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I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina



Dall’Introduzione de “I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina” ad Aprile in libreria.



Speculatori locali o d’oltreoceano; faccendieri di tutte le latitudini; piccoli, medi e grandi trafficanti; sovrani o aspiranti tali; amanti incalliti del gioco d’azzardo; accumulatori e dilapidatori di insperate fortune; frammassoni e cavalieri d’ogni ordine e grado; conservatori, liberali e finanche ex comunisti; banchieri, ingegneri ed editori; traghettatori di anime e costruttori di nefandezze. 
I portavoce del progresso, i signori dell’acciaio e del cemento, mantengono intatta la loro furia devastatrice di territori e ambiente. 
Manifestazioni di protesta, indagini e processi non sono serviti a vanificarne sogni e aspirazioni di grandezza. 
I padrini del Ponte, i mille affari di cosche e ’ndrine, animeranno ancora gli incubi di coloro che credono sia possibile comunicare senza cementificare, vivere senza distruggere, condividere senza dividere.
Agli artefici più o meno occulti del pluridecennale piano di trasformazione territoriale, urbana, ambientale e paesaggistica dello Stretto di Messina, abbiamo dedicato questo volume che, ne siamo consapevoli, esce con eccessivo ritardo. 
Ricostruire le trame e gli interessi, le alleanze e le complicità dei più chiacchierati fautori della megaopera, ci è sembrato tuttavia doveroso anche perché l’oblio genera mostri e di ecomostri nello Stretto ce ne sono già abbastanza. 
E perché non è possibile dimenticare che in vista dei flussi finanziari promessi ad una delle aree più fragili del pianeta, si sono potuti riorganizzare segmenti strategici della borghesia mafiosa in Calabria, Sicilia e nord America. 
Forse perché speriamo ancora, ingenuamente, che alla fine qualcuno avvii una vera inchiesta sull’intero iter del Ponte, ricostruendo innanzitutto le trame criminali che l’opera ha alimentato. 
Chiarendo, inoltre, l’entità degli sprechi perpetrati dalla società Stretto di Messina. Esaminando, infine, i gravi conflitti d’interesse nelle gare d’appalto ed i condizionamenti ideologici, leciti ed illeciti, esercitati dalle due-tre famiglie che governano le opere pubbliche in Italia.
Forse il recuperare alla memoria vicende complesse, più o meno lontane, potrà contribuire a fornire ulteriori spunti di riflessione a chi è chiamato a difendere il territorio dai saccheggi ricorrenti. 
Forse permetterà di comprendere meglio l’identità e la forza degli avversari e scoprire, magari, che dietro certi sponsor di dissennate cattedrali nel deserto troppo spesso si nascondono mercanti d’armi e condottieri delle guerre che insanguinano il mondo. 
È il volto moderno del capitale. 
Ribellarsi non è solo giusto. 
È una chance di sopravvivenza.

 “I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina”  
(Edizioni Alegre, Roma, costo 14 euro).
Il libro, sulla base di una documentazione che privilegia le fonti giudiziarie, fornisce una sistematizzazione di innumerevoli denunce e indagini sugli interessi criminali che ruotano attorno alla costruzione del Ponte sullo Stretto.
La prefazione è stata curata da Umberto Santino del Centro Siciliano di Documentazione Antimafia “Giuseppe Impastato”.

Scheda autore:
Antonio Mazzeo, militante ecopacifista ed antimilitarista, ha pubblicato alcuni saggi sui temi della pace e della militarizzazione del territorio, sulla presenza mafiosa in Sicilia e sulle lotte internazionali a difesa dell’ambiente e dei diritti umani. Ha inoltre scritto numerose inchieste sull’interesse suscitato dal Ponte in Cosa Nostra, ricostruendo pure i gravi conflitti d’interesse che hanno caratterizzato l’intero iter progettuale. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa).

La Ponte Connection dell’Università degli Studi di Messina

di Antonio Mazzeo


Inchieste giudiziarie e ricercatori sostengono che il Ponte sullo Stretto di Messina, più che due sponde, servirà a congiungere due cosche, o meglio, le due grandi holding criminali che controllano il territorio e l’economia in Calabria e Sicilia. Nell’Università di Messina, però, mafia e ‘ndrangheta operano in collegamento perlomeno sin dagli anni ’70, quando anche grazie a certi “studenti” di estrema destra e all’occhio benevolo degli inquirenti, l’Ateneo divenne il laboratorio sperimentale di un’alleanza politico-criminale che avrebbe colto i suoi frutti con la stagione delle stragi del 1992-93. Mafia e ‘ndrangheta hanno messo le mani su grandi e piccoli affari dell’università dello Stretto: dagli appalti per la realizzazione del Policlinico a quelli per la gestione di mense e servizi; dalla compravendita di esami e titoli di studio al traffico di armi e stupefacenti all’interno dei locali universitari. Non sono mancati gli attentati e i ferimenti di docenti e studenti e finanche un morto eccellente, il professore Matteo Bottari, noto endoscopista, barbaramente assassinato a Messina 13 anni fa.


(...) le massime autorità dell' università di Messina e i manager di “Eurolink”, l’associazione d’imprese general contractor per i lavori del Ponte, starebbero per definire un accordo finalizzato a coinvolgere direttamente l’Università nella progettazione esecutiva dell’imponente opera.
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