giovedì

Una Colonna che non regge.


L’avvocato Ugo Colonna scrive una lettera a Beppe Grillo con richiesta di pubblicazione.
Ugo Colonna è un penalista con grande esperienza che da decenni si confronta a vario titolo con la mafia e le sue vicende giudiziarie.
Difensore di collaboratori di giustizia in molti processi ed attento osservatore del loro svolgimento.
Attento e solerte.

Sono sue le denunce che hanno portato alla condanna in primo grado dei magistrati messinesi
Lembo e Mondello creando il “caso Messina”.
Nell’antimafia secondo l’avvocato c’era chi parteggiava per la mafia. Si “orchestravano” i collaboratori, si accusava e si calunniava.
Colonna denuncia tutti e tutto.

Colonna nel 2004 viene arrestato dalla Procura di Catanzaro (De Magistris?!?).
L’ accusa era di avere usato violenza al corpo giudiziario, reato per cui dal 1945 non era mai stato condannato nessuno.
Scarcerato dopo nove giorni.
Si mobilitò l’intero arco istituzionale da Centaro di Forza Italia a Vendola di Rifondazione: lo stesso Carlo Azeglio Ciampi, che già nel 2000 lo aveva definito “l’Ambrosoli del Sud”, si espresse a suo favore.

Alla fine, la Cassazione gli ha dato ragione e i Pm di Catanzaro hanno chiesto finalmente l’archiviazione.

Totalmente estraneo, quindi, Colonna a simili incredibili accuse: questo atto di vile aggressione è stato ricordato anche dalla Pubblica Accusa nel processo di Catania.

Questo è il profilo di chi scrive a Beppe Grillo.

Questo è il presupposto per comprendere l’attendibilità di chi scrive quella lettera.
Una lettera dura che contiene accuse a Sonia Alfano e Luigi De Magistris.

Sullo sfondo aleggia ancora l’omicidio di Beppe Alfano e la vicenda giudiziaria che ne è scaturita, non ultime le accuse mosse all’ex PM Olindo Canali.

Chi scrive ha sposato molte delle battaglie promosse da Beppe Grillo.
Chi scrive ha grande rispetto per l’associazione che rappresenta Sonia Alfano.
Chi scrive crede che De Magistris abbia subito delle gravi ingiustizie.
Chi scrive crede che Travaglio abbia perfettamente ragione a parlare di “Scomparsa dei Fatti”.

Chi scrive però crede nella democrazia, nel pubblico confronto e nel pluralismo dell’informazione.
Chi scrive crede che il nostro sia
un paese senza verità.
Chi scrive crede che su molte vicende giudiziarie del nostro paese intervengano troppo spesso “deviazioni” messe in atto da organi istituzionali.

Ed è proprio per questo che non posso esimermi dal pubblicare la lettera che l’avvocato Ugo Colonna ha inviato a Beppe Grillo.
Non posso non incazzarmi per la mancata pubblicazione della stessa lettera da parte di Beppe Grillo.
Attraverso le informazioni ci formiamo le nostre convinzioni.
Non si possono bloccare le informazioni che possono minare le nostre certezze.
Se quello che vogliamo è la verità non possiamo ignorarle.
Nessun pregiudizio può fermare il giusto corso della giustizia.

Di seguito riporto quindi il testo della lettera inviata e pubblicata da enricodigiacomo.it

Egregio signor Grillo,
mi chiamo Ugo Colonna, sono nato a Messina 49 anni fa e sono un avvocato. Ho sempre pensato e penso che la mafia esista e che sia un problema gravissimo per l’Italia intera e non solo per la Sicilia. Essendo di ciò così intimamente persuaso, negli anni ‘90 ho denunziato mafiosi e collusioni tra quest’ultimi e personaggi della società civile. Spesso le mie denunce hanno portato a condanne, con accertamento giudiziario dei fatti da me esposti. Credo che per colpire i mafiosi ed i loro illeciti interessi non basta diffondere meri proclami verbali, tipici del lessico di molti uomini politici; ritengo invece sia necessario, laddove se ne abbia diretta conoscenza ovviamente, indicare precisi fatti, facendo nomi e cognomi. Se le denunce sono generiche, di facciata o, peggio ancora, se si accusano soggetti che si sanno innocenti certamente non si combatte il fenomeno mafioso. Al contrario, lo si perpetua, pur sostenendo di volerlo combattere. Da sempre ho naturale rispetto per le vittime della mafia e per coloro che contribuiscono con le loro testimonianze a smascherare i mafiosi ed ho piena ammirazione per Magistrati e Forze dell’Ordine che hanno tramutato ciò che è notorio, ai più, in prova a carico di coloro che si sono macchiati di fatti di mafia siano essi omicidi o reati apparentemente meno gravi, determinando la loro responsabilità penale. Ho letto la Sua intervista su il Corriere della Sera del 16.7 u.s., le critiche che Lei esplicita all’ attuale classe politica ed il riferimento all’on. le Sonia Alfano, eletta quale indipendente nel movimento politico dell’on. le Antonio Di Pietro, come esempio di “frutto pulito” di quel movimento realmente democratico, sorto cioè dal basso, del popolo di internet che, finalmente correttamente informato, ha affidato il suo consenso elettorale. Come è noto, l’ultima competizione elettorale ha premiato l’on. le Sonia Alfano e l’on. le Luigi de Magistris proposti dal suo blog quali soggetti di rottura rispetto ai politici del passato e ciò in quanto personaggi di sicura onestà, correttezza, competenza. In particolare, stando ai rispettivi manifesti propagandistici elettorali:
a. l’ On. le Sonia ALFANO si è distinta per avere denunciato da anni le collusioni di apparati del potere ufficiale, compresi importanti magistrati, con il gruppo mafioso dominante a Barcellona Pozzo di Gotto, collusioni spintesi fino al depistaggio delle indagini sull’omicidio del padre, consumato l’8.1.1993, al fine di favorire i veri mandanti – istituzionali - e la causale effettiva del grave fatto di sangue.
b. L’ On. le Luigi de MAGISTRIS si è distinto per ficcanti inchieste sul malaffare economico / mafioso calabrese che - messo in crisi a causa di quegli incisivi interventi investigativi – è riuscito dapprima ad espropriare l’ex Pm dei procedimenti assegnatigli e, in seguito, a neutralizzarne l’azione, ottenendone il trasferimento e la rimozione dalle funzioni di Pubblica accusa. Egli è stato proposto quale soggetto che si dichiara contrario a quegli sciagurati disegni di legge legislativi in corso di approvazione che tendono, da un lato, ad imbavagliare l’informazione, dall’altro, a ridurre l’indipendenza della magistratura. Non ho competenza per esprimere valutazioni sull’agire politico dei due onorevoli e, del resto, sarebbe anche prematuro, né mi permetto di giudicare le - sia pur legittime - aspirazioni e ambizioni di costoro al fine di ottenere posizioni di rilievo, obiettivo che è comune ad ogni uomo, politico e no. Sono a conoscenza, invece - in un caso per le mie origini siciliane e per il mio lavoro, nell’altro caso per esservi “ inciampato” mio malgrado - di elementi di fatto che mi portano ad avere un giudizio molto diverso da quello propinato al popolo di internet, che in assoluta buona fede ha appoggiato i due neo- onorevoli nella loro ascesa a Strasburgo. In altre parole, mi sento di poter affermare – proprio sulla base di tali mie conoscenze - che i due neo eletti non siano del tutto meritevoli della fiducia di quella parte onesta dell’elettorato che li ha votati ritenendoli, assolutamente diversi da quei politici che Lei, signor Grillo, critica e giustamente attacca.
Fuor di metafora ed in termini concisi:
- l’ on. Alfano sostiene pubblicamente l’esistenza di un depistaggio nell’inchiesta sui mandanti e la causale dell’omicidio del padre, giornalista Beppe Alfano che a suo dire avrebbe perso la vita perché avrebbe scoperto, ed inopinatamente confidato ad un PM infedele, la latitanza del boss Nitto Santapaola a Barcellona P.G.. Non conosco i motivi di tale suo agire, tuttavia la sig.ra Sonia Alfano sa bene, per averne in parte avuto conoscenza diretta e in altra parte per conoscenza di atti processuali inequivoci, che la ragione dell’omicidio NON PUO’ essere ricondotta alla latitanza del capomafia catanese. Ciò in quanto è documentalmente provato, come si può dimostrare in ogni sede, anche propriamente giudiziaria, che fino all’omicidio Alfano, Nitto Santapaola non era rifugiato nella zona di Barcellona P.G., bensì in quella di Catania. Bisognerebbe chiedersi, allora, quali sono le ragioni che spingono l’on.le Alfano, utilizzando in modo parziale o decontestualizzando dati processuali, a presentare una realtà diversa da quanto chiaramente emerge processualmente e se vi sia taluno che ne strumentalizzi la figura per propri scopi.
- l’on. de Magistris – lungi dall’immagine accreditata di Magistrato scomodo per il potere corrotto - da Pm catanzarese ha interferito in processi che altra autorità giudiziaria (Catania) da anni stava svolgendo, a carico di soggetti e magistrati poi condannati per mafia, indagando chi nell’altra sede aveva denunziato, con ipotesi accusatorie così inconsistenti e velleitarie che in breve hanno condotto a totale archiviazione, proscioglimenti e assoluzioni. Non ha esitato, sempre nello stesso procedimento, a mettere il bavaglio alla stampa che del processo catanese dava notizia, ottenendo anche – fatto per quanto mi consta unico in Italia – il sequestro di un giornale e richiedendo la custodia in carcere per chi dava pubblicità con interviste o facendo pubblicare i verbali delle pubbliche udienze, anche su quel giornale, del processo presso il Tribunale di Catania a carico di notabili, tutti poi condannati. E’ anche facile documentare che su tali poco edificanti vicende l’ex PM ha ricevuto “speciali impunità”. Con quale coerenza e credibilità oggi, da parlamentare, Luigi de Magistris parla di libertà di informazione e di indipendenza della magistratura? Certo, come lei dice, abbiamo un Ministro dell’Interno condannato per lesioni ad un agente della Polizia di Stato, ma non potrà non convenire che, coerentemente, affidare l’interlocuzione sui temi della libertà di stampa o sull’indipendenza della magistratura al dottor de Magistris è come affidare l’ospedale Bambin Gesù di Roma o il Gaslini di Genova ad Erode! Anche altri soggetti, che operano nel settore della giustizia o gente comune, certamente sono a conoscenza di queste condotte, poco compatibili con l’immagine di “volti nuovi e puliti” che è stata attribuita mediaticamente all’on. Alfano ed all’on. de Magistris. Costoro che sanno, tuttavia, scelgono di stare in silenzio forse perché pensano che sia inutile o peggio rischioso esporsi, criticando chi è supportato da così ampio e incondizionato consenso, unificato sotto il vessillo della lotta alla mafia. Io, all’opposto, ritengo che non sia giusto tacere e sia doveroso denunziare, anche se poco o forse nulla cambierà. Le chiedo di pubblicare la presente lettera e se ritiene posso fornire per la pubblicazione nel suo blog, onde sottoporli al giudizio dei suoi lettori, dati più precisi sulla scorta dei quali comprendere analiticamente le mie precedenti affermazioni, estremamente sintetiche. Sono certo che il suo blog non si sottrarrà dalla diffusione di dati e notizie che riguardano la correttezza e la lealtà dei parlamentari eletti, in modo da accrescere l’informazione dei suoi lettori. Solo in esito alla conoscenza di dati oggettivi, evitando proclami, slogan o offese personali, ognuno potrà formarsi una corretta opinione. In attesa le invio cordiali saluti.
UGO COLONNA
Messina, 22 luglio 2009

Campione Siciliano


Riprendo la notizia apparsa sul sito di Claudio Cordova:

Il gip del Tribunale di Agrigento Alberto Davico, su richiesta della Procura della Repubblica di Agrigento, ha disposto il sequestro preventivo dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. L’ospedale, sempre su richiesta del gip, dovrà essere sgomberato entro 30 giorni “a tutela dell’incolumità del personale sanitario ed amministrativo e dei degenti”.

Ma che problema ha l’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento?Ha il problema che, secondo i giudici, è costruito con materiali altamente scadenti: secondo la Procura nei pilastri ci sarebbe più sabbia che cemento. Nella motivazione di sequestro si legge in particolare che esisterebbero:

“Gravi carenze strutturali tali da esporre la struttura a gravissimo rischio sismico”.

Ho letto la notizia da più parti, l’ho ascoltata in tv, cercavo di capire chi avesse costruito questo nosocomio, inaugurato appena cinque anni fa. Ma nessuno lo ha detto.

Eppure bastava cercare un po’. Ma, d’altronde, se il giornalismo e la religione cristiana sono in crisi ciò è dovuto, forse, anche all’assenza di “uomini di buona volontà”.Comunque sia, lo dico io chi ha costruito l’ospedale di Agrigento.

Segnatevi questo sito: campioneindustries.com.

La Campione Industries S.p.A. è, copio e incollo dal sito della ditta, è un’azienda costituita nel 1986 con la ragione sociale di “EDILMECCANICA G.CAMPIONE S.r.l.” e trasformata nel 2007 in società per azioni.

Ha sede ad Agrigento e un capitale di € 1.000.000,00.

Bene, ricordate il sito?

Basta farci un giro e, tra le principali opere eseguite, con tanto di foto come vanto, potrete vedere voi stessi che la Campione Industries ha realizzato proprio l’ospedale di Agrigento, che figura per primo nel lungo elenco che l’azienda può vantare.

Claudio Cordova

Nella foto lavori costruzione tratta autostradale ME-PA Caronia Santo Stefano di Camastra

lunedì

Sicilia, Palermo, mafia...

Pausa.
In questi giorni ho avuto l’ennesimo calo di
“valia”.
Non ho avuto voglia di scrivere.

Sono stato qualche giorno all’estero.
Una breve vacanza in Francia.
Ne sono tornato sconvolto.

All’aeroporto di Parigi, un sorridente tassista mi ha chiesto da dove venivo.
- Italia.
Sorridendo - ah bella l’Italia…
Ho aggiunto: Sicilia.
Lui allora si rabbuia e diviene di colpo serio: huu… Sicilia… camorra… mafia…

Io ho provato a spiegare che la Sicilia non è camorra, mafia…
Lui non ascoltava più. Aveva un’espressione diversa adesso.
Il mio francese non aiutava molto la comunicazione e con un po’ di rabbia ho smesso di parlare.

Poi anche in albergo il portiere guardando il documento, mi ha chiesto: - Messina… dove si trova?
In Sicilia.
Ha sollevato lo sguardo e annuendo con un movimento del capo ha aggiunto: - Sicilia, Palermo, mafia…
No guardi, la Sicilia non è proprio così. Ho risposto alzando molto il tono della voce.
Ma anche in questo caso la comunicazione si era già interrotta.

Cercavo in un francese molto stentato di spiegare che non funzionava così, Sicilia uguale a mafia.

Ho fatto il turista con lo zainetto sulle spalle e la macchina fotografica in mano.
Guardavo e mi nutrivo di un mondo diverso, di posti diversi e di gente diversa.
Dai tavolini dei bistrot si poteva vedere lo scorrere di migliaia di persone di tutte le razze, di tutti i colori e di ogni estrazione sociale.

In quelle strade ed in quei palazzi si muovevano uomini e donne che non conoscevano la mafia.
Ne avevano una lontana percezione come di un fenomeno che non li riguardava.

Sicilia…mafia.
Li invidiavo.

Certo i problemi li avevano anche loro.
La crisi, la politica del lavoro e l’immigrazione.
Ma niente di paradossalmente irrisolvibile.

Un mio amico parigino mi raccontava di una spaventosa crisi economica che stava colpendo in questi mesi la Francia, ma niente che potesse minare la fiducia nella giustizia come in Italia.
Qui i servizi funzionano.
Funzionano le scuole, i trasporti, la sanità e la giustizia appunto.
Ma ancor di più funziona, dato il periodo, l’informazione sempre attenta e libera.
Nelle loro strade, nei loro uffici pubblici, nei cantieri e nelle aziende non c’era la mafia.

Lì, in quel preciso istante ho realizzato di quanto la mafia sia presente in Italia.
Notandone l’assenza ho percepito l’eccessiva presenza nella mia vita ed in quella dei miei connazionali, il suo peso violento che condiziona ogni attività.

Poi una cosa strana mi ha ancora di più turbato.
Il taxi che era venuto a prendermi per riportarmi all’aeroporto mi aveva chiesto una cifra più alta del viaggio andata.
-Guardi che qualche giorno fa per lo stesso tragitto mi hanno chiesto meno.
-Non posso fare nulla. Ma di dove siete?
-Italiani.
-Di dove?
-Sicilia.
-Sicilia, Palermo, mafia…ok, vi farò lo sconto.

Ero siciliano e mafioso quindi un temibile cliente a cui si applica lo sconto. Riduzione di prezzo per possibile affiliazione mafiosa essendo siciliano.
Quel mercedes viaggiava veloce con a bordo un “possibile” mafioso.
Mi aspettavo da un momento all’altro l’arrivo della polizia, per scortarmi verso l’aeroporto.
Doveva avvenire tutto in fretta ed in sicurezza.
Il “siciliano” doveva lasciare prima possibile il paese.

Arrivato a Catania ero tornato ad essere uno dei tanti pericolosi siciliani.
Il sole bruciava il viso e i rumori dell’aeroporto erano più familiari.
L’autostrada aveva le buche e le corsie ristrette.
A destra c’era il mare ed a sinistra le colline sventrate dal cemento.

Ero a casa e con assoluta certezza nessuno mi avrebbe preso più per mafioso.