lunedì

Sicilia, Palermo, mafia...

Pausa.
In questi giorni ho avuto l’ennesimo calo di
“valia”.
Non ho avuto voglia di scrivere.

Sono stato qualche giorno all’estero.
Una breve vacanza in Francia.
Ne sono tornato sconvolto.

All’aeroporto di Parigi, un sorridente tassista mi ha chiesto da dove venivo.
- Italia.
Sorridendo - ah bella l’Italia…
Ho aggiunto: Sicilia.
Lui allora si rabbuia e diviene di colpo serio: huu… Sicilia… camorra… mafia…

Io ho provato a spiegare che la Sicilia non è camorra, mafia…
Lui non ascoltava più. Aveva un’espressione diversa adesso.
Il mio francese non aiutava molto la comunicazione e con un po’ di rabbia ho smesso di parlare.

Poi anche in albergo il portiere guardando il documento, mi ha chiesto: - Messina… dove si trova?
In Sicilia.
Ha sollevato lo sguardo e annuendo con un movimento del capo ha aggiunto: - Sicilia, Palermo, mafia…
No guardi, la Sicilia non è proprio così. Ho risposto alzando molto il tono della voce.
Ma anche in questo caso la comunicazione si era già interrotta.

Cercavo in un francese molto stentato di spiegare che non funzionava così, Sicilia uguale a mafia.

Ho fatto il turista con lo zainetto sulle spalle e la macchina fotografica in mano.
Guardavo e mi nutrivo di un mondo diverso, di posti diversi e di gente diversa.
Dai tavolini dei bistrot si poteva vedere lo scorrere di migliaia di persone di tutte le razze, di tutti i colori e di ogni estrazione sociale.

In quelle strade ed in quei palazzi si muovevano uomini e donne che non conoscevano la mafia.
Ne avevano una lontana percezione come di un fenomeno che non li riguardava.

Sicilia…mafia.
Li invidiavo.

Certo i problemi li avevano anche loro.
La crisi, la politica del lavoro e l’immigrazione.
Ma niente di paradossalmente irrisolvibile.

Un mio amico parigino mi raccontava di una spaventosa crisi economica che stava colpendo in questi mesi la Francia, ma niente che potesse minare la fiducia nella giustizia come in Italia.
Qui i servizi funzionano.
Funzionano le scuole, i trasporti, la sanità e la giustizia appunto.
Ma ancor di più funziona, dato il periodo, l’informazione sempre attenta e libera.
Nelle loro strade, nei loro uffici pubblici, nei cantieri e nelle aziende non c’era la mafia.

Lì, in quel preciso istante ho realizzato di quanto la mafia sia presente in Italia.
Notandone l’assenza ho percepito l’eccessiva presenza nella mia vita ed in quella dei miei connazionali, il suo peso violento che condiziona ogni attività.

Poi una cosa strana mi ha ancora di più turbato.
Il taxi che era venuto a prendermi per riportarmi all’aeroporto mi aveva chiesto una cifra più alta del viaggio andata.
-Guardi che qualche giorno fa per lo stesso tragitto mi hanno chiesto meno.
-Non posso fare nulla. Ma di dove siete?
-Italiani.
-Di dove?
-Sicilia.
-Sicilia, Palermo, mafia…ok, vi farò lo sconto.

Ero siciliano e mafioso quindi un temibile cliente a cui si applica lo sconto. Riduzione di prezzo per possibile affiliazione mafiosa essendo siciliano.
Quel mercedes viaggiava veloce con a bordo un “possibile” mafioso.
Mi aspettavo da un momento all’altro l’arrivo della polizia, per scortarmi verso l’aeroporto.
Doveva avvenire tutto in fretta ed in sicurezza.
Il “siciliano” doveva lasciare prima possibile il paese.

Arrivato a Catania ero tornato ad essere uno dei tanti pericolosi siciliani.
Il sole bruciava il viso e i rumori dell’aeroporto erano più familiari.
L’autostrada aveva le buche e le corsie ristrette.
A destra c’era il mare ed a sinistra le colline sventrate dal cemento.

Ero a casa e con assoluta certezza nessuno mi avrebbe preso più per mafioso.

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