sabato

Sonia Alfano e Giuseppe Lumia al fianco di Fabio Repici



A Barcellona Pozzo di Gotto sono cresciuta e lì venne ucciso mio padre, l’8 gennaio 1993. Seppure i miei impegni mi tengono spesso fuori dalla Sicilia e dall’Italia, distrarmi da quel che accade a Barcellona Pozzo di Gotto mi è impossibile. Ho letto con una certa angoscia quanto scritto nei giorni scorsi da Fabio Repici e non posso, oggi, trattenermi dal dire esplicitamente alcune cose.

La prima è questa. Fabio non è stato solo il mio avvocato (e di altri innumerevoli esponenti del fronte antimafia: Salvatore Borsellino, Peppe Lumia, Saro Crocetta, la famiglia Campagna, la famiglia Manca, Antimafiaduemila, Gioacchino Genchi ecc.); è stato uno dei pochissimi a intestarsi in provincia di Messina certe battaglie da cui in troppi sono pavidamente fuggiti. Ricordo il mancato scioglimento per mafia dell’amministrazione comunale di Barcellona P.G., le deviazioni istituzionali del R.o.s. dei carabinieri (vedasi la protezione della latitanza barcellonese di Nitto Santapaola), le deviazioni giudiziarie del rito peloritano, gli scandalosi fatti dell’indagine Tsunami (con il pesante coinvolgimento di due magistrati, Antonio Franco Cassata e Olindo Canali) e molto altro ancora: non ho visto tanti altri unirsi a noi. I nomi li ha già fatti Fabio: quello di pochissimi altri, o di nessuno, è da aggiungere.

Però il nostro impegno ha portato visibili risultati: Olindo Canali è dovuto scappare ignominiosamente dalla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto; l’indifendibile figura del Procuratore generale di Messina, Antonio Franco Cassata, è stata finalmente conosciuta e apprezzata (cioè disprezzata) in tutto il territorio nazionale; dieci giorni fa una rappresentazione teatrale a Barcellona Pozzo di Gotto ha dato finalmente voce a mio padre, a Graziella Campagna, ad Attilio Manca e ad Adolfo Parmaliana, e Cassata e Canali non hanno potuto farsi vedere, perché altrimenti avrebbero corso il rischio di essere cacciati a pedate a furor di popolo.

Eppure, oggi Fabio Repici viene citato innanzi all’Autorità giudiziaria proprio per quello che ha fatto per tante vittime di mafia. È uno scandalo, il mondo moralmente a testa in giù. Anche su questo voglio dire alcune cose precise. Sono rimasta esterrefatta nel sapere che ad assistere il frate appartenente ad una delle famiglie mafiose più potenti dell’intera Sicilia sia l’avv. Fausto Amato. Mi verrebbe da sperare che non sia vero. Perché il nome dell’avv. Fausto Amato fino ad oggi è stato noto per essere quello di un professionista che ha spesso assistito parti civili in processi di mafia ed è stato anche il legale di autorevoli esponenti nazionali dell’antiracket. E allora mi chiedo: come si conciliano quelle posizioni con la querela nei confronti dell’unico avvocato che in provincia di Messina ha dato l’anima nella lotta alla mafia, senza fare sconti a nessuno? Perché se le cose si conciliano allora la realtà è peggiore di ogni immaginazione.

E questo mi consente di dire alcune cose sull’antiracket “alla barcellonese”. Il 12 aprile sarebbe dunque un importante esponente del governo Berlusconi, Alfredo Mantovano (quello che vomitò insulti contro i giudici che condannarono per mafia Marcello Dell’Utri), ad inaugurare la nascita dell’associazione antiracket a Barcellona Pozzo di Gotto. Ma ricordo bene o poco tempo fa l’on. Mantovano e il presidente della federazione antiracket Giuseppe Scandurra conferenziavano a braccetto senza pudore con il Procuratore generale di Messina Antonio Franco Cassata? Ma ricordo bene o la federazione antiracket è stata uno dei più arcigni nemici di Adolfo Parmaliana, alla cui memoria nessuno dei suoi esponenti ha ancora chiesto scusa? Io ricordo bene: e allora che razza di entità è la nascente associazione antiracket barcellonese? Dirà chiaramente una volta per tutte che gente come il Procuratore generale Cassata deve essere allontanata? Dirà che l’imprenditore Maurizio Marchetta, l’amico del boss Salvatore Di Salvo, è indegno di autoproclamarsi vittima di mafia e dovrebbe, invece, confessare tutte le sue malefatte? Dirà che gente come Sebastiano Buglisi dovrebbe vergognarsi per aver querelato Fabio Repici? Rivolgerà, anzi, pubblicamente un grazie enorme per quanto fatto da Fabio Repici contro la mafia barcellonese ed i suoi referenti istituzionali?

Perché, in caso contrario, sarebbe meglio evitare le parate. Sarebbero solo un’offesa per i familiari delle vittime di mafia, che con coerenza continueranno a stare al fianco di Fabio Repici, insieme a tutto quel mondo che fa dell’impegno antimafioso pratica quotidiana.
 Sonia Alfano (Fonte: www.soniaalfano.it, 1 aprile 2010)



Caro Fabio,
 ho letto con attenzione il tuo intervento: ho colto le tue amarezze, ma allo stesso tempo la tua determinazione ad andare avanti in un contesto così difficile come quello barcellonese; ben descritto, come sai, nella Relazione di Minoranza del 2006 della Commissione Parlamentare Antimafia.

Un contesto che non finisce mai di stupire, dove i legami tra Cosa nostra e la società, l'economia e la politica sono fitti. Relazioni intermediate spesso dal ruolo, ancora tutto da sviscerare, dei servizi segreti deviati e di certa magistratura; emblematici i ruoli del dott. Olindo Canali (su cui si hanno notizie dei primi risultati del CSM) e del Procuratore Generale dott. Cassata. Su di essi ho prodotto interrogazioni severissime, che danno riscontro alle tue stesse denunce.

Senza mai dimenticare il famoso Rosario Cattafi, che rimane sempre un nodo da sciogliere per dare credibilità e forza al cambiamento.

Come sai, condivido pienamente i tuoi giudizi espressi pubblicamente sul famoso Frate Ferro, parente di esponenti mafiosi di primo piano, legatissimi a Provenzano; stesso giudizio ho maturato ed elaborato sull'imprenditore Buglisi Sebastiano per le sue gravissime contraddizioni sulle mancate denunce del clan Lo Piccolo, a Palermo.

Stessa considerazione ti esprimo sulla vicenda che riguarda Maurizio Marchetta ed il Comune di Barcellona; più volte me ne sono occupato e in diverse occasioni ho sollecitato la stessa autorità giudiziaria a prestare una particolare attenzione alla genuinità e completezza delle sue rivelazioni. Non vorrei che nelle sue denunce si facessero sconti, a partire dagli esponenti dei poteri criminali (su tutti il noto boss Sem Di Salvo) e dai politici della comunità di Barcellona.

Sai anche che stimo moltissimo l'associazionismo antiracket, una realtà tra le più vive e decisive della lotta alla mafia nel nostro Paese. Troverò il modo di confrontarmi con loro per evitare che si possano commettere quegli errori che tu stesso paventi nella nota. Ma non basta: intorno ai quattro casi (Alfano, Campagna, Manca e Parmaliana) che ancora oggi ci dilaniano, il nostro impegno è e dovrà essere sempre più deciso. Su di essi la tua esposizione è massima e li considero delle sfide tuttora aperte, per dare credibilità alla lotta alla mafia in un territorio che deve fare ancora un lungo cammino di legalità e di sviluppo.

Caro Fabio, considerami al tuo fianco anche in sede processuale, se lo riterrai opportuno, e con il mio ruolo politico sul territorio, nel Parlamento e nella stessa Commissione Parlamentare Antimafia.

Il Gattopardo barcellonese è una brutta bestia, dalle diverse teste, pronta a mistificare tutto; ma sono sicuro che non ce la farà, perchè il cambiamento è comunque in atto e comunque arriverà sempre più forte e condiviso, così come la giustizia e la possibilità di liberarci di un sistema economico-politico-istituzionale  mafioso, devastante e ancora potentissimo.
Giuseppe Lumia (Roma, 2 aprile 2010)

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