mercoledì

Tortura responsabile.




Tra una sentenza “soft” di primo grado che alleggerisce le posizioni di poliziotti e vertici della Polizia in merito a quei fatti che nella stessa sentenza vennero etichettati come “Tortura” commessi dalle forze dell’ordine nell’irruzione alla Diaz durante il G8 di Genova ,  ed una di secondo grado più dura, che ribalta la prima in fatto di condanne e responsabilità il governo come è nel suo stile, predilige la prima.

La pena piu' pesante, cinque anni, e' stata inflitta a Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma, già condannato a quattro anni in primo grado. Quattro anni ciascuno a Francesco Gratteri, ex direttore dello Sco e attuale dirigente dell'Anticrimine e a Giovanni Luperi, ex vice direttore Ucigos e oggi all'Agenzia per le informazioni e la sicurezza interna; entrambi erano stati assolti in primo grado. 
Tre anni e otto mesi sono stati inflitti Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova e oggi questore vicario a Torino, anch'egli assolto in primo grado. 
Sono passate da tre anni a quattro anni le pene per i "picchiatori" materiali, mentre per coloro che firmarono i verbali e che erano stati assolti in primo grado, la corte ha stabilito pene per tre anni e otto mesi ciascuno.

Per il sottosegretario all'Interno Mantovano, sarà la Cassazione a ristabilire "l'esatta proporzione dei fatti e sciogliere ogni ombra su fior di professionisti della sicurezza".
Per Cicchitto invece "Ha vinto la tesi più estrema dei no-global".

Insomma come sempre gli esponenti del governo intervengono pesantemente sulle scelte della magistratura con quelli che sembrano avvertimenti alla Corte di Cassazione a cui spetterà l’ultima decisione.
Tutti i condannati resteranno al loro posto rassicura il sottosegretario. 
Sono professionisti che svolgono i loro compiti con responsabilità e dedizione. 
Certo c’è anche da considerare che il governo che oggi afferma che questa sentenza non è l’ultima parola sulla macelleria messicana è dello stesso colore e guidato grosso modo dagli stessi uomini che nel 2001 gestirono il G8.

Da non trascurarsi infine un altro dettaglio sottile e perverso. 
Il sottosegretario Mantovano è stato magistrato anche di cassazione e dovrebbe quindi sapere che le sentenze della corte di cassazione non possono entrare nel merito delle condanne poiché la suprema corte non giudica sul fatto, ma sul diritto, è quindi giudice di legittimità: ciò significa che non può occuparsi di riesaminare le prove, bensì può solo verificare che sia stata applicata correttamente la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia svolto secondo le regole.

Quindi appare evidente che ristabilire “l’esatta proporzione dei fatti” in terzo grado sarà impossibile a meno di non sperare nella prescrizione.

I fatti dunque sono incontrovertibili, 63 ragazzi furono torturati e chi li torturò lo fece con responsabilità e dedizione con la benedizione del governo.

martedì

Un altro tassello del Caso Messina

Riportiamo di seguito la notizia della condanna dell'imprenditore Salvatore Siracusano pubblicata da imgpress.
Si compone attraverso il posizionamento dell'ennesimo tassello, il disegno criminale che ha fatto di Messina l'esempio del patto tra Stato ed antistato. 
La vicenda sullo sfondo è quella che riguarda la gestione dei collaboratori di giustizia da parte di alcuni magistrati.
Ma come sempre in Sicilia la commedia è corale. Magistrati, collaboratori, forze dell'ordine, imprenditori ed avvocati.
Ognuno con il suo ruolo. Ognuno con il suo tornaconto. Si alza un polverone, si depista e si comprano i testimoni. Ogni sforzo teso a confondere e pilotare ogni cosa. 
Questa è la zona grigia di cui parla Lo Forte. 
Questa è la Sicilia in cui ogni colore si mischia agli altri per rendere vano ogni tentativo di definire le tonalità.
Mafia ed antimafia, diritto e favore, guardie e ladri.

CONDANNATO SALVATORE SIRACUSANO: HA TENTATO DI CORROMPERE UN MARESCIALLO DEI CARABINIERI

(11/05/2010) - Alle 23.30 di ieri 10 maggio il Tribunale di Messina (presidente Alfredo Sicuro) ha emesso la sentenza nei confronti dei due imprenditori messinesi Salvatore Siracusano e Santino Pagano, imputati per avere indotto il Maresciallo dei carabinieri Biagio Gatto, a rendere false dichiarazioni nel processo a carico di Giovanni Lembo e Michelangelo Alfano, allora prendente presso il Tribunale di Catania. Come indicato nella requisitoria del pubblico ministero Antonino Nastasi (che ha richiesto la condanna del Siracusano ad anni 2 e mesi 6 e l’assoluzione per Pagano) le condotte di Siracusano miravano a delegittimare l’avvocato Ugo Colonna e a favorire l’imputato principale del processo in corso a Catania, l’ex magistrato della Direzione Nazionale Antimafia, Giovanni Lembo, poi condannato a cinque anni di reclusione. Il Tribunale di Messina, dopo gli interventi degli avvocati Veneto e Amendolia, accogliendo le richieste dell’accusa ha condannato Siracusano a un anno e otto mesi e assolto il Pagano. Il Tribunale ha anche condannato il Siracusano al risarcimento dei danni nei confronti dell’avvocato Ugo Colonna, costituitosi parte civile con l’avv. Giovanni Li Destri.

Le relazioni pericolose tra la Calcestruzzi spa e la trivella di Cannitello.


Che collegamento esiste tra l’ennesima inchiesta giudiziaria con tanto di arresti di boss e di funzionari e dirigenti della Calcestruzzi s.p.a. ed una trivella incendiata a Cannitello (RC)?

Che relazione esiste tra le sette aziende siciliane che producevano cemento poste sotto sequestro ed il mezzo meccanico che stava effettuando dei sondaggi geologici in un cantiere che il governo ha spacciato come il primo per la realizzazione del ponte sullo stretto?

Da un lato la mafia che cerca di imporre negli appalti pubblici e privati, la fornitura del calcestruzzo prodotto dalla Calcestruzzi s.p.a, con metodologie mafiose e lucrando pure sulla qualità del prodotto, che attraverso un processo informatico veniva impoverito e quindi depotenziato.
Dall’altro lato dello stretto le ‘ndrine che lanciano un chiaro segnale a chi di dovere per “ricordare” che loro ci sono e che senza loro non si può fare nulla.

La criminalità organizzata dunque agisce prima sul versante finanziario usando i suoi immensi patrimoni investendo e facendo attività d’impresa e poi utilizzando i metodi arcaici dell’intimidazione classica con tanto di fuoco e fiamme.
Le relazioni, i collegamenti insomma sono rappresentati dalle convergenze di interessi sugli appalti. 

Strade, autostrade e grandi opere. 
Appalti comunali, provinciali e regionali per finire con ministeri e comunità europea. 
Più sono difficili e più il guadagno è assicurato. 
I colossi internazionali delle costruzioni non fanno paura.
Le attenzioni della criminalità non si fermano più al subappalto del movimento terra, della fornitura di inerti o servizi di vigilanza. 
Si può puntare più in alto. 
Si comprano azioni e si controllano consigli di amministrazione. 
Poi di tanto in tanto, se serve, si ricorre al picciotto che incendia o spara.

Si sottoscrivono davanti alle telecamere protocolli di legalità tra ministero, prefetture ed aziende appaltanti. 
Si controlla la tracciabilità dei flussi finanziari e si definiscono le white list delle aziende con i requisiti in regola.

La mafia e la ‘ndrangheta osserva quasi con strafottenza questi vani tentativi di “blindare” e rendere inaccessibili le loro fonti di guadagno. 
Cosa nostra ha costruito ovunque in Italia, ha ucciso e distrutto, è colpevole di stragi e gestisce milioni di euro. La mafia se ne fotte. Perché loro nelle white list se vogliono ci arrivano comunque.

La mafia ha trattato allo stesso tavolo con lo stato imponendo i suoi termini, ha mandato per aria magistrati scomodi ed ha a libro paga interi pezzi di stato che gli consentono di depistare indagini ed aggiustare sentenze. Si è aggiudicata appalti ovunque e tiene in pugno politici e funzionari. Gestisce ospedali e cliniche, università e la grande distribuzione. 
Uscire allo scoperto o restare sommersa è solo un problema di opportunità. 
Ha conquistato quell’area grigia, quella parte immensa del nostro paese attraversata dal tarlo dell’illegalità e dell’impunità che risiede ovunque.

Intanto noi ci teniamo viadotti e ospedali che alla prima scossa di terremoto si sgretoleranno come polistirolo e famiglie sempre più potenti e insite nel sistemo economico mentre plauderemo ai proclami di ministri, sottosegretari e presidenti che ci diranno che da oggi in poi sarà diverso. 

Nella fitta ragnatela di relazioni e collegamenti che lega insieme, la mafia e gli affari, il picciotto con l’accendino ed il manager con la valigetta, il colosso europeo del cemento e la trivella di Cannitello,  anche la reclame politica dei governi di turno è un elemento fondamentale, come lo è una battuta di un attore scritta sul copione di una farsa.