Oggi in Italia si è costretti a gioire di una giustizia che si compie.
Vent’anni di attesa, di lotte e di porte che si chiudono nei corridoi lastricati di marmo dei tribunali.
Una ragazza che viene barbaramente trucidata da due mafiosi, a soli 17 anni, deve attendere più della durata della sua stessa vita per vedere dietro le sbarre chi ha premuto il grilletto.
La sua famiglia, tra lacrime e dolore, assiste al compimento del percorso della giustizia. Ora.
Solo ora. Dopo la prima condanna-farsa che non ha sortito alcun effetto detentivo per gli assassini, nello stesso palazzo oggi viene letta una nuova condanna con nuovi giudici, uguale alla prima, ma ora finalmente esecutiva.
La famiglia Campagna poteva mollare, abdicare dinanzi agli insabbiamenti, alle deviazioni, alle ingiustizie. In molti l’avrebbero fatto. Avrebbero pianto sulla tomba di chi era stata uccisa due, tre e quattro volte da questo Stato. Avrebbero sentito il vento che asciuga le lacrime sulle guance, lasciando la loro salinità sulla pelle. Avrebbero tenuto dentro i ricordi visivi dei Graziella per paura di disperderli nel vento.
Pietro invece non ha gettato la spugna. Avrà avuto certo anche lui paura di non farcela. Avrà a volte pensato che tutto sarebbe finito come molte altre vicende di questo paese, travolte da un vortice di bugie e false attribuzioni di responsabilità, carambolate tra competenze e cavilli legali, schiaffeggiate da indifferenza e reticenza.
Questa volta ognuno ha fatto il proprio dovere. Non è un miracolo. E’ il compimento di un atto dovuto. E’ la naturale aspettativa di ogni essere umano: è giustizia.
mercoledì
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