
Si parlerà come annunciato delle trame che hanno impedito di conoscere nel tempo la verità vera su alcuni fatti di cronaca. Tre omicidi.
Tre storie diverse ma che sembrano uguali.
Tre procedimenti e tanti tentativi di depistare le indagini.
Tre resoconti di cronaca giudiziaria, che affondano le radici sulle collusioni ed infiltrazioni della mafia nei palazzi del potere e della giustizia.
Insomma il Caso Messina.
Lucarelli dedica così una puntata di approfondimento su tre vicende accadute nella città dello stretto.
Da queste si parte.
Ma come nel gioco della settimana enigmistica, unendo i puntini che si trovano apparentemente sparpagliati su un foglio bianco si può provare a ricostruire un disegno.
Il disegno di una città crocevia di interessi forti.
Poteri forti.
Università, magistratura e politica.
Appalti e soldi. La mafia ed i suoi interessi.
Interessi da difendere a tutti i costi.
Soprattutto una città abituata al silenzio.
Tranne rari casi isolati, nessuno si chiede come sia stato possibile subire gli insabbiamenti in questi procedimenti giudiziari.
L’omicidio Bottari doveva essere etichettato come omicidio passionale.
Anche quello di Beppe Alfano doveva riportare la stessa etichetta.
Certo quello della Campagna era più complicato da “gestire”, eppure per vent’anni ci sono riusciti.
Tre nomi riportati su tre lapidi.
Tre crepe che si aprono sulla superficie liscia e vellutata che ricopre le facciate dei palazzi.
Tribunali, Università e Comuni.
La nuvola di polvere da sparo si è appena diradata e subito si inizia a lavorare per depistare.
Tremano le vene ai polsi ma si cerca di nascondere tutto.
Ci si inventa furti intimidatori, si rispolverano lettere compromettenti o semplicemente ci si dimentica di fare il proprio dovere.
Tanto tutto passa.
Messina non riesce a scrollarsi le ragnatele che la coprono.
Non riesce ad urlare di rabbia.
Si ricomincia come all’alba del terremoto.
Come se questi omicidi e il verminaio fossero caduti dal cielo, ineluttabili segni della natura a cui nulla si può opporre.
Verrà lunedì 6 ottobre e dalle pagine dei quotidiani si dirà che la città dello stretto non è così.
Siamo una realtà del mezzogiorno, abbiamo grande vocazione turistica e uno splendido potenziale con il water-front.
Siamo un pezzo di Sicilia in verità.
Un pezzo di questo paese governato con l’impunità e la rassegnazione.
Siamo solo più silenziosi.
Siamo forse più rassegnati.