
di Antonio Mazzeo
A Barcellona Pozzo di Gotto va in scena “L’elogio dell’impunità”. Potrebbe benissimo trattarsi di un adattamento teatrale metà commedia e metà farsa se nello sfondo non ci fosse la tragedia di una guerra di mafia che negli anni ’80 ha visto decine e decine di morti ammazzati tra
Dopo l’oblio collettivo di quei terribili anni, arriva, proprio come nei tribunali di mezza America latina, il colpo di spugna della “giustizia” peloritana. La corte d’assise d’appello di Messina ha emesso la sua sentenza nel maxiprocesso denominato Mare nostrum, ribaltando il dispositivo di primo grado: dimezzati gli ergastoli (da
Resta dunque ben poco di quello che fu il castello accusatorio che portò nel biennio 1992-93 alle operazioni “Mare Nostrum 1 e
«Una sentenza della Corte d’Appello di Messina che lascia stupefatti», è il commento a caldo del senatore del PD Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia che proprio alla pericolosità della mafia della provincia di Messina aveva dedicato un intero capitolo della Relazione di minoranza della Commissione della XIV legislatura. «Sento il bisogno di rompere il riserbo nel commentare le sentenze», aggiunge Lumia. «La mafia barcellonese non può rimanere impunita. Gullotti e gli altri boss sono una minaccia reale, perché fanno parte di Cosa nostra militare e sono collocati nel cuore delle collusioni con la politica e i poteri deviati. Bisogna ritornare ad occuparsi con più incisività del condizionamento mafioso a Messina e in particolare nell’area barcellonese, così come del ruolo di una parte della magistratura, dei poteri collusi sul versante economico-politico e istituzionale, affinché lo Stato torni ad affermare la sua sovranità democratica anche in queste realtà territoriali».
Durissimo il commento di Fabio Repici, avvocato di parte civile nei più importanti processi di mafia svoltisi nel capoluogo dello Stretto (l’omicidio della stiratrice diciassettenne Graziella Campagna, quello del giornalista Alfano, ecc.) e legale di fiducia della famiglia del docente universitario Adolfo Parmaliana, morto suicida il 2 ottobre 2008 dopo aver appreso di un’indagine avviata nei suoi confronti a seguito delle sue documentate denunce su malapolitica, mafia e affari nel Comune di Terme Vigliatore. «La famiglia mafiosa più potente della provincia di Messina e più impunita d’Italia può riprendere serenamente il comando del territorio, nella società criminale e naturalmente pure nella società legale», scrive Repici in una lettera aperta. «La sentenza di Mare Nostrum è solo l’ultimo atto di un grado di giudizio che aveva fatto registrare accadimenti inediti nella storia giudiziaria italiana. Il clima del processo ebbe un mutamento allorché la corte, adeguandosi ad una nuova perizia (dopo ben 9 di segno contrario espletate da esperti di ogni parte d’Italia) che, con argomentazioni a dir poco stravaganti, aveva fornito parere favorevole sulla capacità di rendere esame del collaboratore di giustizia barcellonese Maurizio Bonaceto, aveva deciso di estromettere dal fascicolo i verbali delle dichiarazioni rese a suo tempo da Bonaceto e di disporne l’esame». Rientrato nel
«Acquisite finalmente le dichiarazioni rese da Bonaceto, alcuni difensori (ed in particolare quelli del boss Giuseppe Gullotti) si adoperarono con strumenti inconsueti per cercare di minarne la credibilità», prosegue Fabio Repici. «Il 9 marzo 2009, uno dei due difensori di Gullotti, l’avvocato Franco Bertolone (che non aveva preso parte al processo fino alla sentenza di primo grado, per essere stato raggiunto dalle accuse del collaboratore Giuseppe Chiofalo, che lo aveva indicato come “consiglieri” della famiglia mafiosa barcellonese grazie ai suoi stretti rapporti con un magistrato, il dottor Cassata, oggi Procuratore generale di Messina) lesse un inconsulto documento anonimo che avanzava dubbi sull’attendibilità di Bonaceto, ma si risolveva anche in un attacco personale soprattutto contro la mia persona e quella di Piero Campagna, fratello della povera Graziella, assassinata nel 1985. Di questo documento veniva letta soltanto una parte, nella quale, in sintesi, si affermava che Bonaceto aveva probabilmente mentito sull’omicidio Alfano, che il boss Gullotti e il killer Antonino Merlino, pur definitivamente condannati, erano in realtà innocenti, che io avevo ben contezza della loro innocenza per avermela confidata Piero Campagna, che io però mai avrei riferito all’autorità giudiziaria ciò che sapevo, per non scagionare i due mafiosi condannati».
A rendere più torbida la vicenda, l’accertamento delle generalità dell’estensore del documento, il sostituto procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, Olino Canali, che nel processo di primo grado aveva svolto le funzioni di pubblico ministero. E la volontaria omissione da parte dell’avvocato Bertolone della lettura di un successivo passaggio della missiva in cui il Canali scriveva che «Franco Bertolone è il Franco Cassata degli avvocati barcellonesi». Una frase che, sempre secondo Repici, «poteva essere considerata perfino un riscontro alle vecchie accuse del pentito Chiofalo», relative a un presunto stretto legame tra il legale e il magistrato. Proprio il Chiofalo, il 20 febbraio 2004, nel corso della sua deposizione al processo di Catania a carico del magistrato messinese Giovanni Lembo e del boss Michelangelo Alfano poi “suicida”, si era soffermato su un viaggio da lui fatto a Milano in compagnia del legale barcellonese, nel lontano 1972-
Dopo la rinuncia al mandato difensivo da parte dell’avvocato Repici che rappresentava alla corte la sua disponibilità a testimoniare e l’invio di un fax alla Procura generale in cui il dottor Canali riconosceva la paternità del documento letto in aula dall’avvocato Bertolone, veniva disposta la testimonianza del sostituto procuratore di Barcellona, che essendo stato Pm in primo grado, si trovava nella situazione di incompatibilità con l’ufficio di testimone prevista dal codice di procedura penale. «Il dr. Canali testimoniò in due successive udienze, facendo affermazioni plasticamente false», aggiunge Repici. «Per questo egli è oggi indagato dalla Procura di Reggio Calabria per falsa testimonianza e per favoreggiamento del boss Gullotti».
È il circolo culturale paramassonico barcellonese “Corda Fratres”, di cui proprio il Cassata è da sempre instancabile animatore, a costituire la migliore vetrina dell’esercizio delle relazioni di potere dell’intera provincia di Messina. Fondato nel 1944, “Corda Fratres” – il cui nome completo è “Fédération Internazionale des Etudiants “Corda Fratres” Consulat de Barcellona (Sicilia)” – vede tra i suoi soci i nomi di grido della classe dirigente politica locale (il senatore del Pdl Domenico Nania, già capogruppo al Senato di An e l’odierno sindaco di Messina ed ex presidente della Provincia, Giuseppe Buzzanca, anch’egli post-fascista), giudici onorari, avvocati tra cui lo stesso Francesco Bertolone, professionisti, imprenditori, ecc.. Nelle liste della “Corda Fratres” compaiono pure i nomi di ben 16 iscritti alle logge del Grande Oriente d’Italia “Fratelli Bandiera” e “
«Nulla sembra poter fermare le follie del “rito peloritano”, della giustizia alla messinese», conclude amaramente Fabio Repici. «Nessun segnale di attenzione viene da parte degli organi dello Stato per la provincia di Messina, per questa Corleone del terzo millennio che è Barcellona Pozzo di Gotto, per i miasmi della giustizia messinese. Fino a che nel resto della nazione non ci si decida ad accendere un riflettore sui misfatti di quella provincia, il buio, materiale e morale, continuerà a sommergerla».
4 commenti:
Tranne i morti per mafia e gli arresti compiuti (per fortuna almeno quelli) dalle Forze dell’Ordine, per il resto non è cambiato molto nella lotta alla mafia. Anzi sono cambiati solo i vestiti, il titolo di studio ed il ruolo all’interno delle Istituzioni e nel Parlamento, insomma nello Stato.
A mio modesto parere, stanno facendo molto male alla lotta alla mafia coloro che per visibile propaganda esaltano, senza se e senza ma, le Istituzioni dello Stato senza distinzione tra gli uomini che le affollano, quasi più di quelli che notoriamente sono compiacenti di certa cultura mafiosetta.
OT
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http://www.liberareggio.org/2009/12/01/speciale-noponte-passaparola-contro-speculazione-aderisci-blog-no-ponte/
Giorno 11 Dicembre 2009 ho appreso la notizia che Alberti Gerlando uno dei carnefici di mia sorella, condannato al carcere a vita (con fine pena mai) ha ottenuto da parte del tribunale di sorveglianza di Bologna il beneficio degli arresti domiciliari presso la sua abitazione sita in provincia di Messina, esattamente nel comune di Falcone, ove a suo tempo dimorava come latitante. Sino ad oggi il condannato beneficiario, nonostante la sentenza di primo grado, secondo grado e conferma definitiva della Cassazione, ha scontato solo circa un anno di carcere per l’assassinio di Graziella e non ha mai mostrato segno di pentimento; Non ha mai collaborato con la giustizia; Non ha mai fatto i nomi dei suoi protettori e fiancheggiatori.
A Graziella, mentre si trovava in ginocchio a supplicare i suoi carnefici, non gli è stata concessa nessuna pietà, questi hanno premuto il grilletto del fucile per cinque volte, senza rimorso di coscienza. Graziella è stata cancellata completamente dalla vita, non può più respirare, non si può più curare( gli è stato tolto il dono della vita, lo stesso dono che hanno loro (i suoi carnefici).
Oltre ad uccidere Graziella è stata distrutta tutta la mia famiglia.
Ammesso che sia vero che il beneficiario degli arresti domiciliari stia male e si debba curare, a cosa serve il carcere?
La sua abitazione è una casa di cura? (fumare e consumare caffè).
Per l’anniversario della morte di Graziella, da parte dello stato aspettavamo un mazzo di fiori, invece?....
Viene offesa la Costituzione Italiana che è la legge fondamentale di quel poco di Stato che è rimasto.
Come cittadino Italiano non mi riconosco in questo stato, nonostante credo nella Giustizia, mi sento istigato a non osservare e rispettare le leggi, perseguitato dalla stessa giustizia a non credere in essa. Si è arrivati al punto di capire che l'uomo è inferiore agli animali.
Di quanto sta accadendo in questi ultimi anni solo chi è amante e assetato di giustizia può fare qualcosa affinchè questo Stato ritorni alla normalità, nel bene dei nostri figli che sono il futuro di questo Mondo.
Non dimentichiamo che abbiamo il sacro dovere, che come i nostri avi hanno consegnato la terra pulita e ordinata, così la dobbiamo trasmettere ai nostri figli.
Di quanto sopra detto, in onore di tutte le vittime di mafia e del terrorismo.
Piero Campagna
Quando ho letto le parole di Piero mi è venuto un brivido alla schiena come di chi teme che, forse, non c’è nulla da fare in questa Penisola in cui lo Stato (quindi il suo Parlamento quando legifera e le sue Istituzioni quando le applicano o le interpretano) è ostentatamente incomprensibile, direi quasi come appare a volte indecifrabile un mafioso. Un’inquietante assonanza.
Ho riportato le parole di Piero sul blog in calce a Cuntrastamu e Jonalife:
http://www.cuntrastamu.org/wordpress/?p=304&cpage=1#comment-30931
http://www.jonialife.it/index.asp?action=viewart&id=4552
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