
di Antonio Mazzeo
«Sulla base di un’attenta lettura dei vari atti giudiziari che li hanno coinvolti ed anche dai rapporti interpersonali che emergono da attività info-investigative, possono indicarsi quali possibili referenti mafiosi a livello locale, oltre ai boss Giuseppe Gullotti e Salvatore Di Salvo, tali Pietro Arnò, Felice Spinella, Angelo Porcino, Giovanni Rao, Cosimo Scardino e Rosario Cattafi». È il giugno 2005, e il Procuratore capo di Barcellona Pozzo di Gotto, Rocco Sisci, presenta l’organigramma criminale ai membri della Commissione Parlamentare Antimafia in visita ispettiva nel centro tirrenico della provincia di Messina. Sisci, in particolare, si sofferma sulla figura dell’avvocato Rosario Pio Cattafi, «pluripregiudicato» e «persona socialmente pericolosa», nei confronti del quale, il 2 agosto del 2000,
«Qualche tempo fa – scriveva il Procuratore - è stata avanzata l’ipotesi (tutta da verificare) che il capo della consorteria criminale potesse essere individuato in tale Rosario Cattafi, già coinvolto in numerose eclatanti vicende giudiziarie in materia di traffico internazionale di armi, riciclaggio e altro». Nonostante il pesante provvedimento amministrativo, Cattafi era riuscito ad ottenere l’iscrizione all’Ordine degli avvocati e, soprattutto, aveva chiuso positivamente un aspro contenzioso civile che lo aveva visto contrapporsi ai Salesiani di Barcellona. Tornato in Sicilia nell’ottobre 1997 dopo l’assoluzione al processo d’appello contro il sodalizio criminale dell’Autoparco di Milano (in primo grado aveva riportato una condanna a 11 anni e 8 mesi, 4 anni dei quali scontati nel carcere di Opera), Cattafi aveva seguito passo dopo passo la controversia con l’Oratorio Salesiano, generata - secondo il legale - dalla “cattiva” gestione dei numerosi beni immobili che il nonno aveva donato ai religiosi in punto di morte per fini benefici.
La querelle si era conclusa, nell’aprile 2005, con una transazione: previo versamento di circa 800.000 euro, gli eredi Cattafi rientravano in possesso di
Dopo l’acquisizione dei terreni dai Salesiani,
Più specificatamente il megapiano si articola in una zona “D” di
La prima grande sorpresa è che a farsi carico della realizzazione del mega Piano, già approvato dalla Commissione edilizia e in attesa di voto finale del Consiglio comunale, sarà
All’approvazione finale del Piano regolatore si era giunti dopo un iter lunghissimo e non erano certamente mancati i conflitti e i colpi di scena. Il Consiglio comunale ne aveva affidato la redazione nel lontano marzo 1991 ai professori Giuseppe Gangemi ed Aldo Casamento di Palermo e all’architetto Mario Sidoti Migliore di Capo D’Orlando. Gli elaborati del Piano furono inoltrati undici anni dopo in Consiglio, ma 21 consiglieri dichiararono la propria incompatibilità per “vicende parentali” legate al suo contenuto. Successivamente, alla guida del Comune di Barcellona venne nominato un commissario ad acta, l’ingegnere Pietro Scaffidi Abbate, che adottò il P.R.G. con delibera dell’11 dicembre 2003 e successiva presa d’atto degli elaborati il 27 agosto 2004. Nel frattempo furono presentate dai cittadini più di 2.000 osservazioni, mentre l’amministrazione comunale concesse 976 autorizzazioni edilizie e approvò 26 nuovi piani di lottizzazione dopo la consegna degli elaborati e prima della loro adozione definitiva. L’8 giugno 2005 giunse così l’ennesima bocciatura del P.R.G. da parte dell’Assessorato regionale.
La complessa vicenda venne analizzata dalla Commissione prefettizia inviata a Barcellona Pozzo di Gotto nel giugno 2006 per indagare sulle possibili infiltrazioni mafiose all’interno del Comune. E proprio all’adozione del Piano Regolatore sarà dedicato un intero paragrafo della relazione finale che chiederà, inutilmente, lo scioglimento del Consiglio. «Questa Commissione – recita un passaggio - ritiene di dover porre in opportuna evidenza che tra i collaboratori dei progettisti che hanno proceduto alla materiale redazione del P.R.G. emerge la figura dell’architetto Giovanni Cattafi. La sua presenza tra coloro che risultano aver svolto il ruolo di collaboratori dei progettisti incaricati del P.R.G. desta a questa Commissione non poche perplessità a causa del grado di permeabilità che tale persona può aver determinato in riferimento a particolari interessi non coincidenti con quelli della pubblica utilità. Va infatti evidenziato che l’architetto Giovanni Cattafi è cognato del Consigliere comunale Sergio Calderone, eletto con 300 preferenze nella lista A.N.-M.S.I.. Egli ha difatti contratto matrimonio con Domenica Cinzia Matilde Calderone, sorella, altresì, di Mario Giulio Calderone, pluripregiudicato ritenuto affiliato al gruppo dei “barcellonesi”, ex sorvegliato speciale di Pubblica Sicurezza, nonché sorella di Giulio Massimo Calderone, pregiudicato, il quale risulta in servizio presso il corpo della Municipale di Barcellona P.G. quale agente addetto alla verifica sui cambi di residenza presso l’ufficio anagrafe comunale». In alcune informative della Questura di Messina prodotte tra il 1980 e il 1984, Giulio Massimo Calderone era stato descritto come «presunto appartenente» all’organizzazione di estrema destra “Terza Posizione”. Militante del Fronte della Gioventù, nel settembre del 1980 fu denunciato per vilipendio alla Repubblica Italiana, mentre alle amministrative del 1985 si candidò insieme al boss mafioso Giuseppe Gullotti alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Barcellona nella lista del MSI-DN, capeggiata allora dall’odierno sindaco Candeloro Nania, che fu eletto insieme a Giuseppe Buzzanca, poi presidente della Provincia dal 1994 al 2003 e odierno Sindaco di Messina.
Giovanni Cattafi ha dunque collaborato alla stesura del P.R.G. della città del Longano accanto ai fratelli Mario e Santino Nastasi. I tre architetti, del resto, dividono lo studio professionale e risultano altresì soci-amministratori della “Infoterri Engineering Srl” di via Roma 157/F, Barcellona, società costituita il 27 marzo 2000 con capitale sociale 15.000 euro, avente come oggetto sociale «l’esecuzione di studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazione e direzione dei lavori per costruzioni rurali, industriali, civili, artistiche, impianti chimici e siderurgici, cantieri navali, scuole, ospedali, case popolari, caserme, cimiteri, mercati, impianti sportivi, cinema, chiese, banche, alberghi, centri commerciali al minuto ed all’ingrosso di qualsiasi forma e dimensione, impianti di discarica e smaltimento rifiuti solidi urbani, inceneritori, strade, autostrade, linee tranviarie e ferroviarie, ponti, dighe, ecc..».
Anche la società riconducibile all’avvocato Rosario Cattafi ha cambiato recentemente nome e struttura sociale. Il 10 dicembre 2004, quattro mesi prima cioè di chiudere la transazione con i Salesiani per i terreni di contrada Siena, essa è stata trasformata da società in nome collettivo a società in accomandita semplice, assumendo il nome di “Dibeca S.A.S. di Corica Ferdinanda e C.”. Trasformazioni che però non ne hanno assolutamente modificato la titolarità. Soci accomandanti sono infatti Alessandro Cattafi (quote sociali per 6.988,69 euro), figlio dell’avvocato Rosario; Nicoletta Di Benedetto, la madre (1.032,91 euro); Maria Cattafi, la sorella, (2.272,41 euro) impiegata presso la biblioteca comunale di Barcellona, già socia con il fratello della Sanovit, società costituita a Milano nei primi mesi del 1989 per la vendita di prodotti naturali, medicinali, dietetici, alimentari e di apparecchi odontoiatrici e chirurgici (principali clienti, Postal-Market, Esselunga, S.M.A., ecc.).
La new entry in Dibeca è Ferdinanda Corica, nominata rappresentante dell’impresa nonostante detenga una quota sociale di appena 35,12 euro.
Come accertato dalla Guardia di Finanza, la “Holiday Line” era «risultata proprietaria di appartamenti siti in Olbia (Sassari) nel complesso turistico “Le Vecchie Saline”, sequestrati (e poi restituiti) ai sensi dell’art. 12 quinques, comma 2° D.L. 8.6.1992, n. 306». Al momento dell’intervento della pattuglia del G.I.C.O. di Firenze presso il “Silvanetta” di Milazzo, avvenuto il 5 ottobre 1995 con lo scopo di esaminare ed estrarre copia del registro delle presenze, il «Muscianisi richiedeva che a tale attività presenziasse, con la relativa firma degli atti tale Stefano Piccolo, nato a Barcellona Pozzo di Gotto ed ivi residente, nella sua qualità di “responsabile dell’ufficio contabile dell’Hotel” come dichiarato dal Muscianisi». Era così che il Piccolo veniva fatto giungere appositamente da Barcellona per assistere i militari operanti.
«È alquanto singolare – scrivono gli uomini del G.I.C.O. - la circostanza che il Muscianisi, che si era professato nell’interrogatorio svolto a Firenze commercialista, avesse bisogno di altro commercialista per la gestione contabile dell’albergo; se si considera però che il Piccolo risulta in stretto contatto con il Cattafi, di cui è anche commercialista, la situazione delineata genera non pochi sospetti». Ancora più significativo il successivo passaggio dell’informativa del Servizio anti-criminalità organizzata della Guardia di Finanza. «Le suesposte circostanze appaiono degne di attenzione se si considera che dall’analisi dei soggiorni nell’hotel è risultato, e ciò non appare causale, che il giorno 30 aprile 1993 prendevano ivi alloggio la catanese Gambino Maria e i quattro figli di età compresa tra i 7 e gli 11 anni. Il successivo 1 maggio 1993 si univa ad essi Santapaola Giuseppe, fratello di Benedetto Santapaola e marito di Gambino Maria. Il gruppo partiva il giorno 2 maggio. Nello stesso periodo risultavano alloggiati nell’albergo di Milazzo anche Di Mauro Salvatore e Rizzo Angela. Il Di Mauro risulta avere precedenti di polizia per associazione mafiosa, detenzione di armi, ecc.».
Da diverso tempo il boss Benedetto Santapaola stava trascorrendo la sua latitanza nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto, protetto dal gotha mafioso locale. Secondo quanto si legge nella relazione di minoranza della Commissione Parlamentare Antimafia della XIV legislatura, «prova certa della presenza di Santapaola a Barcellona emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali avviate nell’immediatezza dell’uccisione del giornalista Beppe Alfano, verificatasi a Barcellona l’8 gennaio 1993. Fatto è che Santapaola rimase latitante in quella zona fino al 29 aprile 1993, data in cui si spostò nell’area calatina, dove venne arrestato il successivo 18 maggio». Il boss lasciò dunque il territorio barcellonese contemporaneamente al brevissimo soggiorno a Milazzo del fratello, della cognata e dei quattro nipoti.
Una vicenda che assume contorni ancora più inquietanti se la si lega a quanto trapelò nei giorni successivi alla cattura del latitante. In un articolo comparso su Il Manifesto del 19 maggio
Nel primo semestre del 1993, prima cioè dell’arresto del boss catanese, i Carabinieri del R.O.S. di Messina avevano iniziato un’attività investigativa sulla base di intercettazioni telefoniche ed ambientali tra presenti nel barcellonese. «In tale contesto si è avuta la prova che il Santapaola era stato ospite del gruppo Gullotti», si legge nella memoria depositata dal Pubblico ministero al processo di Palermo contro il manager-politico berlusconiano, Marcello Dell’Utri. «Da una verifica dei tabulati Sip relativi all’utenza in uso a Giuseppe Gullotti sono risultati contatti anche con Cattafi Rosario. E non deve sfuggire che lo stesso Cattafi è stato identificato come soggetto più volte chiamato da persone appartenenti al circuito Dell’Utri, cioè da persone entrate con lui in contatto telefonico od esistenti nelle sue agende, come risulta dalla nota della Direzione Investigativa Antimafia nr. 125/RM6/H2-24/6937 del 31 agosto 1995». Che Santapaola avesse trovato nel messinese un rifugio superprotetto lo si sospettava però da una decina di anni prima. Nel gennaio del 1985 era stata svolta un’indagine al fine di stabilire la fondatezza di una notizia confidenziale secondo la quale Nitto Santapaola si nascondeva nella zona del barcellonese, «appoggiandosi, in particolare, sulla protezione di Girolamo Petretta, scomparso a seguito di lupara bianca, già inserito nel clan mafioso Rugolo-Coppolino, operante in quella zona, nonché amico di Rosario Pio Cattafi». Quel Cattafi che nel corso di un interrogatorio presso
Con il megacentro commerciale e il Paese-albergo di contrada Siena le cose potranno certamente migliorare.
Nessun commento:
Posta un commento