mercoledì

L'omicidio Alfano e l'albero di sorba.

Seguendo la strada statale 113 che da Messina porta a Palermo lungo la costa tirrenica della Sicilia si affacciano centinaia di paesini e cittadine.

Di fronte il mare ed alle spalle le colline ed i monti coperti di rari boschi, terrazzamenti, pascoli e steppa mediterranea.

Piccoli centri abitati uno accanto all’altro.

Attraversati da torrenti si distendono verso il mare dove ora sorgono palazzine nuove di piccoli appartamenti estivi.

Paesi con la piazza, la chiesa, la stazione dei carabinieri e la farmacia rurale.

Paesi in cui, a secondo del vento, si può sentire l’odore del mare o il profumo dei ciuffi di ginestra e leccio che spuntano tra i monti coperti di arenaria.

Barcellona Pozzo di Gotto è uno di quei comuni nati dall’accorpamento di piccoli borghi nel 1843.


Ora Barcellona Pozzo di Gotto è una cittadina che abbandona pian piano la sua natura agricola per diventare più commerciale.

Gli alberi storti d’ulivo ed i filari di vite, gli alberi profumati di agrumi e le piante di pomodoro nelle campagne vicine non rendono più come una volta.

- Qui adesso è cambiato tutto… oramà non si capisce chiù nenti


Giovanni ha 72 anni ed è nato su queste colline.

Ha il volto segnato da rughe profonde e gli occhi scuri e ancora svegli.

Lui vive di quel che coltiva in una casupola a dieci minuti dal centro, dove due volte la settimana si reca per comprare le poche cose che gli occorrono per vivere e i quotidiani che l’edicolante gli conserva.

Ogni sera prima di andare a dormire trascorre un’ora a leggere e ad ascoltare la radio.

Gli piace informarsi e provare a capire con la sua semplicità ciò che accade nel mondo.

Ha le galline ed i conigli. Nel terreno attorno alla casa con i muri a secco coltiva a secondo della stagione fave, piselli, pomodori e melanzane. Proprio davanti alla porta c’è un albero di sorbo.


- I’ sorba dicìuno l’antichi chi portano furtuna.

- Io mi ricoddu quel iornu. Era invernu e mancavano ‘na chinnicina i iorna pa’ festa i San Sebastiano. Già qualcuno facia a’ ciaurrina.

- Tri coppa sintia.


8 Gennaio 1993 viene ucciso Beppe Alfano.

Professore di educazione tecnica e collaboratore del quotidiano “la Sicilia”.

Era a bordo della sua auto a poca distanza da casa.


Per tutti Beppe Alfano era un giornalista, un cronista scomodo e troppo curioso che da vicino osservava e denunciava l’evoluzione della malavita locale.

La mafia a Barcellona Pozzo di Gotto esiste ed è potente.

Lui lo sapeva bene. Legata al mondo della politica, degli affari e della massoneria.

Non era un nucleo isolato. Le famiglie cittadine godevano della collaborazione delle cosche degli altri comuni vicini ed avevano legami forti con cosa nostra palermitana e catanese.


Dopo la sua morte si alzò il solito polverone che avvolge gli omicidi degli uomini perbene in Sicilia.

Delitto passionale, debiti di gioco e ogni sorta di letame poteva essere gettato sulla memoria del coraggioso giornalista.


Ma Beppe Alfano è stato ucciso dalla mafia.

Ne sono convinti tutti. Anche gli inquirenti.

Il problema è che Alfano aveva “sconcicato” troppi potentati. Troppi affari.

La gestione criminale dell’AIAS, una vicenda legata alle truffe degli agrumi ed infine negli ultimi giorni anche la presunta latitanza in città di Nitto Santapaola.


Subito tutto fa pensare che il movente vero sia la sua inchiesta sull’AIAS.

Ne sono convinti familiari e forze dell’ordine.

Ma nel frattempo anca la pista della latitanza di Santapaola viene seguita dai nuclei speciali dei carabinieri, che da lì a poco giungeranno alla cattura.

L’inchiesta sull’omicidio Alfano viene affidata ad Olindo Canali. Un magistrato giovane e coraggioso amico del giornalista.

Chiaramente la pista da battere è quella dell’AIAS.

Passano gli anni e Barcellona si scopre una città con grandi “entrature” mafiose.

Omicidi e relative inchieste disegnano il profilo di una piovra con tentacoli ramificati in ogni settore.

“Mare nostrum”, “tzunami” e i contributi dei vari collaboratori squarciano il velo che ricopre le attività illecite delle famiglie locali.

Arrivano le condanne per l’omicidio Alfano. Giuseppe Gullotti e Antonio Merlino finiscono in carcere. Anche sul PM che ha condotto il processo arrivano macchie indelebili. Tutto si sporca e tutti cercano di ripulire la propria figura.


Poi il collaboratore Avola ri-scopre la pista delle arance. Un traffico che univa barcellonesi e catanesi.

Ad eseguire l’omicidio secondo il pentito catanese sarebbero stati sempre Pippo Gullotti e Antonio Merlino. Ma il motivo sarebbe stato diverso.

- o’ pi l’aias o pi l’aranci comunque l’avianu ammazzari. A farlo comunque sempre genti di ca’ avia essiri.

- Ora si scannanu supra i gionnali pi’ sapiri pi quali motivu u’ mazzaru, ma tantu pensu chi non è pi un sulu mutivo ma pi’ tutti. Se uno è scomodo va livatu i mezzu.


Arriva anche il suicidio del professor Parmaliana con le sue denunce a mischiare ancora le carte.

Anche lui sapeva tanto. Anche lui aveva cominciato a capire.

A Barcellona non si sa più chi sono i buoni e chi i cattivi.

Magistrati amici di mafiosi e avvocati che ricercano la verità.

E’ una guerra tra fazioni trasversali.

Tutte spinte dalla ricerca della verità e della giustizia.


Ma Don Giovanni dalla sua casupola non ci capisce più niente.

- Non si parra di tribunali e processi, ma di memoriali e lettere di avvocati. Parra a figghia di Alfano e ci rispunni l’avvocato. Poi parra u giudici e ci rispunni u giornalista. ‘Nta sti muntagli nasciunu suli l’alberi di zorba. E’ un fruttu anticu dal sapore magnificu. Na’ vota si dicia “ cu lu tempu e cu la pagghia maturunu li zorba”.


Quell’albero di sorbo davanti l’uscio ha già le bacche. Sono ancora verdi. In autunno verranno raccolte quando il loro colore sarà rossastro ma solo dopo averle fatte maturare nella paglia, nell’esatto momento, o come diceva A. Dumas, nello stadio di mezzo tra la maturazione e la putrefazione saranno buone da mangiare.

- Si li zorba si manciunu viddi fannu ‘mbriacari. Si si manciunu fracidi diventano velenu. Ci voli tempu, pacenza e cura. Ma quannu sunnu pronti sunnu nu’ zuccuru. Pi capiri qualchi cosa di sta ‘mmazzatina sava spittari. Cu pensa di canusciri a verità ora è sulu picchi l’alcol di zorba ‘u fici ‘mbriacari. Quannu quasi tutto sta marcennu nesciravi fora a vera verità.


La vicenda Alfano è l’espressione tipica del paradosso siciliano.

La mafia uccide un uomo perbene, che con coraggio e tenacia la combatteva.

Poi il “sistema” fa il resto.

Insabbia, devia e confonde.

Schizza fango da più parti. Tutto si sporca per non far vedere il pulito.

La sera dell’omicidio c’erano a indagare anche i servizi.

C’erano probabilmente gli stessi uomini che oggi sono coinvolti nei depistaggi sulle stragi del ’92?

Da Barcellona partì il telecomando per la strage di Capaci.


Alfano parlava spesso di una Super Loggia.

Alfano aveva toccato potenti e notabili, mafiosi e massoni, superlatitanti e grandi affari, politici e picciotti. Alfano sapeva troppo.

Sapeva e raccontava troppo.

Beppe Alfano è stato ucciso dalla mafia sedici anni fa.

Forse per uno o forse per più motivi.

Ma evidentemente della sua eliminazione ne hanno tratto giovamento in tanti.


Il Tribunale ha sancito una verità, con colpevoli e moventi.

Forse non è tutta la verità. Può essere.

Per alcuni era quella voluta da una fazione.

Per altri era l’unica perseguibile.

Intanto si continua ad accusare o a difendere.

Si accusano magistrati di collusione, parenti di carrierismo, avvocati di doppiogiochismo.


Si continua a gridare la propria verità.

Forse come dice Giovanni, sono in preda ai fumi dell’alcool sprigionati dalle sorba verdi.

Per la verità bisognerà aspettare che si arrivi quasi fino al marcio.



2 commenti:

Adduso ha detto...

La verità !

Non è certamente il Paese adatto, e soprattutto non è la Regione giusta ... per raccontarla.


Palermo, troppa mafia in rassegna stampa - Giornalista ''sollevata'' dall'incarico

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=68399&sez=HOME_INITALIA

(http://www.jonialife.it/index.asp?action=viewart&id=4169)

Anonimo ha detto...

Conosco alcuni dei personaggi che hanno a vario titolo avuto un ruolo nella vicenda dell'omicidio Alfano come in quelle che in questi anni hanno interessato la città di Barcellona.
Posso giustificare solo chi compie un atto che con il tempo potrà essere giudicato come malevolo, se lo farà con buonafede.
Ma chi di queste figure sta agendo in buona fede?
Magistrati ed avvocati. Buoni e cattivi. Certo può anche apparire così ma se non fosse... che tragico errore.
Qualcuno la verità la conosce. Qualcuno la snocciola piano, a puntate. Ma magistrati ed avvocati che gioco stanno facendo?
Non ho volutamente fatto nomi. Non occorre tanta è la confusione basterà non fidarsi più di tanto di nessuno.
Mario.