mercoledì

Auguri d'elefante.

Tocca anche a me.


E’ anche giusto nei confronti di chi mi legge e di quelli che invece leggo io.


L’arrivo del nuovo anno mi emoziona ogni volta.


Un coro di speranze e promesse si alza dal nostro pianeta nei confronti della sorte o di un dio sperato.


All’alba del nuovo giorno, come farfalle si involano mille buoni proponimenti e si attendono i relativi compensi.

Ma le farfalle si sa vivono solo un giorno.


Per molti è salute, per altri è un aiuto.

Per tantissimi sono bisogni primari.


A chi mi legge auguro che l’impegno sia sapere dare del bene ed il compenso sia riceverne altrettanto.

A chi mi legge auguro non siano caduche farfalle ma possenti elefanti che perlomeno vivono cent’anni.


Buon anno a Voi giusti.

Non vi auguro buone feste.

La mia casella mail ne conta già 14 di messaggi con oggetto “buone feste”.

Tra poco arriveranno anche gli sms.

In molti siti e blog si porgono i più sinceri auguri ai lettori, clienti, fornitori e via dicendo.


Questa onda di bontà e tenerezza che esplode in questo periodo mi ha sempre fatto incazzare.


“Ma dai è natale…”


Proprio per questo motivo, vorrei che nelle tavole imbandite per la cena o il pranzo della festa, in mezzo alla serenità che esplode dai volti dei bambini, dai pacchi ben confezionati e dai ricchi cestini, qualcuno avesse la consapevolezza che io non gli auguro buone feste.


Al primario, che alla vigilia ha fatto il giro in corsia in mezzo a uomini e donne sofferenti, attaccati a tubicini e con i volti segnati dalla disperazione, per poi andarsi a ritirare il proprio regalo dall’amico a cui ha fatto ottenere un appalto per la fornitura di pessimi prodotti medicali, per finire con la cena a casa del collega che ha la clinica privata a cui lui smista i pazienti più abbienti o disperati, non auguro buone feste.


Non le auguro neanche a quegli uomini che hanno fatto dell’esercizo della violenza e del terrore la loro ragione di vita, calpestando la dignità di altri uomini per un loro fine o per il bene della “famiglia”, quella stessa famiglia che ora si ritrova a giocare a tombola per far divertire i picciriddi.


A quelli che dovrebbero servire questo Stato ed invece si ritrovano al solo servizio dei potenti di questo Stato.

Quelli che tra il fumo e l’odore di morte che si diffonde nell’aria di una via di Palermo hanno pensato di prendere ciò che poteva restare del lavoro di un uomo. Lo hanno fatto forse senza coprirsi la bocca, respirando il frutto di un sacrificio. Piccole particelle fatte di uomini coraggiosi che gli sono penetrate dentro senza però piegarlo alla giustizia.


Quelli che deviano, depistano, omettono ed hanno reso questo paese come diceva Sciascia, un paese senza verità.


Quelli che infondo non c’è niente di male a fare false certificazioni per gli amici, o quelli che infondo un concorso meglio farlo vincere a chi ti porterà rispetto per sempre.


Quelli che a casa in questi giorni è stato un via vai di cestini e preziose bottiglie con biglietti di ringraziamenti vivissimi per favori resi.

Quelli che fanno il giro delle telefonate ai loro amici in grembiule, la compagnia dei “muratori” che muovono le fila del nostro Stato animati solo dal loro tornaconto.


Quelli che non hanno paura della giustizia, perché può essere una brutta bestia per tanti, ma per loro si addomestica.


Quelli che ricevono la telefonata di auguri e rispondono: "No cazzo, non devi chiamarmi a questo numero, te l’ho detto mille volte che posso essere intercettato!"


Quelli che andranno alla messa di mezzanotte e lasceranno scivolare nel cestino delle offerte una banconota da 50 per mettersi la coscienza a posto.

Quelli che non vogliono dire la verità e si batteranno il petto tra i fumi dell’incenso nei banchi di una cattedrale.


A tutti questi, senza alcuna ipocrisia, non auguro buone feste.


Non posso augurare di passare questi giorni con la serenità che spetta ai giusti.


Gli auguro invece che al suono delle campane a festa o guardando gli occhi di un figlio che scarta un regalo, possano essere colti da un rimorso, un lieve tarlo che gli arrivi dal cuore alla gola.

Un rigurgito di coscienza che possa per un attimo annebbiargli la vista.

Magari anche qualche lacrima.

Agli increduli ospiti potranno dire che è solo emozione.

Ma mi auguro che sia il dolore che come una condanna prova chi offende.


A tutti gli altri neanche a dirlo, buone feste.

venerdì

Racconti di Natale

Quando non ho fretta amo fare la spesa al supermercato.

Girare tra gli scaffali in cerca di prodotti in offerta o cose mai provate.

Mi piace guardare i prezzi e le novità gastronomiche.

Un buon spunto per un’analista.


L’altro pomeriggio mi aggiravo quindi con il mio carrellino nel mio solito supermercato, stranamente non troppo affollato.

Fuori pioveva a dirotto e soprattutto non c’era nulla che mi premesse fare fuori da lì.


All’entrata notai due anziani, marito e moglie che discutevano sull’opportunità di prendere il carrello e non i cestini.

Con calma e pazienza, lei valutava la capienza dei recipienti verdi in plastica.

No è meglio il carrello.


Avevo notato una sorta di leggerezza in quei dialoghi.

Frasi “minime” ma come farcite di felicità nuova.

Avevano vestiti modesti e facce da nonni.

Lui aveva un giaccone cremisi e pantaloni pesanti marroni.

Lei un cappotto di lana grigio scuro e una gonna nera.

Sembravano due bambini dentro un negozio di dolciumi.

Mi stupiva e mi rallegrava allo stesso tempo osservare quell’alone di serenità in due anziani coniugi, segnati dalle vicende che segnano tutti nella vita, con l’evidente ristrettezza economica che traspariva dai loro abiti e dalle rughe dei loro volti.

Li intravedevo di tanto in tanto nei corridoi e provavo una infinita tenerezza. Vicini l'uno all'altra si aggiravano come persi in mezzo a quella festa di cose da comprare.


Ero nel reparto dei dolciumi. Insieme a quello dei vini è il mio preferito.

Biscottini e cioccolatini di ogni forma e gusto. La festa del cacao, in ogni sua forma e stato.


Eccoli di nuovo.

Il carrello conteneva un panettone farcito, un pandoro, delle bacchette di torrone, una bottiglia di spumante asti, due bottiglie di cocacola, due di aranciata e dei succhi di frutta.

La spesa di natale pensavo.

Mi passarono accanto e si fermarono per prendere dallo scaffale una confezione di torroncini assortiti.

Lui chiese: a quanto siamo?

Lei rispose: quasi 40 euro.


Sorrisi e mi allontanai verso la bottiglieria.

Non sono un bevitore di vino però mi piace possedere qualche bottiglia di marca. Preferisco i vini siciliani e mi fermo a cercare qualche etichetta che non conosco.

L’ultimo reparto che visito è quello dei surgelati.

Dalle figure riportate sulle confezioni si possono vedere pietanze prelibate e molto elaborate che a leggere l’etichetta sono realizzabili con il solo inserimento del prodotto in un microonde.

A volte mi sono fatto fregare dalle splendide illustrazioni.

Guardo l’orologio e mi accorgo che la mia tranquilla spesa anti-stress deve concludersi. Dentro il carrellino una bottiglia di vino Calatrasi, una bustina di risotto liofilizzato ai frutti di mare e poco altro.

Mi avvio alle casse.

Poca fila.

Rivedo i due anziani clienti e mi accodo al loro carrello.

Ora ci sono dentro due confezioni colorate contenenti due bambole tipo barby e una macchinina della polizia.

I regali per i nipotini.

Tre pacchettini di cioccolatini misti kinder e un paio di pantofole di velluto per uomo.

I due continuavano a scambiarsi rapide frasi quasi sottovoce.

Sorridevano spesso.

Arriva il loro turno alla cassa.

Il bip dello scanner contava e sommava gli importi degli articoli.

Mi accorsi anche di un latte detergente Nivea da 3,90.

La cassiera gentile e sorridente chiese se volevano comprare un biglietto telethon da due euro.

La signora sorrise e con degli occhi azzurro chiaro che non avevo notato prima annuì.


Centotrenta e ventisette.

La signora chiede al marito qualcosa.

Lui le porge la Social Card e quindici euro.

La cassiera la passa nel pos. Non passa.

Riprova. Niente.

Signora c’è qualche problema con la carta, credo non ci siano soldi dentro.

Loro sorridono entrambi un po’ perplessi ora.

Noi non l’abbiamo mai usata.

Dal microfono viene chiamato un responsabile.

Mi spiace le stiamo bloccando la cassa dice sottovoce l’anziana cliente.

Arriva un signore dai modi sbrigativi e decisi, prende la carta, la passa nel lettorino e dice: “questa carta non ha credito perché ancora deve essere caricata, capita.”


Parlando senza alcuna espressione spiega che alcune carte arrivano senza credito e che verranno caricate nei prossimi giorni. Non si può fare altro che pagare in contanti.

“Ma noi non abbiamo questi soldi.”


Quella frase sembrava pronunciata da una bambina a cui chiedono un milione di euro.

Con stupore e rassegnazione.

Era la spesa di natale.

C’erano i giochi dei nipotini e le pantofole nuove.

C’era la crema da passare la sera prima di dormire ed i dolcetti da offrire per le feste.

L’uomo con la sua raggelante inespressività dice alla cassiera di stornare l’operazione.


I due clienti imbarazzati riposano la carta nel borsellino e salutando mestamente vanno verso l’uscita.

Signorina ci scusi ancora e tanti auguri. Auguri anche a voi.


Usciti per come sono entrati.

Lei con la borsa nera e lui con l’ombrello.

I capelli bianchi e le rughe sul volto.

Un cappotto grigio ed un giaccone cremisi si allontanano sotto la pioggia.

Signore prego…

Guardo la cassiera. Poso il cestino sul pavimento.

No grazie devo andare.

L'Università di Paperopoli

Dopo la bufera che ha investito l’Università di Messina ed il suo rettore a causa di una serie di concorsi che apparirebbero pilotati, la magistratura indaga a tutto campo.


Le telecamere delle maggiori reti nazionali e noti cronisti d’assalto hanno scoperchiato una condotta nelle assunzioni di impiegati, ricercatori ed assistenti, assai allegra.


Sembrerebbe che a beneficiare di questa pratica clientelare siano stati figli e parenti di illustri professori, magistrati e mammasantissima vari.

Di ieri è la notizia che anche l’ex presidente del consiglio comunale di Messina, già implicato in una brutta storia di corruzione, abbia ricevuto il suo regalo da Tomasello & Co.

Gli inquirenti stanno spulciando tutte le pratiche dei concorsi dal 2005 in poi.


Altri inquietanti sviluppi si stanno allargando sotto i loro attenti occhi.

Altri nomi importanti avrebbero ottenuto favori e vantaggi dal rettorato.


Nei corridoi della Procura girano i nomi di Bin Laden (proposto per un posto da ricercatore nella facoltà di filosofia e teologia), Antonio Cassano (vincitore di concorso come assistente in Lettere Antiche) e Bernardo Provenzano (dirigente del dipartimento di Economia Aziendale).


A sollevare il sipario su quest’altro filone di indagine sarebbe una super testimone bocciata al concorso per Primario all’Istituto di Medicina biotecnologia dello stesso ateneo. L’identità di quest’ultima è sotto rigorosa copertura, ma alcune indiscrezioni ricondurrebbero a Valeria Marini.


A quest’ultima alcuni giornalisti hanno rivolto alcune domande sulla sua attinenza al ruolo oggetto di concorso e la stessa ha risposto: visto che alla fine il vincitore è risultato Aldo Biscardi, non capisco perché non potevo essere io, che tra l’altro con il camicie bianco sto molto meglio di lui.


Nel frattempo dalla Disney fanno sapere che nessun loro membro ha mai ricevuto regali dal rettore.

Nella stessa nota consegnata alle agenzie concludono sostenendo l’assoluta estraneità di Topolino con Tomasello ed affermano che il posto di ordinario gli è stato affidato per merito.

giovedì

Senza parole

Gerard Foucaux, il mimo sta morendo.

L’artista, il saltimbanco, il clown sta andando via silenziosamente.

E’ stato il mimo, il simpatico e flessibile giullare con il viso bianco e la bocca cucita. Migliaia di bambini, me compreso, hanno riso alle sue esibizioni, c'era un qualcosa di magico nella sua straniera movenza.

Dalla Normandia era giunto nella nostra città per esibirsi nelle scuole e insegnare la sua arte a chi ne aveva voglia.

Vivendo soprattutto la strada ed il bar, per continuare, come dice lui, a rendere visibile l’invisibile.

Ora il mimo, nella sua stanza d'opsedale, illuminata da freddi neon, sta andando via così, mimando la morte.

Senza parole.

mercoledì

Odo rintocchi di campane


La pratica De Magistris sembrava liquidata, risolta, dimenticata.


L’ennesimo tentativo della politica di difendersi dai processi sembrava essere andato a segno.

Avocazione e trasferimento.

Rimprovero e punizione.


Fiumi di parole in quei giorni erano state impiegate per difendere l’operato di De Magistris.

Niente da fare.


CSM e Governo tutti concordi: ha sbagliato, deve andar via, lontano dove non può più nuocere!


In molti hanno gridato per non permettere l’apposizione di una lunga linea nera sulle inchieste Why Not e Poseidone.


La campana della giustizia suonava a morto a Catanzaro, ma suonava, come scriveva Jhon Donne, per tutto il paese.

L’ennesimo atto di forza del potere sull’amministrazione della giustizia.


Come a “nascondino” qualcuno aveva fatto “liberi tutti”.


Le inchieste smembrate, gli indagati alleggeriti, tutto passato.

Che spavento però.

I mesi avevano cancellato ogni ombra sui potenti coinvolti.

Il Caso De Magistris scomparso dalle cronache e dagli approfondimenti.

Tutto secondo copione.


Il canovaccio non prevedeva altri sviluppi.

Non doveva essere un romanzo giallo con improvvisi e rocamboleschi “colpi di scena”.

Qualcuno aveva già riposto il faldone nel suo archivio.


Poi come una goccia che scorre sul bordo di un bicchiere, lenta e inesorabile, arriva l’improvvisa accelerazione. Il cambio di traiettoria.

La Giustizia si fa giustizia.

Gli attacchi a De Magistris lo hanno danneggiato con le finalità di favorire gli indagati.

Non era giusto. Ma non solo.


Gli atti di avocazione, trasferimento e revoca, compiuti dai vertici dell’amministrazione giudiziaria erano illegali.


Insomma qualcuno commettendo reati è riuscito a fermare due inchieste, diffamare e calunniare un magistrato, richiederne, ottenendolo, il trasferimento di quest’ultimo.

Il tutto con il placet dell’Associazione Nazionale Magistrati e Consiglio Superiore della Magistratura.

Oggi dei magistrati di Salerno hanno sfidato i burattinai.

La campana continua a suonare.

martedì

Le scelte di Cosa Nostra

Depositate le motivazioni della sentenza che spiega le condanne ai boss di Cosa Nostra.

430 anni di carcere al gotha della mafia.

Tracciati rapporti tra Cupola e Politica.


(Da un pizzino di Provenzano risalente all’ottobre del 1997n.d.r.):


“Ora tu mi informi che hai un contatto Politico di buon livello, che

permetterebbe di gestire molti e grandi lavori, e prima di continuare tu volessi sapere come la penso io: Ma non conoscento non posso dirti niente, ci vorrebbe conoscere i nomi?

E sapere come sono loro combinati? Perché oggi come oggi non c’è da fidarsi

di nessuno, possono essere Truffaldini? possono essere sbirri?

possono essere infiltrati? E possono essere sprovveduti?

E possono essere dei grandi calcolatori, ma se uno non sa la

via che deve fare, non può camminare, come io non possono dirti niente”.



(continua motivazione depositata n.d.r.)

Il 2006 è un anno cruciale per la politica italiana e regionale.

Cambierà la composizione di Camera e Senato, si rinnoverà

l’Assemblea regionale Siciliana, si rinnoveranno tanti consigli comunali.

Cosa Nostra è in stato di fibrillazione, gli uomini di Provenzano

sono in stato di “all’erta”.

Il “Gotha” è chiamato a scelte importanti che lasceranno il “segno”

per gli anni venturi.

La decisione sulla coalizione da votare sembra scontata, c’è una netta

preferenza per il Polo delle Libertà.

Piuttosto, bisogna decidere se “internalizzare” larappresentanza

politica, ossia se mobilitare il proprio peso elettorale infavore

di membri interni alla associazione da presentare come candidati,

appoggiando quindi persone legate da stretti vincoli di amicizia

o parentela al capo o ai capi delle cosche (...)

I boss vogliono essere pronti per il momento cruciale in cui si giocherà la partita.

Pretendono posti nel consiglio comunale e in quello provinciale.
Scelgono candidati per le elezioni ormai prossime e si attivano per

affiancarli a uomini influenti dello schieramento del Polo delle Libertà,

in particolare di Forza Italia e dell’UDC.


(Sentenza rip. Corte di Cassazione su rapporti Mafia Politica n.d.r.)


“per un verso, il politico è consapevole di poter fare affidamento su

un apporto sicuro di consensi, essendo sin troppo ovvia la capacità del

sodalizio mafioso di orientare le preferenze di un cospicuo bacino

elettorale - dall’altro, l’organizzazione si assicura la piena disponibilità

del candidato che, una volta eletto, potrà, alla bisogna, mettere a

disposizione del sodalizio importanti attività o servizi dell’apparato

istituzionale, sì da favorire, in qualsivoglia maniera, gli interessi mafiosi.

Una delle possibili espressioni di utilità è certamente rappresentata dal

condizionamento del settore dei pubblici appalti, che ha costituito,

notoriamente, un ambito di attenzione di primario interesse per la

consorteria mafiosa, tanto più in un determinato momento storico,

allorquando i successi dell’attività investigativa ed un più attento controllo

del territorio hanno reso problematico il libero esercizio delle ordinarie

attività illecite, costituenti la tradizionale fonte di sostentamento per

l’organizzazione.



domenica

Tortura di Stato

Depositate le motivazioni della sentenza sui fatti di Genova. (leggi tutto)

"premesso che la mancanza, nel nostro sistema penale, di uno specifico reato di “tortura” ha costretto l’ufficio del PM a circoscrivere le condotte inumane e degradanti ( che avrebbero potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di “tortura” adottata nelle convenzioni internazionali ) compiute in danno delle parti offese transitate nella caserma della P.S. di Ge-Bolzaneto durante i giorni del G8, condotte che questo Collegio ritiene pienamente provate”.


“(…) come in qualsiasi altro procedimento penale, anche in questo processo, quantunque celebrato in un’atmosfera caratterizzata da forti contrapposizioni politico-ideologiche sia sui mezzi di informazione che nell’opinione pubblica, sono stati portati a giudizio non situazioni ambientali o orientamenti ideologici, bensì, ovviamente, singoli imputati per specifiche e ben individuate condotte criminose loro attribuite nei rispettivi capi di imputazione, che costituiscono la via maestra da cui il giudicante non deve mai deviare.”


“(…) Dalla messe dei suddetti riscontri sono risultate pienamente provate le seguenti condotte tenute nel sito di Bolzaneto in danno degli arrestati e fermati:

1) insulti e percosse inflitti durante gli assembramenti di appartenenti alla varie forze di polizia presenti nella caserma, che si formavano all’arrivo dei gruppi di arrestati, sia pure non con sistematica frequenza, come è emerso in dibattimento, laddove diverse persone offese hanno riferito di non essere state oggetto di tale trattamento;

2) posizione vessatoria ( consistente nell’imposizione dello stazionamento in piedi, a gambe divaricate e braccia alzate diritte sopra la testa) nel cortile, contro il muro della palazzina dove erano situate le celle o contro la rete di recinzione del campo da tennis a essa prospiciente ovvero nei pressi della attigua palazzina dove si effettuavano le operazioni di fotosegnalamento;

3) passaggio nel corridoio tra due ali di agenti di diverse forze che percuotevano con schiaffi e calci, tentavano di far cadere a terra gli arrestati sgambettandoli, ingiuriavano e, spesso, sputavano;

4) posizione vessatoria di stazionamento in cella, che poteva essere o identica a quella che veniva fatta assumere in cortile ovvero in ginocchio con il viso rivolto alla parete e veniva fatta mantenere per ore e ore ( addirittura, in certi casi, per 10, 18, 20 ore e oltre ), senza possibilità di riposo o di sedere, se non per pochi minuti

5) posizione vessatoria di transito, durante i passaggi in corridoio e nel percorso verso l’edificio del fotosegnalamento, consistente nell’obbligare gli arrestati a tenere la testa abbassata sin quasi all’altezza delle ginocchia e/o nel torcere dolorosamente loro uno o entrambe le braccia dietro la schiena;

6) altre posizioni vessatorie, quali, per es., quella c.d. della “ballerina”, consistente nel restare in piedi, in equilibrio sulle punte dei piedi o su una gamba sola (si vedano, tra le tante , le dichiarazioni di Borgo, Otero Balado, Rossomando Massimiliano) o quella rappresentata dal restare per ore con le mani strette dai “laccetti” di plastica (cfr. per es., deposizioni di Mazzoli, Bonnecase);

7) obbligo di rimanere nelle suddette posizioni imposto anche alle persone ferite o che, comunque, si trovavano in stato di menomazione fisica (per tutti, emblematici i casi della Kutschkau, gravemente sofferente per la frattura della mandibola e di vari denti provocatale nel corso dell’irruzione alla scuola Diaz, di De Munno, giunto a Bolzaneto con un piede fratturato, di Tabbach, costretto a restare in piedi per diverse ore contro il muro nonostante fosse portatore di protesi a una gamba);

8) percosse in tutte le parti del corpo, compresi i genitali, ( con conseguenti lesioni in vari casi ) inferte con le mani coperte da pesanti guanti di pelle nera e con i manganelli, in tutti i locali della palazzina adibita a celle, dall’atrio, al corridoio, alle celle, ai bagni, sia per costringere gli arrestati a mantenere la posizione vessatoria loro imposta ( in cella, in corridoio e nell’atrio ) sia senza apparente motivo ovvero quale reazione a richieste di poter conferire con un magistrato o un avvocato ( si veda il caso di Devoto), di essere accompagnati in bagno con sollecitudine o, ancora, di conoscere il motivo del fermo o dell’arresto;

9) spruzzi di sostanze urticanti o irritanti nelle celle, che hanno anche comportato, nel caso di Leone Katia, verificatosi nella giornata del sabato 21 luglio, un malore accompagnato da forti conati di vomito ( episodio riferito non soltanto dalla diretta protagonista, ma da numerose parti lese compagne di cella, quali la Grippaudo, la Flagelli, il De Vito, il Gagliastro, l’Amodio e confermato dall’imputato Toccafondi, che era intervenuto per prestare le necessarie cure alla Leone);

10) insulti di ogni tipo, da quelli a sfondo sessuale, diretti in particolare alle donne ( puttane, troie), a quelli razzisti ( cfr. dichiarazioni di Anerdi, Francisco, dileggiato per il colore della pelle) a quelli di contenuto politico ( comunisti merde, zecche comuniste, rossi bastardi, siete peggio della merda, bastardi comunisti), minacce, che variavano da quelle di percosse e, addirittura, di morte, a quelle di stupro ( cfr. deposizione Subri), costrizioni a pronunciare frasi lesive della proprie dignità personale, quali “sono una merda” ( Rossomando Angelo) e frasi o inni al fascismo, al nazismo, a Mussolini e Hitler, a sfilare lungo il corridoio facendo il saluto “romano” e il passo c.d. “dell’oca” ( cfr. dichiarazioni, tra le molte, di Subri, Lupi, Aveni, Carcheri Alessandro. Nebot, Percivati), a ascoltare il motivo di “Faccetta nera”, suonato forse con un telefono cellulare, e frasi antisemite e ineggianti ai regimi fascista e nazista e alla dittatura del generale Pinochet: queste ultime espressioni di carattere politico, già di per sé intollerabili sulla bocca di appartenenti a Forze di polizia di uno Stato democratico, che pone il ripudio del nazifascismo tra i valori della propria Costituzione, sono risultate, nella situazione specifica, tanto più ripugnanti e vessatorie in quanto dirette contro persone tutte appartenenti, sia pure con sfumature e posizioni differenti tra loro, a un’area politico-sociale che si ricollega ai principi del pacifismo, dell’antifascismo e dell’antirazzismo;

11) taglio forzato dei capelli ( cfr., sul punto, dichiarazioni della Ender e della Hager Morgan) e distruzione di oggetti personali ( per es. cellulari, monili etc);

12) sottoposizione degli arrestati a lunghe attese prima di essere accompagnati ai bagni, tanto da costringere molti di loro a urinarsi addosso ( per tutte, dichiarazioni della parte offesa Tangari);

13) marchiatura su una guancia, con un pennarello colorato, degli arrestati alla scuola “Diaz”, come se non di persone si trattasse, bensì di capi di bestiame o di imballaggi di merci.

L’elenco delle condotte criminose poste in essere in danno delle persone arrestate o fermate transitate nella caserma di Bolzaneto nel giorni compresi tra il 20 e il 22 luglio 2001 consente di concludere, senza alcun dubbio, come ci si trovi dinanzi a comportamenti che rivestono, a pieno titolo, i caratteri del trattamento inumano e degradante e che, quantunque commessi da un numero limitato di autori, che hanno tradito il giuramento di fedeltà alle leggi della Repubblica Italiana e, segnatamente, a quella che ne costituisce la Grundnorme, la Carta Costituzionale, e in una particolare ( e si spera irripetibile) situazione ambientale, hanno, comunque, inferto un vulnus gravissimo, oltre a coloro che ne sono stati vittime, anche alla dignità delle Forze della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria e alla fiducia della quale detti Corpi devono godere, in virtù della meritoria attività quotidiana svolta dalla stragrande maggioranza dei loro appartenenti, nella comunità dei cittadini”.


“(…) In realtà, purtroppo, il limite del presente processo è rappresentato dal fatto che, quantunque ciò sia avvenuto non per incompletezza nell’indagine, che è stata, invece, lunga, laboriosa e attenta da parte dell’ufficio del P.M., ma per difficoltà oggettive ( non ultima delle quali, come ha evidenziato la Pubblica Accusa, la scarsa collaborazione delle Forze di Polizia, originata, forse, da un malinteso “spirito di corpo”) la maggior parte di coloro che si sono resi direttamente responsabili delle vessazioni risultate provate in dibattimento è rimasta ignota (…)”.

sabato

La rabbia degli studenti di Messina

Ricevo, pubblico e mi arrabbio:

Occuparsi dei disastri dell'università di Messina ultimamente sta diventando un hobby,e non mi riferisco nè a voi nè a Santoro,ma a chi si permette di accusare la totalità degli studenti di quest'ateneo di omertà quando è palese che siano le vittime assolute di questo sistema.Penso che in questo contesto sarebbe ancora più significativo parlare dei fatti di ieri.Vi faccio un breve riassunto.

In vista dello sciopero nazionale del 12 dicembre,il movimento studentesco cittadino contro la l.133 aveva organizzato un corteo di protesta nelle vie del centro fino ad arrivare alla stazione.I lavoratori dell'atm,l'azienda trasporti pubblica,in lotta da tempo per la mancata corresponzione di tre mensilità,avrebbero dovuto partecipare al corteo e nella giornata di ieri,tra le 4 e le 10 del mattino,hanno attuato una forma di protesta piuttosto radicale,occupando i traghetti e le linee ferroviarie.Forse per evitare che l'episodio si ripetesse,malgrado fosse impossibile bloccare qualcosa che era già bloccato da ore per il maltempo (a testimonianza si potevano chiamare in causa gli autisti dei 400 tir bloccati in coda per le strade della città dal mattino),forse per le linee politiche di repressione del dissenso del nuovo vicequestore cittadino,al corteo,che si svolge pacificamente sotto una pioggia torrenziale che determina un'affluenza ridotta (circa 50 persone),le forze dell'ordine superano di gran lunga il numero dei partecipanti.Giunti all'università centrale il corteo si scioglie e si indice un'assemblea in un'aula della facoltà di giurisprudenza (contigua al rettorato),il cui uso da parte del movimento era stato garantito in precedenza proprio dal rettore e dai suoi portavoce.Poco dopo l'inizio dell'assemblea,una decina di poliziotti entra nell'aula intimandoci di lasciare quei locali,poichè l'autorizzazione ricevuta è in contrasto con la tesi di un delegato del rettore che asserisce di essersi appena consultato con il Magnifico e che lui abbia espresso chiaramente la volontà di non concederci lo spazio.

A quel punto gli studenti decidono di chiedere chiarimenti al rettore stesso su questo repentino,quasi umorale,cambiamento d'opinione.Serpeggia il sospetto che sia legato all'intenzione del movimento di prendere una posizione unitaria sulle vicende giudiziarie che coinvolgono proprio il Magnifico in un'assemblea pubblica.Ma è evidente che non è possibile aprire un dialogo sull'argomento,posto che,oltre a seguirci e tentare di mimetizzarsi in mezzo a noi,la polizia,ma soprattutto il vicequestore di Messina,sceso in prima linea contro questi 20 o 30 studenti facinorosi bagnati come dei pulcini e tremanti per il vento freddo,blocca tutte le porte del rettorato e anche i cancelli laterali che ne permettono l'uscita.Siamo in trappola nel cortile,sotto il diluvio perchè non ci è permesso entrare nei locali della nostra università,ma nemmeno uscirne.Se la Chiesa ha rinnegato il limbo è evidente che la questura di Messina vuole ripristinarlo,non concependo alternative a quel ridicolo sequestro di fatto che ci lascia sulle scale (nè fuori,nè dentro).Alla nostra richiesta di spiegazioni sull'ostruzione di ogni porta tale da non consentire l'ingresso dei dipendenti dell'università nè l'uscita dei partecipanti ad un convegno che nel frattempo si svolge nei locali della facoltà di giurisprudenza ci viene risposto che il rettore non "ci vuole e non ci può ricevere".Intanto la situazione degenera (sempre e solo dialetticamente) fino all'affermazione di un poliziotto secondo cui per entrare all'università abbiamo bisogno di "un'autorizzazione scritta del rettore e della polizia!".A questo punto,convinti che quella forma di controllo/persecuzione sia legata ad un fraintendimento sulle sorti del corteo che la polizia crede sia ancora in corso,proclamiamo ufficialmente sciolto il corteo e decidiamo di disperderci artificiosamente in modo da non avere più bisogno,nè diritto,a quello straordinario schieramento di forze dell'ordine.Il ragazzo che prima cercava di dialogare,dopo essere stato minacciato viene seguito e fatto oggetto di identificazione per due volte consecutive.Quando torniamo alle porte la polizia resiste sulle sue posizioni e al secco rifiuto stavolta si accompagna la chiusura delle porte stesse.

Quindi,con un gruppo ulteriormente sfoltito,decidiamo di recarci al convegno organizzato dal Cesv di Messina su integrazione e solidarietà con le minoranze straniere.Tanto per cambiare ci viene negato l'accesso anche li.I casi sono tre:o L'Italia non è più un Paese libero,o l'Università ha già smesso di essere pubblica,o siamo in uno stato di polizia senza palesi dichiarazioni ufficiali in merito.Non solo non possiamo transitare all'interno dei locali della sede centrale nemmeno per usufruire dei servizi igienici (a me personalmente viene richiesto di "cercare una soluzione alternativa"),ma non ci è data la possibilità di seguire un convegno che dovrebbe essere destinato a noi.Anche li,la polizia chiude le porte d'ingresso.D'altronde già in precedenza ci era stato bloccato l'ingresso al rettorato,proprio il giorno di un'assemblea generale d'ateneo autorizzata,per cui abbiamo dovuto sfruttare un ingresso laterale chiuso dagli agenti dopo qualche minuto con catena e lucchetto.Una ragazza telefona a suo padre,uno dei relatori dell'incontro,il prof.Mantineo,chiedendogli di scendere a prenderci,dato che per qualche motivo non siamo autorizzati a prendere parte ai lavori.Il prof viene all'ingresso e inizia a parlare con il vice questore davanti a noi,ma quest'ultimo provvede tempestivamente a far sbarrare la porta tra noi e la discussione con Mantineo.Sarà proprio l'intervento del professore,che si reca a colloquio con il magnifico rettore per ricordargli caldamente che l'Università è degli studenti,che verremo ammessi,chiaramente scortati fin dentro l'aula,alla conferenza,dopo la quale saremo portati fuori dove ancora aspettano le camionette e gli agenti in tenuta antisommossa.

Spero che qualcuno saprà dirmi non solo che democrazia c'è in questo sistema ma anche in quale parte gli studenti del movimento risultano silenziosi,omertosi o conniventi.

Uno studente.

lunedì

Undici euro di giustizia.

Faceva la cassiera in un supermercato.
E’ sola ed ha due figli.
Lei non ha il marito perché è andato via tanti anni fa.
I ragazzi studiano e lei deve pagare l’affitto, le bollette e comprare da mangiare.
Sopravvive alla disperazione di ogni giorno.
Un giorno aveva concluso il suo turno.
Le sue quattro ore seduta a far pagare la gente.
E’ in quel supermercato da vent’anni.
Compra qualcosa prima d’andare via.
Ha la borsa, l’ombrello e le buste della spesa.
Deve correre per prendere l’autobus.
Non può perdere tempo. Saluta i colleghi e si avvia all’uscita.
Saluta anche il ragazzo dell’anti-taccheggio.
Attraversa il parcheggio. Non piove.

Si sente presa per una spalla.
Il ragazzo non è di qua lo capisce dall’accento. Forse di Catania.
Vuole vedere le buste della spesa e lo scontrino.
Qualcosa non và.
Sente il sangue arrivare alla testa come ferro fuso.

Ci sono due shampoo non scontrinati.
Il ragazzo la invita a seguirla. Lei pensa ai suoi figli.
Ha una gran voglia di casa.
Vede le facce serie e rigorose dei suoi superiori. Telefonano tutti.

Ora è seduta in un ufficio e tutti con tono minaccioso le fanno domande. Vorrebbe andare via, dai suoi figli, nella sua casa.
Arrivano le voci concitate dalla sala.
Bussano alla porta d’alluminio dell’ufficio.
Due poliziotti in divisa entrano e parlano con il ragazzo dell’antitaccheggio prima e con il direttore poi.
Le lacrime ora scendono silenziose.
Le labbra sillabano i nomi dei figli.
La invitano ad alzarsi.
Undici euro non pagati.
Il direttore si avvicina con un foglio.
Prima di andare in questura metta una firma qui.
E’ la sospensione dal lavoro.

Nel foglio c’era scritto qualcosa sulla fiducia e sul lavoro dipendente. Sospesa. Niente stipendio.

Undici euro e la macchina della polizia che se la porta via.

Si interrompe il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Sospensione immediata.

Viene a mancare un elemento fondamentale del lavoro dipendente.
Non ci fidiamo più quindi vai a casa. Poi si vedrà.
Quando la giustizia farà il suo corso si deciderà.

Eppure, riflettendoci, quanta poca fiducia si nutre nei confronti di alcuni nostri rappresentanti politici, o nei riguardi di alti funzionari di questo stato.
Perché se uno di questi viene rinviato a giudizio o ancora condannato in primo e secondo grado, può continuare a svolgere un’attività per la quale la fiducia è condizione essenziale?
Si può essere garantisti con i potenti e giustizialisti con i deboli?

Perché una donna per undici euro viene sospesa dal suo lavoro (conseguenza giuridicamente valida e moralmente ineccepibile) senza attendere il corso della giustizia, mentre parlamentari, amministratori pubblici, professori e rettori, primari e funzionari, possono continuare a svolgere la propria attività ed a percepire lo stipendio?

Certo la Legge consentirà tutto questo, ma quella donna oggi, nella buia sofferenza del rimorso, senza più il suo stipendio sospeso per giusta causa, forse penserà che la Legge non è uguale per tutti.




sabato

Di tutto non sappiamo niente.


Un uomo costretto a suicidarsi per ottenere giustizia.
Si apre il bailamme tra mafia ed antimafia, tra diritto e favore.
Tra convenienze e sospetti.
Si aprono fascicoli e si chiudono speranze.

Una sentenza su un avvenimento che rappresenta la “gestione deviata ” della forza di questo stato, assolve tutti.
Genova da inserire tra gli scheletri nell’armadio di questa repubblica.
Tra le storie di giustizia negata.
Tra i fascicoli su Ustica, l’agenda rossa di Paolo Borsellino e i grembiulini da massoni.

Berlusconi
gioca a “cucù” pensando come sempre di vivere in un film dei Vanzina. E’ la simpatica performance di un attore o la pessima rappresentazione di un paese governato da buffoni?

I ragazzi occupano e sfilano ma piano i media li abbandonano come una bomba in medio oriente.
Loro acquisiscono coscienza ma in troppi li ignorano. Sono ragazzi...

In molte città d’Italia si alternano manifestazioni di protesta di lavoratori senza stipendi da tre mesi o per chiusure di stabilimenti.
I Comuni e le Prefetture sono la meta dei cortei.
Ma in alto si continua a tagliare, pensando di poterci ancora far credere che la crisi è per gli altri.
Per vincere le elezioni si taglia l'ICI e si blocca la vendita di Alitalia, negando il diritto al lavoro a migliaia di cittadini.

Nelle università e nella sanità ci sono troppi sprechi.
Allora si diminuiscono gli investimenti.
Perché si ammette di essere incapaci.
Si da atto che gli sprechi non si riescono a fermare, le ruberie ed il malaffare nelle istituzioni sono più forti di una giustizia diroccata, ed allora niente più soldi, o meglio meno soldi da rubare.

Le parentopoli e gli appalti di costruzioni, forniture di beni e servizi sfuggono dai controlli.
Del resto alcuni professori dicono che non c’è niente di male se il figlio di un professore fa il professore.
Non è reato.
Come non lo era affidare l’appalto per l’informatizzazione di un policlinico universitario al fratello del rettore e via dicendo.
Non si può vietare per legge la baronia.
Che ve ne siete accorti ora? E’ sempre stato così.

Intanto 7 università del sud attraverso una società consortile si apprestano a ricevere dall'Europa decine di milioni di euro per un piano di ricerca.
Loro e qualche privato.
Qualche società privata e i vertici delle università firmeranno la quietanza.
Loro insieme. altri soldi da gestire ed altri figli da sistemare.

Le stesse università che l’onorevole Barbareschi sostiene rappresentino la “questione meridionale” nella sua arretratezza e nella sua visione assistenziale. Perché secondo lo stesso attore, al nord si lavora, si innova, si inventae va tutto bene.
Barbareschi ma va a cagare…

Intanto in televisione si parla ancora del delitto di Erba o di Perugia con approfondimenti sui film di natale.

Questo ho visto in questi giorni.

Di questo avrei voluto parlare, ma sono consapevole che tra qualche giorno i riflettori si sposteranno su altro.
Altro inchiostro verrà usato per riparlare di alimenti contaminati, di extracomunitari che rubano e i soliti lavoratori precari che manifestano.
L’informazione spicciola verrà così sempre alimentata.
Sempre qualcosa di nuovo che possa non far pensare a ciò che è successo qualche giorno prima.
E se qualcosa di nuovo manca ci sarà sempre l’omicidio di provincia da spolverare.

L’informazione rapida e veloce che non lascia il segno. Non deve.
Non ci si può permettere di andare a fondo, di riflettere.
Abbiamo nozioni di tutto ciò che ci viene illustrato.
Ma di tutto non sappiamo niente.

Questo è il trucco per perpetrare un sistema che si auto-immunizza.
Di tutto questo avrei voluto parlare ma di tutto questo non ne conosco niente.