domenica

Tortura di Stato

Depositate le motivazioni della sentenza sui fatti di Genova. (leggi tutto)

"premesso che la mancanza, nel nostro sistema penale, di uno specifico reato di “tortura” ha costretto l’ufficio del PM a circoscrivere le condotte inumane e degradanti ( che avrebbero potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di “tortura” adottata nelle convenzioni internazionali ) compiute in danno delle parti offese transitate nella caserma della P.S. di Ge-Bolzaneto durante i giorni del G8, condotte che questo Collegio ritiene pienamente provate”.


“(…) come in qualsiasi altro procedimento penale, anche in questo processo, quantunque celebrato in un’atmosfera caratterizzata da forti contrapposizioni politico-ideologiche sia sui mezzi di informazione che nell’opinione pubblica, sono stati portati a giudizio non situazioni ambientali o orientamenti ideologici, bensì, ovviamente, singoli imputati per specifiche e ben individuate condotte criminose loro attribuite nei rispettivi capi di imputazione, che costituiscono la via maestra da cui il giudicante non deve mai deviare.”


“(…) Dalla messe dei suddetti riscontri sono risultate pienamente provate le seguenti condotte tenute nel sito di Bolzaneto in danno degli arrestati e fermati:

1) insulti e percosse inflitti durante gli assembramenti di appartenenti alla varie forze di polizia presenti nella caserma, che si formavano all’arrivo dei gruppi di arrestati, sia pure non con sistematica frequenza, come è emerso in dibattimento, laddove diverse persone offese hanno riferito di non essere state oggetto di tale trattamento;

2) posizione vessatoria ( consistente nell’imposizione dello stazionamento in piedi, a gambe divaricate e braccia alzate diritte sopra la testa) nel cortile, contro il muro della palazzina dove erano situate le celle o contro la rete di recinzione del campo da tennis a essa prospiciente ovvero nei pressi della attigua palazzina dove si effettuavano le operazioni di fotosegnalamento;

3) passaggio nel corridoio tra due ali di agenti di diverse forze che percuotevano con schiaffi e calci, tentavano di far cadere a terra gli arrestati sgambettandoli, ingiuriavano e, spesso, sputavano;

4) posizione vessatoria di stazionamento in cella, che poteva essere o identica a quella che veniva fatta assumere in cortile ovvero in ginocchio con il viso rivolto alla parete e veniva fatta mantenere per ore e ore ( addirittura, in certi casi, per 10, 18, 20 ore e oltre ), senza possibilità di riposo o di sedere, se non per pochi minuti

5) posizione vessatoria di transito, durante i passaggi in corridoio e nel percorso verso l’edificio del fotosegnalamento, consistente nell’obbligare gli arrestati a tenere la testa abbassata sin quasi all’altezza delle ginocchia e/o nel torcere dolorosamente loro uno o entrambe le braccia dietro la schiena;

6) altre posizioni vessatorie, quali, per es., quella c.d. della “ballerina”, consistente nel restare in piedi, in equilibrio sulle punte dei piedi o su una gamba sola (si vedano, tra le tante , le dichiarazioni di Borgo, Otero Balado, Rossomando Massimiliano) o quella rappresentata dal restare per ore con le mani strette dai “laccetti” di plastica (cfr. per es., deposizioni di Mazzoli, Bonnecase);

7) obbligo di rimanere nelle suddette posizioni imposto anche alle persone ferite o che, comunque, si trovavano in stato di menomazione fisica (per tutti, emblematici i casi della Kutschkau, gravemente sofferente per la frattura della mandibola e di vari denti provocatale nel corso dell’irruzione alla scuola Diaz, di De Munno, giunto a Bolzaneto con un piede fratturato, di Tabbach, costretto a restare in piedi per diverse ore contro il muro nonostante fosse portatore di protesi a una gamba);

8) percosse in tutte le parti del corpo, compresi i genitali, ( con conseguenti lesioni in vari casi ) inferte con le mani coperte da pesanti guanti di pelle nera e con i manganelli, in tutti i locali della palazzina adibita a celle, dall’atrio, al corridoio, alle celle, ai bagni, sia per costringere gli arrestati a mantenere la posizione vessatoria loro imposta ( in cella, in corridoio e nell’atrio ) sia senza apparente motivo ovvero quale reazione a richieste di poter conferire con un magistrato o un avvocato ( si veda il caso di Devoto), di essere accompagnati in bagno con sollecitudine o, ancora, di conoscere il motivo del fermo o dell’arresto;

9) spruzzi di sostanze urticanti o irritanti nelle celle, che hanno anche comportato, nel caso di Leone Katia, verificatosi nella giornata del sabato 21 luglio, un malore accompagnato da forti conati di vomito ( episodio riferito non soltanto dalla diretta protagonista, ma da numerose parti lese compagne di cella, quali la Grippaudo, la Flagelli, il De Vito, il Gagliastro, l’Amodio e confermato dall’imputato Toccafondi, che era intervenuto per prestare le necessarie cure alla Leone);

10) insulti di ogni tipo, da quelli a sfondo sessuale, diretti in particolare alle donne ( puttane, troie), a quelli razzisti ( cfr. dichiarazioni di Anerdi, Francisco, dileggiato per il colore della pelle) a quelli di contenuto politico ( comunisti merde, zecche comuniste, rossi bastardi, siete peggio della merda, bastardi comunisti), minacce, che variavano da quelle di percosse e, addirittura, di morte, a quelle di stupro ( cfr. deposizione Subri), costrizioni a pronunciare frasi lesive della proprie dignità personale, quali “sono una merda” ( Rossomando Angelo) e frasi o inni al fascismo, al nazismo, a Mussolini e Hitler, a sfilare lungo il corridoio facendo il saluto “romano” e il passo c.d. “dell’oca” ( cfr. dichiarazioni, tra le molte, di Subri, Lupi, Aveni, Carcheri Alessandro. Nebot, Percivati), a ascoltare il motivo di “Faccetta nera”, suonato forse con un telefono cellulare, e frasi antisemite e ineggianti ai regimi fascista e nazista e alla dittatura del generale Pinochet: queste ultime espressioni di carattere politico, già di per sé intollerabili sulla bocca di appartenenti a Forze di polizia di uno Stato democratico, che pone il ripudio del nazifascismo tra i valori della propria Costituzione, sono risultate, nella situazione specifica, tanto più ripugnanti e vessatorie in quanto dirette contro persone tutte appartenenti, sia pure con sfumature e posizioni differenti tra loro, a un’area politico-sociale che si ricollega ai principi del pacifismo, dell’antifascismo e dell’antirazzismo;

11) taglio forzato dei capelli ( cfr., sul punto, dichiarazioni della Ender e della Hager Morgan) e distruzione di oggetti personali ( per es. cellulari, monili etc);

12) sottoposizione degli arrestati a lunghe attese prima di essere accompagnati ai bagni, tanto da costringere molti di loro a urinarsi addosso ( per tutte, dichiarazioni della parte offesa Tangari);

13) marchiatura su una guancia, con un pennarello colorato, degli arrestati alla scuola “Diaz”, come se non di persone si trattasse, bensì di capi di bestiame o di imballaggi di merci.

L’elenco delle condotte criminose poste in essere in danno delle persone arrestate o fermate transitate nella caserma di Bolzaneto nel giorni compresi tra il 20 e il 22 luglio 2001 consente di concludere, senza alcun dubbio, come ci si trovi dinanzi a comportamenti che rivestono, a pieno titolo, i caratteri del trattamento inumano e degradante e che, quantunque commessi da un numero limitato di autori, che hanno tradito il giuramento di fedeltà alle leggi della Repubblica Italiana e, segnatamente, a quella che ne costituisce la Grundnorme, la Carta Costituzionale, e in una particolare ( e si spera irripetibile) situazione ambientale, hanno, comunque, inferto un vulnus gravissimo, oltre a coloro che ne sono stati vittime, anche alla dignità delle Forze della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria e alla fiducia della quale detti Corpi devono godere, in virtù della meritoria attività quotidiana svolta dalla stragrande maggioranza dei loro appartenenti, nella comunità dei cittadini”.


“(…) In realtà, purtroppo, il limite del presente processo è rappresentato dal fatto che, quantunque ciò sia avvenuto non per incompletezza nell’indagine, che è stata, invece, lunga, laboriosa e attenta da parte dell’ufficio del P.M., ma per difficoltà oggettive ( non ultima delle quali, come ha evidenziato la Pubblica Accusa, la scarsa collaborazione delle Forze di Polizia, originata, forse, da un malinteso “spirito di corpo”) la maggior parte di coloro che si sono resi direttamente responsabili delle vessazioni risultate provate in dibattimento è rimasta ignota (…)”.

sabato

La rabbia degli studenti di Messina

Ricevo, pubblico e mi arrabbio:

Occuparsi dei disastri dell'università di Messina ultimamente sta diventando un hobby,e non mi riferisco nè a voi nè a Santoro,ma a chi si permette di accusare la totalità degli studenti di quest'ateneo di omertà quando è palese che siano le vittime assolute di questo sistema.Penso che in questo contesto sarebbe ancora più significativo parlare dei fatti di ieri.Vi faccio un breve riassunto.

In vista dello sciopero nazionale del 12 dicembre,il movimento studentesco cittadino contro la l.133 aveva organizzato un corteo di protesta nelle vie del centro fino ad arrivare alla stazione.I lavoratori dell'atm,l'azienda trasporti pubblica,in lotta da tempo per la mancata corresponzione di tre mensilità,avrebbero dovuto partecipare al corteo e nella giornata di ieri,tra le 4 e le 10 del mattino,hanno attuato una forma di protesta piuttosto radicale,occupando i traghetti e le linee ferroviarie.Forse per evitare che l'episodio si ripetesse,malgrado fosse impossibile bloccare qualcosa che era già bloccato da ore per il maltempo (a testimonianza si potevano chiamare in causa gli autisti dei 400 tir bloccati in coda per le strade della città dal mattino),forse per le linee politiche di repressione del dissenso del nuovo vicequestore cittadino,al corteo,che si svolge pacificamente sotto una pioggia torrenziale che determina un'affluenza ridotta (circa 50 persone),le forze dell'ordine superano di gran lunga il numero dei partecipanti.Giunti all'università centrale il corteo si scioglie e si indice un'assemblea in un'aula della facoltà di giurisprudenza (contigua al rettorato),il cui uso da parte del movimento era stato garantito in precedenza proprio dal rettore e dai suoi portavoce.Poco dopo l'inizio dell'assemblea,una decina di poliziotti entra nell'aula intimandoci di lasciare quei locali,poichè l'autorizzazione ricevuta è in contrasto con la tesi di un delegato del rettore che asserisce di essersi appena consultato con il Magnifico e che lui abbia espresso chiaramente la volontà di non concederci lo spazio.

A quel punto gli studenti decidono di chiedere chiarimenti al rettore stesso su questo repentino,quasi umorale,cambiamento d'opinione.Serpeggia il sospetto che sia legato all'intenzione del movimento di prendere una posizione unitaria sulle vicende giudiziarie che coinvolgono proprio il Magnifico in un'assemblea pubblica.Ma è evidente che non è possibile aprire un dialogo sull'argomento,posto che,oltre a seguirci e tentare di mimetizzarsi in mezzo a noi,la polizia,ma soprattutto il vicequestore di Messina,sceso in prima linea contro questi 20 o 30 studenti facinorosi bagnati come dei pulcini e tremanti per il vento freddo,blocca tutte le porte del rettorato e anche i cancelli laterali che ne permettono l'uscita.Siamo in trappola nel cortile,sotto il diluvio perchè non ci è permesso entrare nei locali della nostra università,ma nemmeno uscirne.Se la Chiesa ha rinnegato il limbo è evidente che la questura di Messina vuole ripristinarlo,non concependo alternative a quel ridicolo sequestro di fatto che ci lascia sulle scale (nè fuori,nè dentro).Alla nostra richiesta di spiegazioni sull'ostruzione di ogni porta tale da non consentire l'ingresso dei dipendenti dell'università nè l'uscita dei partecipanti ad un convegno che nel frattempo si svolge nei locali della facoltà di giurisprudenza ci viene risposto che il rettore non "ci vuole e non ci può ricevere".Intanto la situazione degenera (sempre e solo dialetticamente) fino all'affermazione di un poliziotto secondo cui per entrare all'università abbiamo bisogno di "un'autorizzazione scritta del rettore e della polizia!".A questo punto,convinti che quella forma di controllo/persecuzione sia legata ad un fraintendimento sulle sorti del corteo che la polizia crede sia ancora in corso,proclamiamo ufficialmente sciolto il corteo e decidiamo di disperderci artificiosamente in modo da non avere più bisogno,nè diritto,a quello straordinario schieramento di forze dell'ordine.Il ragazzo che prima cercava di dialogare,dopo essere stato minacciato viene seguito e fatto oggetto di identificazione per due volte consecutive.Quando torniamo alle porte la polizia resiste sulle sue posizioni e al secco rifiuto stavolta si accompagna la chiusura delle porte stesse.

Quindi,con un gruppo ulteriormente sfoltito,decidiamo di recarci al convegno organizzato dal Cesv di Messina su integrazione e solidarietà con le minoranze straniere.Tanto per cambiare ci viene negato l'accesso anche li.I casi sono tre:o L'Italia non è più un Paese libero,o l'Università ha già smesso di essere pubblica,o siamo in uno stato di polizia senza palesi dichiarazioni ufficiali in merito.Non solo non possiamo transitare all'interno dei locali della sede centrale nemmeno per usufruire dei servizi igienici (a me personalmente viene richiesto di "cercare una soluzione alternativa"),ma non ci è data la possibilità di seguire un convegno che dovrebbe essere destinato a noi.Anche li,la polizia chiude le porte d'ingresso.D'altronde già in precedenza ci era stato bloccato l'ingresso al rettorato,proprio il giorno di un'assemblea generale d'ateneo autorizzata,per cui abbiamo dovuto sfruttare un ingresso laterale chiuso dagli agenti dopo qualche minuto con catena e lucchetto.Una ragazza telefona a suo padre,uno dei relatori dell'incontro,il prof.Mantineo,chiedendogli di scendere a prenderci,dato che per qualche motivo non siamo autorizzati a prendere parte ai lavori.Il prof viene all'ingresso e inizia a parlare con il vice questore davanti a noi,ma quest'ultimo provvede tempestivamente a far sbarrare la porta tra noi e la discussione con Mantineo.Sarà proprio l'intervento del professore,che si reca a colloquio con il magnifico rettore per ricordargli caldamente che l'Università è degli studenti,che verremo ammessi,chiaramente scortati fin dentro l'aula,alla conferenza,dopo la quale saremo portati fuori dove ancora aspettano le camionette e gli agenti in tenuta antisommossa.

Spero che qualcuno saprà dirmi non solo che democrazia c'è in questo sistema ma anche in quale parte gli studenti del movimento risultano silenziosi,omertosi o conniventi.

Uno studente.

lunedì

Undici euro di giustizia.

Faceva la cassiera in un supermercato.
E’ sola ed ha due figli.
Lei non ha il marito perché è andato via tanti anni fa.
I ragazzi studiano e lei deve pagare l’affitto, le bollette e comprare da mangiare.
Sopravvive alla disperazione di ogni giorno.
Un giorno aveva concluso il suo turno.
Le sue quattro ore seduta a far pagare la gente.
E’ in quel supermercato da vent’anni.
Compra qualcosa prima d’andare via.
Ha la borsa, l’ombrello e le buste della spesa.
Deve correre per prendere l’autobus.
Non può perdere tempo. Saluta i colleghi e si avvia all’uscita.
Saluta anche il ragazzo dell’anti-taccheggio.
Attraversa il parcheggio. Non piove.

Si sente presa per una spalla.
Il ragazzo non è di qua lo capisce dall’accento. Forse di Catania.
Vuole vedere le buste della spesa e lo scontrino.
Qualcosa non và.
Sente il sangue arrivare alla testa come ferro fuso.

Ci sono due shampoo non scontrinati.
Il ragazzo la invita a seguirla. Lei pensa ai suoi figli.
Ha una gran voglia di casa.
Vede le facce serie e rigorose dei suoi superiori. Telefonano tutti.

Ora è seduta in un ufficio e tutti con tono minaccioso le fanno domande. Vorrebbe andare via, dai suoi figli, nella sua casa.
Arrivano le voci concitate dalla sala.
Bussano alla porta d’alluminio dell’ufficio.
Due poliziotti in divisa entrano e parlano con il ragazzo dell’antitaccheggio prima e con il direttore poi.
Le lacrime ora scendono silenziose.
Le labbra sillabano i nomi dei figli.
La invitano ad alzarsi.
Undici euro non pagati.
Il direttore si avvicina con un foglio.
Prima di andare in questura metta una firma qui.
E’ la sospensione dal lavoro.

Nel foglio c’era scritto qualcosa sulla fiducia e sul lavoro dipendente. Sospesa. Niente stipendio.

Undici euro e la macchina della polizia che se la porta via.

Si interrompe il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Sospensione immediata.

Viene a mancare un elemento fondamentale del lavoro dipendente.
Non ci fidiamo più quindi vai a casa. Poi si vedrà.
Quando la giustizia farà il suo corso si deciderà.

Eppure, riflettendoci, quanta poca fiducia si nutre nei confronti di alcuni nostri rappresentanti politici, o nei riguardi di alti funzionari di questo stato.
Perché se uno di questi viene rinviato a giudizio o ancora condannato in primo e secondo grado, può continuare a svolgere un’attività per la quale la fiducia è condizione essenziale?
Si può essere garantisti con i potenti e giustizialisti con i deboli?

Perché una donna per undici euro viene sospesa dal suo lavoro (conseguenza giuridicamente valida e moralmente ineccepibile) senza attendere il corso della giustizia, mentre parlamentari, amministratori pubblici, professori e rettori, primari e funzionari, possono continuare a svolgere la propria attività ed a percepire lo stipendio?

Certo la Legge consentirà tutto questo, ma quella donna oggi, nella buia sofferenza del rimorso, senza più il suo stipendio sospeso per giusta causa, forse penserà che la Legge non è uguale per tutti.




sabato

Di tutto non sappiamo niente.


Un uomo costretto a suicidarsi per ottenere giustizia.
Si apre il bailamme tra mafia ed antimafia, tra diritto e favore.
Tra convenienze e sospetti.
Si aprono fascicoli e si chiudono speranze.

Una sentenza su un avvenimento che rappresenta la “gestione deviata ” della forza di questo stato, assolve tutti.
Genova da inserire tra gli scheletri nell’armadio di questa repubblica.
Tra le storie di giustizia negata.
Tra i fascicoli su Ustica, l’agenda rossa di Paolo Borsellino e i grembiulini da massoni.

Berlusconi
gioca a “cucù” pensando come sempre di vivere in un film dei Vanzina. E’ la simpatica performance di un attore o la pessima rappresentazione di un paese governato da buffoni?

I ragazzi occupano e sfilano ma piano i media li abbandonano come una bomba in medio oriente.
Loro acquisiscono coscienza ma in troppi li ignorano. Sono ragazzi...

In molte città d’Italia si alternano manifestazioni di protesta di lavoratori senza stipendi da tre mesi o per chiusure di stabilimenti.
I Comuni e le Prefetture sono la meta dei cortei.
Ma in alto si continua a tagliare, pensando di poterci ancora far credere che la crisi è per gli altri.
Per vincere le elezioni si taglia l'ICI e si blocca la vendita di Alitalia, negando il diritto al lavoro a migliaia di cittadini.

Nelle università e nella sanità ci sono troppi sprechi.
Allora si diminuiscono gli investimenti.
Perché si ammette di essere incapaci.
Si da atto che gli sprechi non si riescono a fermare, le ruberie ed il malaffare nelle istituzioni sono più forti di una giustizia diroccata, ed allora niente più soldi, o meglio meno soldi da rubare.

Le parentopoli e gli appalti di costruzioni, forniture di beni e servizi sfuggono dai controlli.
Del resto alcuni professori dicono che non c’è niente di male se il figlio di un professore fa il professore.
Non è reato.
Come non lo era affidare l’appalto per l’informatizzazione di un policlinico universitario al fratello del rettore e via dicendo.
Non si può vietare per legge la baronia.
Che ve ne siete accorti ora? E’ sempre stato così.

Intanto 7 università del sud attraverso una società consortile si apprestano a ricevere dall'Europa decine di milioni di euro per un piano di ricerca.
Loro e qualche privato.
Qualche società privata e i vertici delle università firmeranno la quietanza.
Loro insieme. altri soldi da gestire ed altri figli da sistemare.

Le stesse università che l’onorevole Barbareschi sostiene rappresentino la “questione meridionale” nella sua arretratezza e nella sua visione assistenziale. Perché secondo lo stesso attore, al nord si lavora, si innova, si inventae va tutto bene.
Barbareschi ma va a cagare…

Intanto in televisione si parla ancora del delitto di Erba o di Perugia con approfondimenti sui film di natale.

Questo ho visto in questi giorni.

Di questo avrei voluto parlare, ma sono consapevole che tra qualche giorno i riflettori si sposteranno su altro.
Altro inchiostro verrà usato per riparlare di alimenti contaminati, di extracomunitari che rubano e i soliti lavoratori precari che manifestano.
L’informazione spicciola verrà così sempre alimentata.
Sempre qualcosa di nuovo che possa non far pensare a ciò che è successo qualche giorno prima.
E se qualcosa di nuovo manca ci sarà sempre l’omicidio di provincia da spolverare.

L’informazione rapida e veloce che non lascia il segno. Non deve.
Non ci si può permettere di andare a fondo, di riflettere.
Abbiamo nozioni di tutto ciò che ci viene illustrato.
Ma di tutto non sappiamo niente.

Questo è il trucco per perpetrare un sistema che si auto-immunizza.
Di tutto questo avrei voluto parlare ma di tutto questo non ne conosco niente.

giovedì

Acque e polli vietati ma solo per privilegiati.


di Antonio Mazzeo


Arzano, Casal di Principe, Marcianise e Villa Literno. Da oggi questi quattro comuni dell’hinterland di Napoli e Caserta saranno off limits per i militari che operano nelle numerose installazioni dell’US Navy presenti in territorio campano.

Il Comando della Marina USA in Europa ha infatti emesso un ordine di “sospensione temporanea degli affitti” per il proprio personale, a seguito dei risultati dei test sulle acque erogate dagli acquedotti di queste cittadine. Le analisi, eseguite dal “Navy and Marine Corps Public Health Center” della Virginia, avrebbero infatti individuato la presenza di pericolosi agenti inquinanti. In particolare, a preoccupare particolarmente il Comando della Marina ci sarebbe l’individuazione di altissimi livelli di “componenti organiche volatili, bioprodotti presumibilmente derivanti da solventi industriali”. Acque ad altissimo rischio per la salute degli statunitensi che invece continuano ad essere distribuite alle popolazioni locali, utilizzate inoltre per irrorare le campagne dove vengono prodotti ortaggi e verdure e le aziende in cui si allevano i bufali per la produzione di latticini.

A seguito del provvedimento di sospensione, lo speciale ufficio dell’US Navy che cura le operazioni di affitto a favore del proprio personale congelerà la ricerca di abitazioni nei quattro comuni campani (erano già stati sottoscritti 34 compromessi di locazione), per rivolgersi verso altre località del napoletano “dove è stato evidenziato un basso livello di contaminazione”.
Attualmente nell’area sottoposta a divieto di residenza vivono circa 300 militari USA; secondo quanto precisato dal Comando dell’US Navy, essi “non saranno comunque costretti ad abbandonare forzatamente le loro abitazioni”. Storia diversa per il personale statunitense che vive a Casal di Principe, che invece dovrà lasciare immediatamente le abitazioni per la “scoperta di inaccettabili livelli di componenti organiche volatili nelle acque ad uso degli abitanti della città”. “In non tutte le abitazioni in cui sono stati effettuati i test – precisa il Comando della Marina USA di Napoli – sono stati rilevati limiti inaccettabili. Ma sino a quando le aree a forte rischio non potranno essere meglio definite, la prudenza vuole che si sospendano tutti i nuovi affitti”.
Il programma di analisi delle acque dei comuni campani in cui risiedono i militari USA di stanza presso il complesso aeronavale di Capodichino, fu avviato nel febbraio 2008; a luglio fu reso noto che in circa un quarto dei test eseguiti era stata accertata la presenza nelle acque di batteri, compresi coliformi totali e fecali. Allora le abitazioni a “rischio idrico” (29) si trovavano nei comuni di Caserta, Pozzuoli e ancora Casal di Principe e Villa Literno. Le analisi furono eseguite dai laboratori specializzati dell’Ospedale dell’US Navy di Napoli e da un laboratorio privato tedesco.

Non va meglio per la fornitura di polli freschi agli stores dei militari statunitensi. L’8 ottobre 2008 l’”Europe Regional Veterinay Command” ha infatti sospeso il milionario contratto con la nota società italiana Arena a seguito del rilevamento di “tracce di batteri coliformi nell’acqua utilizzata per lavare le parti di pollame che erano state spennate e sventrate”. Una seconda ispezione prevista per lo scorso 7 novembre è stata rinviata, probabilmente, ai primi mesi del prossimo anno. Nel frattempo i centri vendita della Marina USA in Campania saranno “off limits” per i polli Arena. Non i supermercati e i centri commerciali destinati ai napoletani.
Intanto il Pentagono ha nominato il nuovo Comandante delle forze navali USA in Europa. Si tratta dell’ammiraglio Bradley N. LeVault, sino ad oggi a capo della Joint Task Force dell’US Navy della base di Guantanamo, Cuba. LeVault s’insedierà a Napoli nell’aprile 2009 ed assumerà anche le funzioni di Comandante per le operazioni navali in Africa, a conferma del ruolo strategico assunto dalle basi in Italia per le future campagne statunitensi nel continente africano. Nel frattempo sarà guerra a falde idriche e pollami contaminati.

lunedì

Una storia da cancellare.

Sulla storia di Niki hanno scritto in molti, ed in tanti si sono preoccupati di diffonderla, ma nessuna parola può essere capace di descrivere la disperazione di una madre.

Una madre che non contesta un arresto o meglio una custodia cautelare.

Una madre che in modo assoluto si vede privata di suo figlio per strane circostanze.

Strani segni neri che coprono, nascondono, offuscano grossolanamente troppe vicende del nostro paese.

Qualcuno che forse nel tentativo di cancellare ogni cosa ha dimenticato l'indelebilità della disperazione.

Ed un'altra madre grida giustizia.

mercoledì

Il principe ed il ranocchio.

Gent.mo Avvocato Fabio Repici,

perché non la smette di andare in televisione, sulle reti nazionali per giunta, in trasmissioni di forte impatto sociale, per screditare la magistratura messinese.

Si è ritagliato la sua parte di notorietà conducendo battaglie che sembravano perse e nonostante ciò, continua a tirare calci?

Adesso poi si inventa il “rito peloritano”, formulando accuse generiche e indiscriminate sul sistema della giustizia nella città dello stretto e nella sua provincia.

Si sente forte delle sue amicizie con i giornalisti nazionali ed alcuni organi di informazione on line, senza rendersi conto però di aver urtato la sensibilità della Giunta messinese dell’ANM e della Camera Penale, mica Gianni e Pinotto.

Che qualcuno parli male del “verminaio” Messina, ci può anche stare, ma magari tra le mura domestiche, al bar con gli amici o su un blog sfigato.
In televisione davanti a milioni di italiani no, questo non è tollerabile.
Sa la gente, a quello che ascolta in televisione, ci crede.
Credono pure a Berlusconi…

Insomma basta con queste etichette, “rito peloritano”.
E’ vergogna!
Così va a finire che anche i messinesi incominciano a credere di vivere in una città in cui può capitare che dei magistrati “gestiscano” a proprio uso e consumo la Giustizia.

Li abbiamo sempre coccolati i nostri cittadini.
Con ogni mezzo gli abbiamo fatto credere che fossero gli abitanti di un’isola felice, la provincia babba, appunto.

Poi arriva lei, con le sue difese/accuse per Graziella Campagna, Attilio Manca ed Adolfo Parmaliana e tutte le altre oscure vicende della nostra bella terra e pretende di trovare verità e giustizia.

In questi scontri, c’è sempre qualcuno che perde, e la storia insegna che gli sconfitti non siamo mai noi.

Segua il nostro consiglio, si metta a difendere un bel boss, che di sicuro guadagna più soldi e vive anche più tranquillo.

Noi continueremo a gestire i nostri sudditi come abbiamo fatto per cinquant’anni regalando loro la luce delle luminarie per natale e l’oscurità sulle nostre vergogne.

Il Principe

martedì

Forza ragazzi!

Fino a pochi giorni fa in questo paese c’erano i giovani che non riuscivano a pensare al futuro.
Non avevano un futuro.
Potevano a malapena vivere il presente.

Ragazzi e ragazze nelle scuole e nelle università che pur sapendo che fuori non c’era nulla ad attenderli, potevano non sentirsi almeno l’ dei precari. Non avevano aspettative. Non c’erano rimedi per questo loro stato.
Erano inseriti in un moto fine a se stesso.
Non c’erano mete, punti d’arrivo o almeno per loro non era dato sperarci.

Poi un giorno qualcuno decide di “riformare” il presente di questa generazione delusa dalla società.
Qualcuno sbagliando crede che in questo paese tutto si può fare. Non occorrerà nemmeno agire come si faceva una volta, secondo i consigli di Cossiga. I metodi degli anni bui della nostra repubblica non servono.

Oggi si governa con la televisione.
Basterà annunciare a reti unificate che si ricorrerà alla forza pubblica. Tutto sarà semplice come è stato “riformare” giustizia e finanza.
Ma qualcosa non va come sperato dai governanti.
I giovani manifestano, occupano, gridano noncuranti delle minacce televisive.
Acquisiscono consapevolezza che il futuro esiste e forse si può anche provare a costruirlo. L’ordine incontrovertibile delle cose può subire un mutamento.
A spiegarglielo non sono i rappresentanti dell’opposizione, non sono i politici di mestiere.
Ad aprire gli occhi agli studenti sono i professori, i rettori, i ricercatori e gli scienziati.
Nessun riferimento ai precedenti movimenti studenteschi dei trascorsi decenni.
Non è una questione politica nonostante il regime etichetti tutto come pura strumentalizzazione.
E’ che la misura è colma.
E’ che più manifestano e più prendono coscienza di potercela fare. Vincere, conquistare, partecipare.
Il loro presente può rappresentare un cambiamento del futuro degli altri che verranno.
Sono tanti e, come è capitato a molti, si sentono forti. Nei loro cortei ci sono bandiere e striscioni di tutti i colori.
I colori li rappresentano, perché come loro sono diversi ma complementari e di certo non riguardano la scala cromatica dell’appartenenza politica.
A loro la politica ha solo tolto, sottratto, derubato la possibilità di sperare nel futuro. Così colorati e rumorosi, pacifici e spiritosi si sentono i “governati” che nei libri di testo si racconta, possono non legittimare i “governanti”.