lunedì

La stronza guerra!











- Come è andata oggi a scuola?

- Bene papà.

- Che avete fatto?

- Il solito. Comunque papà, i talebani sono degli stronzi!


Eravamo nel bel mezzo del traffico dell’uscita da scuola.

Sul motorino sentivo le braccia di mia figlia che mi stringevano forte.

A scuola gli avevano evidentemente parlato dell’attacco alle truppe italiane di Kabul.


- Chi ti ha detto questo?

- La professoressa (già, adesso è in prima media, e gli insegnanti non si chiamano più “maestri”) ci ha raccontato di quello che hanno fatto…

- Ma cosa ti ha raccontato esattamente?


Non volevo che questo avvenimento fosse liquidato così velocemente.

Volevo capire che idea si potesse fare una ragazzina di 11 anni di una cosa tragica ed allo stesso tempo complessa.


- Papà sono dei terroristi. Per uccidere usano mezzi da vigliacchi.


Ho aspettato di arrivare a casa per tentare di sviluppare in modo più approfondito il concetto.

La sua idea era il frutto semplice e immediato del concentrato di quanto una insegnante si era sentita di dire ( o forse sapeva dire).

Buono o cattivo, bello o brutto, bianco o nero.


No, non poteva e non doveva essere tutto così semplice come gli facevano credere dappertutto.

Gli ho preparato il pranzo ed appena seduta gli ho chiesto se conoscesse il motivo per cui i militari italiani fossero in quel paese.


- Loro sono lì per aiutare quei paesi poveri pieni di guerre.


Gli ho cercato di spiegare che nelle guerre ci sono sempre due fazioni, chi attacca e chi si difende.

Le ragioni per cui si combatte non sempre sono chiare.

I pretesti, quelli, sono sbandierati ai quattro venti, ma le vere ragioni sono sempre ben celate.

Nelle guerre, sia chi attacca sia chi si difende, è costretto a commettere violenze, a violare la dignità di altri esseri umani e sporcarsi le mani del sangue degli innocenti.

Culture, confini, religioni, potere e denaro. In questo pianeta si uccide per tutto questo.


Non volevo difendere ne tanto meno giustificare l’uso del terrorismo, ma dovevo spiegare a mia figlia che un popolo senza esercito, senza carri armati e aerei, credendo di subire un’invasione si difende come può.


I militari italiani svolgono il loro dovere come missione di pace (almeno queste sono le regole d’ingaggio) ma lo fanno accanto ad altri eserciti che sono lì per fare la guerra, sparando ed uccidendo.

In guerra non si và per il sottile.

Che differenza vuoi che trovino tra l’uniforme di chi li controlla senza sparare e quella di chi prima spara e poi controlla.

In una partita di rugby riusciresti a distinguere in una mischia uno con l’uniforme della squadra avversaria che per un caso assai strano, vuole aiutarti?


Nella storia del nostro paese è capitato anche, che a volte degli italiani, commettessero delle azioni atroci, lontane dal concetto di combattimento, di difesa o di attacco.

Violenze gratuite e senza alcun senso, come mandare altri italiani ebrei verso i campi di concentramento.

Donne e bambini caricati come bestiame verso la morte sicura.

Erano italiani anche le camicie nere.

Non voglio con questo dirti che quello che è successo ai nostri 6 militari sia giusto, perché il termine “giusto” in una guerra non è neanche da considerare, ma è soltanto la “normale” conseguenza di un conflitto iniziato male e che finirà anche peggio.


Chi veste la divisa nei luoghi di guerra, devi sapere anche, non è mai un ragazzo “ricco”.

Ci si arruola sempre più spesso per il posto fisso, per la carriera e la famiglia.

Erano sei ragazzi meridionali.


Sono divenuti eroi.

Eroi per aver combattuto una guerra senza volerlo, per aver dato la vita per una guerra voluta da altri e da questi condotta al fallimento.

Eroi per aver pagato il prezzo più alto sull’altare della patria, quella stessa patria che si sente fiera di pagare così l’amicizia di paesi che “esportano” con la guerra la democrazia.


Quei sei ragazzi, ti assicuro, erano molto diversi da quelli che puoi vedere in tivvù al pomeriggio sul trono di “uomini e donne”.

Quei militari avevano madri, figli e mogli ad attenderli.

La loro vita non era sfilare dinanzi ad una telecamera.

La loro morte lo è divenuta.


Speravano in una vita migliore.

Dovevano ricostruire e sorvegliare, ma sono stati presi in giro da una guerra, cattiva come tutte le guerre e dolorosa per tante, troppe madri.


Questo paese così ipocrita da chiedere di non strumentalizzare una strage ai fini politici, perché è consapevole che quelle sei bare avvolte nel tricolore, possono farlo tremare così forte da non poter resistere.


Non sono né i talebani né gli italiani gli stronzi.

E’ la guerra che è stronza!

Questo avrebbe dovuto dirti la professoressa!

1 commento:

Giugioni ha detto...

Non saprei spiegarlo meglio.Bel post