GULLOTTI. "

"Ritengo ancora che ALFANO avesse qualche riferimento dei Servizi anche nell’area messinese."

"Secondo ALFANO Portorosa era stato realizzato riciclando soldi di provenienza delittuosa. E direttamente dalla Mafia Palermitana. Si diceva convinto di su traffici poco puliti all’interno del Villaggio e mi aprlò apertamente della possibilità che vi fossero o sbarchi di armi o di droga. Di sicuro, secondo ALFANO, Portorosa, soprattutto nei mesi invernali era frequentato da Catanesi e Palermitani e secondo lui era rifugio ideale per latitanti"

"Massoneria, AIAS, Santalco e soci. I discorsi di ALFANO giravano sempre lì e ribadiva i suoi avvertimenti a non fidarmi di nessuno..."

"Verso i primi giorni di dicembre (...)ALFANO mi venne a trovare in Ufficio. Come sempre guardingo. Più che mai guardingo. Chiuse la porta e mi disse di avere avuto notizia che SANTAPAOLA fosse a Barcellona o nei pressi di Barcellona. Mi disse che mi avrebbe fatto avere notizie più precise."

"Tra la prima notizia sulla presenza di SANTAPAOLA e la seconda passarono, credo quattro o cinque giorni. Non ricordo se rividi ALFANO prima della morte di Giuseppe IANNELLO, il 17 dicembre. Di certo quell’omicidio preoccupò moltissimo ALFANO. Ma non tanto (o così non mi parve) per sé, quanto per la situazione della MAFIA barcellonese. Mi disse, forse il giorno dopo o due giorni dopo, che GULLOTTI da quel momento era il capo unico a Barcellona. E che forse aveva scalzato anche gli OFRIA"

La sera e la notte dell’omicidio

"andai quasi subito a casa. Era piena di gente. Tantissima gente o, almeno, a me parve tantissima. Ho già detto in varie occasioni che ho il ricordo di aver visto uomini del Centro di Messina del SISDE. (...)Sicuramente gli uomini del reparto Operativo del gruppo Provinciale. Forse anche qualcuno del ROS era già arrivato, ma non ne ho ricordo preciso."

"La mattina, in ufficio, cominciarono le attività. Si fece il punto. Ricordo sicuramente la presenza di ALIBERTI che praticamente lavorò con me quasi a tempo pieno all’indagine ALFANO, ma già vi erano gli uomini dello SCO e del ROS. Credo che gli uomini dello SCO di Catania li incontrai al Commissariato di P.S. di Barcellona P.G. Di certo c’era uno spiegamento di forze incredibile. Tutti erano lì e tutti arrivavano e tutti sarebbero arrivati. Anche i Servizi."


"L’indagine sull’Omicidio ALFANO partiva da una Procura non D.D.A., e per quanto io avessi ovviamente avvisato la D.D.A. dell’omicidio il fascicolo rimaneva, almeno per il momento, ed in virtù di accordi con la stessa D.D.A a Barcellona. I R.O.S. in teoria potevano anche disinteressarsi dell’omicidio. Se un ‘rinforzo’ alle indagini poteva esserci, poteva al massimo arrivare dal Reparto Operativo. Ora leggo così. Ma in quei giorni al presenza del R.O.S. (ma c’era anche la consorella S.C.O. della Polizia) mi sembrò il segno dell’attenzione delle Istituzioni per l’omicidio ed il segno che vi era una forte volontà di indagare. In realtà le cose andarono diversamente. I R.O.S. misero a disposizione le apparecchiature più sofisticate e di quella parte di indagine si occuparono solo loro."

"ALFANO aveva ragione, come su tutte le cose che mi aveva detto. SANTAPAOLA sembrava davvero fosse in zona. I ROS non furono mai espliciti nel dirmelo, ovviamente. Ma la mia sensazione ‘dall’esterno’ ( se esterno può essere un P.M. rispetto alle indagini che dovrebbe coordinare!) era che i ROS mettevano tasselli sempre più precisi o sulle persone che tenevano o avevano tenuto SANTAPAOLA ovvero mettevano tasselli sempre più precisi proprio su SANTAPAOLA stesso."

"Agli inizi di Aprile si verificò un notissimo e stranissimo (ancora ad anni di distanza) episodio. L’irruzione dei ROS nella Villa di Mario IMBESI e l’inseguimento con tanto di sparatoria alla macchina del figlio (di cui no ricordo il nome). Ricordo che fui avvisato del fatto nelle prime ore del pomeriggio e mi recai subito presso la Stazione di Terme Vigliatore. Sotto la barba un irriconoscibile Capitano ‘Ultimo’ Di Caprio, che avevo conosciuto a Monza e che avevo incontrato anche a Milano all’epoca dell’uditorato, mi disse che il ROS aveva individuato nella villa di IMBESI il luogo dove si nascondeva Pietro AGLIERI. "


"All’uscita di un’auto fuoristrada che non si era fermata all’alt, i militari del ROS si erano messi al suo inseguimento finendo la corsa sui binari della Ferrovia, quando l’auto del figlio di IMBESI si era rovesciata nel tentativo di sfuggire all’inseguimento. Cercai ovviamente di farmi dare più dettagli soprattutto in relazione alle modalità con cui avevano intimato l’alt; sulle possibilità di scambiare un ragazzo per AGLIERI – che mi risultava all’epoca avere una quarantina di anni – e sulla necessità di sparare numerosi colpi di pistola. Ovviamente Di Caprio contava molto sul fatto che ci conoscessimo personalmente ed in effetti io, per quanto le modalità mi sembravano poco ortodosse seppure in linea con il modo di agire dei ROS, no dubitai, sul momento, della bontà del racconto. Ma volevo saperne di più e chiesi al Capitano Di Caprio di mettermi in contatto con il colonnello MORI al più presto anche per capire meglio la vicenda. Non solo MORI non si fece mai sentire da me, ma ricordo che o Scibilia o qualcuno dei ROS mi fece chiaramente intendere che MORI aveva mandato a dire che non aveva la minima intenzione di parlare con me. Rubricai il fasciolo ‘A/R all’esplosione di colpi di arma da fuoco nei confronti di IMBESI (non ricordo il nome del figlio di Mario IMBESI). Solo dopo molti mesi chiesi l’archiviazione suscitando le ire di Mario IMBESI e, incredibilmente, le ire del ROS che, seppi molto dopo, non aveva affatto gradito che io, sia pure formalmente avessi aperto una indagine sull’accaduto, e avesse cercato di chiedere conto e ragione al col. MORI. Da allora i miei rapporti con il ROS si interruppero bruscamente. In realtà non mi ci volle molto a capire che il bersaglio dell’operazione era SANTAPAOLA. Pensavo alle intercettazioni contenute nel fasciolo ALFANO, ed allo sforzo che il ROS di Messina aveva messo, quasi dimenticandosi del vero oggetto della indagine, sulla localizzazione del latitante. Se non ricordo male SANTAPAOLA venne arrestato verso la metà di Maggio. Ed anche qui una circostanza quantomeno strana di cui nessuno mi ha mai voluto dare contezza se non per mezze frasi. Ricordo con assoluta precisione che nelle immagini che riprendevano l’uscita di SANTAPAOLA dalla Questura di Catania e trasmesse da tutti i telegiornali, vi era il personale del Commissariato di P.S. di Milazzo."


Continua...