lunedì

Aiuto.








Una delle prime parole che gli esseri umani imparano a pronunciare.

Il termine con cui si chiede ad un altro individuo o ad un insieme di questi, o al dio di turno di darci una mano, di correre in soccorso.

Si invoca con sconsolazione o con disperazione, a volte a sproposito altre volte con la vita che ci sfugge davanti agli occhi.

In una registrazione delle chiamate giunte al 112 c’è un uomo che chiede aiuto, con la voce tremante e disperata, parla della sua casa schiacciata dal fango con all’interno sua moglie e sua figlia. Aiuto, mandate qualcuno!

I primi mezzi meccanici arriveranno a lambire quella poltiglia scura e pesante dopo più di 24 ore.

I soccorsi sono stati celeri. Non potevano fare prima probabilmente.

Ma soccorrere la famiglia di quell’uomo con così tanto ritardo non è servito a nulla.

Come si dice “la machina” dei soccorsi si è subito attivata.

Ma l’unica via d’accesso, così come l’unica via di fuga, era sbarrata da fango e detriti. Tanto fango. Una montagna di fango.

In questi giorni tutti hanno ripetuto che la tragedia era annunciata.

Una strage che era nell’aria. Era solo questione di tempo ma tutti sapevano che sarebbe accaduta.

Lo dice il ministro dell’ambiente, lo dice Bertolaso, lo dice Berlusconi.

Il particolare assetto idrogeologico, l’incuria e le recenti frane di due anni addietro rendevano questo disastro più che probabile. Poi ci sono le costruzioni abusive e le mancate demolizioni, gli incendi estivi che hanno reso la montagna arida e pericolosa.

Certo c’è tutto questo o meglio c’era tutto questo.

Ma quell’uomo che chiedeva aiuto magari lo aveva anche pensato che tutto andava a rilento. Che i lavori di messa in sicurezza non iniziavano mai e che stavano perdendo del tempo.

Ma forse pensava che se tutti prevedevano un possibile disastro, tutti avranno previsto anche gli aiuti.

Ora mettono tutti le “mani avanti”. Lo avevano detto tutti.

Tutti oggi sono pronti a dire che si doveva fare di più.

Il funzionario, l’assessore, il sindaco sono pronti a dire di quanto avevano fatto per impedire che la tragedia accadesse.

Dicono che adesso non è il momento di fare polemiche, bisogna pensare a soccorrere e assistere. Ma svanito il dolore lancinante di una ferita chiunque pensa a reagire.

Ora che alcuni dei corpi giacciono nelle camere mortuarie degli ospedali cittadini ed altri sono ancora avvolti dal fango, si sente rabbia.

Quell’uomo non ha più la sua famiglia. Quell’uomo assiste con gli occhi ormai inariditi alle passerelle inutili dei politici.

Quell’uomo riceve promesse e parole di incoraggiamento.

Quell’uomo come dietro un vetro vede ma non sente niente. Il suo dolore immenso lo rende sordo dinanzi al circo che gli si prospetta.

Quell’uomo non riesce più a chiudere gli occhi ormai stanchi di vedere. La sua mente gli ripropone le scene vissute quella sera, la sua richiesta telefonica di aiuto e quell'aiuto che non è arrivato.

La sua impotenza dinanzi alla morte che circondava la sua famiglia, gli unici “tutti” di cui ogni uomo ha più bisogno.

Che importa adesso del minuto di silenzio degli stadi di calcio. Che importa adesso che qualcuno dica che il ponte è comunque necessario.

Che importa adesso che giungano le parole di conforto di questo o quell’altro leader politico. Che importa adesso che tutti dinanzi alle bare si proclamino innocenti quando tutti sono colpevoli.

Del resto si sa che tutti colpevoli, nessun colpevole.

(foto tg24.sky.it)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ho alternato stati d'animo diversi in questi giorni. Tristezza, amarezza, disperazione ed infine rabbia. Non ci sono parole che possano descrivere il dolore di chi perde in modo così assurdo la propria famiglia. Allo stesso tempo però finite le lacrime una reazione istintiva è anche legittima.
Carlo da Furci Siculo

Adduso ha detto...

E' sempre lo stesso mio commento di questi giorni ovunque e con chiunque, non si offenda nessuno:
Siamo tutti assassini
In questa penisola di cannibali, carnivori e necrofagi, tutti orchestrati da politicanti tanto teatranti quanto mentalmente mafiosi (che non significa che fanno parte della criminalità) ci stiamo abituando (ammaestrati dal sistema mediatico) ormai solo a fare tutti (o quasi) gli indolenti, gli opportunisti, e soprattutto i lavativi cerebrali. Tanto più nel meridione ed in Sicilia.
Tutto è andato bene fino a quando i soldi arrivavano dalla Regione e soprattutto dallo Stato. Addirittura, notoriamente, si sperava nel maltempo affinché dopo si potesse fare dichiarare lo stato di calamità naturale che così arrivavano “i picciuli”, i quali però al poveretto con la casa danneggiata, salvo non essere “amico degli amici”, giungevano i “muddichi”, mentre ai nostri politici, burocrati, tecnici, professionisti, intermediari, affaristi, ecc. , insomma il gotha della mentalità mafiosa della Nazione, le tasche personali si gonfiavano tanto da dovere pure impiegare quei “guadagni”, ma notoriamente altrove.
Da qualche anno le “mammelle” sembrano non dare più “latte” e quello che ancora secernono, se lo mangiano i nostri politicanti e relativi tirapiedi, dai Comuni, alle Province, alla Regione, allo Stato centrale, spendendolo in stipendi, emolumenti, consulenze, esperti, giornalisti, portavoce e professionisti asserviti, lavoratori inventati, incarichi clientelari, opere agli “amici”, appalti irrealizzabili, favori , assunzioni di scambio elettorale, acquisto di tessere per i rispettivi partiti, sistemazione di familiari, parenti, compari, concubine, ecc.
E noi che non abbiamo idea di come si gestisca un territorio così come si organizzi la società in cui viviamo, visto che non sappiamo neppure cosa sia, tanto più che a scuola neanche si può nominare, improvvisamente brancoliamo come degli zombi a cui è mancato il sangue per nutrirsi, senza sapere che fare e soprattutto a chi toccherà domani.
Nel frattempo, il regime organizza giornate e settimane di cultura, ovverosia “l’ombrello sociale della notoria mafiosità politico-istituzionale-affarista”.
Proprio da qualche giorno ho anche appreso che dalle mie parti altri giovani che conosco andranno via per cercare lavoro.
Essere ormai Italiani, Meridionali, Siciliani, Messinesi a questa maniera, vuol dire non essere più Uomini.

Laura Raffaeli ha detto...

ho sempre amato il sud per il mare, il calore della gente, l'onore: cose oggi dissolte in città come roma, che di queste 3 cose non ne ha mai avute manco un grammo.
quando ho dovuto lasciare la mia roma ho scelto di venire qui: sto in calabria, per l'esattezza a pochi metri dai veleni della marlane di praia a mare (penso siano poche centinaia di metri, infatti sto male..), col mare pieno di navi radioattive (infatti il mio cane guida non vuole farsi il bagno e mi tira fuori appena ci entro nonostante siamo due pesci quando nuotiamo) e chissà quanto altro c'è che non dicono.. ma che se si abita qui si viene però a sapere, comprese le montagne che franano.
essendo un'istintiva stavo per spaccare la tv quando ho sentito il nostro "premier" dire che "in fondo è andata bene, una disgrazia "contenuta".." ecc.
il ponte l'ho sempre contestato, così come le opere faraoniche in un paese come il nostro che conta tragedie ogni mese dovute alla corruzione dei nostri politici (prima del ponte, se vogliamo parlare di collegamenti mentre muoriamo di cancro o di fango, colleghiamo il sud al nord: non ci sono treni, non c'è aeroporto...)
sto qui da quasi 3 anni ed amo questa terra, forse più di chi ci è nato, pur sapendo che da un momento all'altro probabilmente succederà anche a me.
sento commenti quando vado a roma o giro per lavoro: "ma i meridionali si devono svegliare", "colpa loro perché costruiscono dove non si può e poi siccome sono tutti parenti si danno i permessi", ecc. la cosa più assurda è che molti di loro sono figli di calabresi o siciliani, sommersi oggi dal fango perché molti soldi li hanno investiti in una laurea per i figli anziché nella sicurezza di una casa, oppure sono morti o stanno in chemio per quello che hanno respirato in fabbriche che li hanno schiavizzati...
in tutto il sud, soprattutto calabria e sicilia, c'è un uomo impotente di fronte alla morte che circonda la sua famiglia.. che se ne frega dei minuti di silenzio, anzi è proprio il silenzio, spesso di figli professionisti rampanti che se sono andati al nord o all'estero, che da il colpo di grazia: questa penso sia la colpa più grande, il resto è fango per tutti.
ciao, un caro saluto, laura