sabato

Anniversario strage di Capaci. Uno sfogo.

Un uomo che ha la piena consapevolezza di essere ucciso per il suo lavoro, per il suo alto senso del dovere e della giustizia, ha forse la speranza che questo alto sacrificio possa servire a qualcosa.

Morire per gli altri.
Forse solo questa può essere la ragione che placa in parte la paura.

La violenza dell’essere ucciso per aver compiuto il proprio dovere si contrappone alla consapevolezza che qualcosa dopo possa cambiare.

Oggi 23 maggio 2009 il sacrificio del giudice Giovanni Falcone, della moglie e della sua scorta , unito a quello dei martiri che lo hanno preceduto ed a quelli che sono stati uccisi dopo, perché giusti, sembra essere risultato vano.

Poco, pochissimo è cambiato.

La “coscienza civile” spenta dai forti venti di normalizzazione.
La politica sempre più attenta a relegare il fenomeno mafioso come arma dell’antimafia e dei politici “comunisti”.
Cosa nostra è sempre più inserita nel tessuto economico e politico del nostro paese.

Gli italiani trasformati in apatici tele-spettatori ai quali servire le notizie con moderazione gestendo la loro ormai scarsa attenzione e le loro paure.
La classe dirigente di questo paese fatta di uomini potentissimi e sempre più implicati con il malaffare.
A parlare di mafia è rimasta poca gente. I soliti.

Gli altri occupati a fare altro. A superare la crisi.

Il presidente del consiglio, il cui nome risulta agli atti delle procure che si sono occupati delle stragi che hanno generato questi martiri laici è sempre più impegnato a deviare il sistema giudiziario altrove.

Gli Italiani lo esaltano.
Infondo la maggioranza dei cittadini lo accetta perché i suoi comportamenti sono uguali a quelli di molti italiani che vivono nella cloaca di questo paese fatta di bustarelle, raccomandazioni, piccole e grandi evasioni, clientelismi e sistemi mafiosi.

Gli italiani sono ormai “berlusconoidi”.
Né santi né navigatori.
Tutti furbi, sperti e malandrini.

Oggi a 17 anni dalla strage di Capaci vorrei chiedere scusa a chi ha creduto infondo che la propria morte potesse servire a qualcosa per cambiare perché nulla sembra essere accaduto.

Oggi a 17 anni dalla strage di Capaci vorrei mandare a fare in culo la maggioranza degli italiani per aver reso vano un così alto sacrificio.

3 commenti:

Pino Amoruso ha detto...

Condivido e mi unisco al tuo sfogo. Sempre più tristezza e amarezza.

Anonimo ha detto...

Credo sia legittimo sentirsi tanto delusi. Credo però che da quei sacrifici qualcosa sia avvenuto, qualcosa che è ancora in evoluzione. Non arrendersi questo sì. Accadrà.
Zio Tom

Adduso ha detto...

“Poco, pochissimo è cambiato”

A dir la verità, invece, a mio modesto parere, cambierei, affermando che “molto, moltissimo è cambiato”.

Il “sistema” ormai ha fatto proprio persino la commemorazione di questa tragedia, tutto è stato manifestatamente metabolizzato, tutto sembra appartenere al passato, tanto che si organizzano plateali cortei di ragazzi ancora troppo giovani e soprattutto che al massimo dispongono delle sole informazioni centellinate da una scuola patinata di “regime” che filtra ogni cultura dando ampio spazio solo a quella dei tempi di Cesare e pochissimo, se non addirittura nulla, come fosse un tabù, agli ultimi due secoli e soprattutto gli ultimi 60 anni, che poi sono i pilastri della società attuale italiana. Scopriranno purtroppo tra qualche anno anche questi studenti, quando usciranno dalle superiori, tanto più se non avranno un proprio sostegno familiare economico, cosa è invece lamafiadellostato.

Poi se si da ascolto all’informazione ufficiale di Stato di questo centro destra, la mafia sarebbe in netto arretramento, così come alla stessa maniera disse nel 1998 un esponente siciliano dell’allora governo di centro sinistra:

http://www.cuntrastamu.org/wordpress/?p=244

Da parte mia, da semplice cittadino, profano in tutto, sento invece tanta puzza di mafiosità, a cominciare dalla politica, proseguendo per la magistratura, a seguire tutte le istituzioni, passando nella pericolosa burocrazia (specialmente quella nota siciliana), continuando in tante blasonate associazioni, andando avanti tra professionisti, avvocati, consulenti, esperti, intellettuali, giornalisti, preapagati e prezzolati, transitando per le schiere di dipendenti pubblici assunti per favori elettorali e come tali devoti ai loro referenti, per finire tra la cosiddetta gente comune oggi più che mai misturata da capipopolo di eserciti di servi del capitale, picciotti di partito e zerbini delle istituzioni, i quali hanno il solo compito la notte di riferire ai loro rispettivi padroni portando la “lista” dei “dissidenti” della mafiosità di Stato.

Qualche giorno addietro leggevo su un sito della riviera ionica messinese il quale si fregia pure di essere d’informazione, che uno scippo in un dato paese era stata solo una “bravata”. Non passa settimana che non ci siano arresti di giovani, ma anche di persone mature, per spaccio di droga, ma nessuno, guarda caso, ne parla, come se i panni sporchi si debbano lavare non si capisce neanche dove. Devono essere iniziati a questa maniera certi germi della criminalità organizzata in certe note zone del catanese, del napoletano, della periferia di Roma, ecc. Ma l’importante che formalmente si commemori, si facciano incontri dove si esibiscono i soliti blasonati in doppio petto, in toga o divisa e gli atri, soprattutto ragazzi, facciano solo da clacca senza proprie domande, dialettica e confronti autonomi, poi se il marcio è sotto gli occhi di chi può vedere, non importa, perché la faccia sporca di questo Stato è comunque salva.