La responsabilità politica è un concetto giuridico, politico e filosofico assolutamente sconosciuto in Italia.
E’ per questa ragione che la Commissione parlamentare antimafia nel periodo di tangentopoli sentì l’esigenza di darne una definizione: “la responsabilità politica si caratterizza per un giudizio di incompatibilità tra una persona che riveste funzioni politiche e quelle funzioni, sulla base di determinati fatti, rigorosamente accertati, che non necessariamente costituiscono reato, ma che tuttavia sono ritenuti tali da indurre a quel giudizio di incompatibilità. (…) Ciascun politico ha una responsabilità aggiuntiva rispetto agli altri cittadini, perché egli coinvolge la credibilità delle istituzioni in cui opera”.
Insomma un politico che intrattiene rapporti con un mafioso pur senza concedere favori, non commette reato, ma rappresentando una Istituzione, ne compromette l’integrità morale della stessa.
Sostenere quindi che tutti quei candidati che hanno avuto rapporti con noti esponenti della criminalità organizzata, circostanza rigorosamente accertata, siano incompatibili politicamente con le funzione che si apprestano a ricoprire, è cosa ampiamente motivata.
Partendo da questo assunto, si potrebbe sostenere che chiunque abbia rappresentato le Istituzioni, e durante la sua guida, queste stesse Istituzioni, per personali omissioni di controllo (il controllo è una funzione primaria dei nostri rappresentanti) o comportamenti che presuppongano il dolo, siano state coinvolte in avvenimenti contrari al diritto e quindi al principio di legalità e giustizia, questi stessi ne debbano sopportare la responsabilità politica.
Fare un elenco esaustivo di quante volte le istituzioni italiane ed i loro rappresentanti siano stati coinvolti in eventi che direttamente o indirettamente hanno generato crimini è assai complicato per la vastità della materia. Certo qualche esempio può essere fatto.
2 Agosto 1980 Strage di Bologna, 85 morti 200 feriti. Quasi trent’anni sono trascorsi ma i mandanti non si conoscono, ma soprattutto non si conosce a fondo il motivo per cui alcuni esponenti dello stato abbiano depistato le indagini. Solo dopo 15 anni vengono condannati gli esecutori della strage. Ma ciò che più preoccupa è la condanna, per depistaggio dei massoni Licio Gelli, Francesco Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte, questi ultimi due, ufficiali del servizio segreto militare.
Il SISMI è un organo che dipende dal Ministero della Difesa, eppure alcuni alti ufficiali nonostante indossassero i panni di difensori della patria si prodigarono per depistare le indagini della magistratura che cercava di trovare i colpevoli della ”impresa più criminale che sia avvenuta in Italia” come la definì il presidente Pertini.
Perché avvenne questo?
La magistratura non è riuscita a dare una risposta. Un pezzo di stato contro lo stato ma nessuna Istituzione venne messa in discussione.
Certo ripercorrendo gli anni della strategia della tensione fino ad arrivare al delitto Moro, di episodi in cui pezzi di Stato combattono lo Stato stesso, se ne incontrano tanti.
Ma nessuna Istituzione coinvolta è mai stata ritenuta responsabile politicamente di quanto è accaduto.
Ma cosa accade oggi?
Stragi del ’92 e ’93. Anche su queste operazioni militari della mafia si allunga l’ombra dei servizi segreti.
Un ex funzionario del SISDE viene condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (il ministro dell’interno Mastella ne chiede la grazia).
Ma come se non bastasse c’è la vicenda dell’agenda del dottor Paolo Borsellino, dove erano riportate le annotazioni personali sulle indagini in corso, che doveva stare nella sua borsa, sottratta dall’auto distrutta del magistrato da un ufficiale dei carabinieri.
Proscioglimento. Non c’è stato alcun furto (furto, come il reato commesso da un borseggiatore sull’autobus…).
Il Sismi continua a violare le leggi dello Stato con rapimenti e raccolte di dossier da usare contro magistrati e giornalisti.
Secondo i giudici che negli anni hanno indagato sugli episodi criminali commessi dai “servizi”, non esistono servizi segreti deviati ma solo servizi segreti al servizio del ministero dell’Interno (Casson).
Sul motivo quindi, per cui questo avvenga nessuno si è dato una spiegazione. Sul come questo possa essere possibile nessuno vuole rispondere per non attribuire colpe “politiche”.
Nessun ministro dell’interno quindi si è mai posto il problema della responsabilità politica.
Diciamo pure che nessun politico ha mai messo in discussione la propria credibilità politica.
Perché dovrebbe poi, se nessuno lo fa è divenuta ormai una consuetudine.
A pochi giorni dalle elezioni Berlusconi dice "Marcello Dell'Utri ha ragione, Mangano è stato un eroe".
Riscrivere delle circostanze rigorosamente accertate che fanno di Berlusconi e Dell’Utri due impresentabili è inutile per chi legge.
Loro come molti altri in tutti gli schieramenti hanno fatto della vergogna un vanto e delle colpe politiche un trofeo.
I De Magistris e Forleo sono solo incidenti di percorso. Si sanzionano, si trasferiscono, gli si fa capire chi comanda.. Insomma colpirne due per educare tutti gli altri. La magistratura (almeno quella rappresentata dal CSM e dalle associazioni magistrati) incassa in silenzio.
La bomba ecologica campana, la mafia che si appresta a schierarsi, il sistema Italia che fa acqua (ed acido muriatico) da tutte le parti, i grandi evasori e le contraddizioni interne agli schieramenti non devono apparire.
Meglio essere ossessionati dal preoccupato leader del PDL dai brogli elettorali ( due arresti per falsificazione di schede a favore di Cammarata Foza Italia, a Palermo) e chiacchierare allegramente della Santanchè che non cede alla richiesta del simpatico playboy di Arcore dicendo “Tanto non gliela do”.
Si presenta un periodo per questo paese assai scuro. Gli storici lo definiranno forse il peggiore della storia della repubblica.
Dalle mie parti si dice: Cchiù scuru di mezzanotti 'un pò fari (Più buio della mezzanotte non può fare).
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