martedì

La condanna di Dell'Utri e quel senso di vertigine.

Arriva la condanna. Confermato il concorso esterno. 
Dell’Utri per due gradi di giudizio è risultato colpevole.

Poco importa se la condanna è a nove o a sette anni di reclusione.
Poco importa se la verità giudiziaria si ferma al 1992.

Dell’Utri, l’ideatore e fondatore di Forza Italia è stato funzionale a Cosa Nostra. 
Insomma ad organizzare la discesa in campo del cavaliere senza macchia, fu un uomo vicino alle famiglie più importanti della mafia italiana.

In qualsiasi paese democratico l’avvenimento avrebbe scandalizzato tutti. Nessuno avrebbe cercato di difendere un uomo vicino alla mafia. 
Ma noi non siamo in un paese democratico.

Secondo il dispositivo della sentenza i collegamenti tra Dell’Utri e Cosa Nostra sono provati fino al 1992.

Come se non fosse ormai evidente che da Cosa Nostra non si esce così facilmente. 
Non si può smettere di fare “favori” in modo così semplice e veloce, neanche se si vuole. 
Gli omicidi di Salvo Lima ed Ignazio Salvo ne sono una prova.

Il concorso tra Dell’Utri e Cosa Nostra si interromperebbe prima della trattativa. Come se si potesse con tanta certezza stabilire il giorno esatto in cui questa ebbe inizio.

Ma cosa accadde prima del 1992?
Furono gli anni dei grandi investimenti della mafia al nord. 
Le grandi operazioni finanziarie e l’ampliamento dei confini delle attività economiche. 
“La mafia è entrata in borsa” disse Falcone.
I Graviano comandavano in Lombardia. 
A Milano accanto a Berlusconi c’era Dell’Utri.

Oggi si tenta di ricostruire quegli anni. 
Oggi si cerca di dare un volto a chi portò il nostro paese verso il baratro della verità tra il 1992 ed il ’93.
Forse non arriverà la sentenza della Cassazione a causa della prescrizione dei reati, ma le condanne di un sistema giudiziario che si tenta di rendere sempre più addomesticabile, sono una cosa, la verità è un’altra.

Ma in Italia la verità è solo un elemento di disturbo. 
Troppo abituati a non averla che il solo pensiero di poterla scorgere, ci scuote fino ad avere le vertigini. 

giovedì

Le cinque regole del buon pentito.





E’ mai possibile che ancora dopo tanti anni dall’istituzione della figura del collaboratore di giustizia non siano ben chiare le modalità su come mantenere detta qualifica?
Di seguito riportiamo un breve vademecum per il buon pentito:
1) Parlare velocemente durante gli interrogatori, magari camuffando un pò la voce e dovendo raccontare di fatti criminosi usate nomi di fantasia tipo Turi detto “topolino” o Ciccio detto “piterpan”

2) Se proprio dovete fare i nomi di qualcuno, fate quelli di piccoli criminali magari di un quartiere vicino al vostro, tipo topi d’auto o piccoli spacciatori.

3) Se vi chiedono di parlare di appalti dite che di queste cose  se ne occupava qualcun’altro e trovate il nome di qualcuno già ristretto nelle patrie galere con due o tre ergastoli definitivi.

4) Riguardo alle stragi del 92 e 93, se volete apparire credibili dite che il vostro referente era un certo “nome ad minchiam” legato ai servizi segreti, così non sbagliate di sicuro.

5) Ma soprattutto se vi chiedono di parlare dei referenti politici, attenzione perchè qui vi giocate tutto, citate ad esempio qualche detto siciliano tipo “la migliore risposta è quella che non si da”  ma non fate mai alcun nome, soprattutto se pensate di parlare di Dell'Utri e Berlusconi pena l’immediata esclusione dal programma di protezione.

Attenetevi dunque a queste semplici regole e vi aspetterà un futuro radioso sotto falsa identità.

mercoledì

Per Spatuzza la certezza della pena.


Chi parla muore.
Chi parla di certe cose soprattutto muore.

La condanna è inesorabile.

Prima si scredita il condannato poi si emargina ed infine qualcuno finirà il lavoro.

Come per il primo infiltrato nella storia di cosa nostra, Luigi Ilardo, nome in codice Oriente, anche per Gaspare Spatuzza arriva la sentenza.

La sua ammissione al programma di protezione viene rigettata.
Dopo aver in ogni modo tentato di rendere le sue dichiarazioni inutilizzabili, si passa alla fase due. Si lascia solo.
Il parere delle procure conta poco.

Da ogni fronte hanno cercato di distruggere la sua attendibilità.
Rappresentanti delle istituzioni tirati in ballo e boss di primo piano.

Dell’Utri e Graviano. Ognuno per una ragione. La propria.

Un collaboratore è certo però che la strada che ha deciso di percorrere non ha nessun bivio. Non sono ammessi cambi di direzione. 
Cosa nostra non lo perdonerà mai.
Così una voce che ha tentato di svelare la storia oscura degli ultimi dieci anni della nostra Repubblica viene bollata e lasciata in pasto alla vendetta.
Gli infami prima o dopo devono pagare il conto.

Un’ombra, l’ennesima, tenta di coprire sempre più la vicenda già oscura della trattativa Mafia- Stato, così da rendere sempre più difficile la ricerca della verità in questo capitolo che in modo più complesso ha visto lo Stato contro lo Stato.
Sullo sfondo la strage di Via D’Amelio.

Una trattativa che ha mietuto già numerose vittime. 
Alcuni finiti per aria ed altri invischiati in procedimenti giudiziari. 
Tutti messi a tacere.
La “giustizia” di Cosa Nostra non ammette sconti o amnistie e chi sbaglia alla fine paga.

martedì

Solidarietà a Tabularasa


 Oggi  Facebook ha  fatto sparire le pagine di “tabularasa”. Le pagine che portano il nome della rassegna di editoria di inchiesta e di denuncia che la nostra associazione Urba/strill.it ha messo su per il prossimo 19/22 luglio a Reggio Calabria. Niente più account, niente più fanpage e niente più pagina della rassegna

La bomba a Reggio per il ponte sullo stretto.


La bomba davanti alla Procura generale di Reggio Calabria con l'obiettivo di ''intimidire la magistratura in vista del piatto milionario del Ponte sullo Stretto''. E' quanto emerge dai contenuti della relazione che il procuratore generale di Reggio Calabria

Salvatore Di Landro, ha inviato al ministro della Giustizia Angelino Alfano, di cui scrive oggi il Sole 24Ore. Sul suo blog ''Guardie & ladri'', il giornalista Roberto Galullo, autore dell'articolo, ha iniziato a pubblicare il testo della relazione del magistrato. La bomba in procura, riporta il quotidiano, era stata annunciata da radio carcere. Le cosche avevano scartato la decisione di colpire un'avvocatessa, Giulia Dieni, parte civile nel processo ''Rende'', che aveva denunciato l'incompatibilita' del pm Francesco Neri nel processo, poi sostituito, per andare dritti all'obiettivo che e' quello dei lavori di costruzione del Ponte sullo Stretto. La relazione di Di Landro, riporta il quotidiano, ''apre scenari inquietanti, mette in fila gli avvenimenti e descrive la strategia della 'ndrangheta 'che reagisce chiaramente ad una non piu' tollerabile pressione della magistratura anche in vista di scenari futuri che prevedono possibili enormi arricchimenti illeciti quali ad esempio quelli per centinaia di milioni di euro connessi al prossimo erigendo Ponte sullo Stretto'''.(Ansa)

link:
Guardie & Ladri di Roberto Galullo
Strill.it

lunedì

Terra Venduta. Così uccidono la calabria. Il reportage di Claudio Cordova sui luoghi dei veleni.



- Dal torrente Oliva di Cosenza alla Pertusola di Crotone, da Cosoleto, nella Piana, a Melito di Porto Salvo, nella ionica, e, ancora, i segreti affondati nel mare, gli atti giudiziari, le dichiarazione dei pentiti, i dati ufficiali dei dipartimenti sanitari, le cifre di denaro attorno ai traffici illeciti di rifiuti e quelle delle morti per malattia sul territorio.

“Terra venduta – Così uccidono la Calabria – Viaggio di un giovane reporter sui luoghi dei veleni”, del giornalista Claudio Cordova per Laruffa Editore, è un’inchiesta diretta e coraggiosa che analizza i fatti e li intreccia a numeri spaventosi che descrivono una regione alla mercé della ’ndrangheta e attanagliata dalle malattie.

Le cosche, con alleanze impensabili e connivenze occulte, muovono un malaffare da milioni di euro. E uccidono il territorio sul piano dello sviluppo e, fatto ancora più grave, sotto il profilo della salute pubblica.    

Cordova ripercorre, con razionalità rigorosa e stile avvincente, i misteri insoluti delle navi avvelenate, della Pertusola, dei traffici d’armi, su rotte internazionali che, inevitabilmente e misteriosamente, finiscono per ritornare in Calabria. Soprattutto dà voce alla gente, ai comitati costituiti per chiedere la verità, alle storie individuali.

Informazioni e notizie puntuali, suffragate da riscontri documentali, dagli atti della Commissione parlamentare sui rifiuti, della DIA, di Legambiente e della magistratura, con una spietata e coraggiosa denunzia di omertà, omissioni, inerzie, negligenze dovute a pressioni di poteri occulti e a interessi enormi decisi a difendere i proventi illeciti con ogni mezzo, nessuno escluso (F. Imposimato).

Il libro, che gode del Patrocinio morale del Forum Nazionale dei Giovani e si avvale della prestigiosa prefazione del magistrato Ferdinando Imposimato, sarà presentato sabato prossimo, 5 giugno, alle ore 17, presso la sala del Palazzo della Provincia, a Reggio Calabria.

Oltre all’autore, interverranno: Omar Minniti, consigliere provinciale – Luigi De Sena, vicepresidente Commissione Parlamentare Antimafia – Angela Napoli, componente Commissione Parlamentare Antimafia – Giusva Branca, direttore responsabile Strill.it – Andrea Iurato, delegato Forum Nazionale dei Giovani – Nuccio Barillà, dirigente nazionale Legambiente – Roberto Laruffa, editore. Coordina Maria Teresa D’Agostino (Ufficio Stampa Laruffa).