martedì

Poker tra mafia e politica

Videopoker e mafia.
E’ ormai divenuto un legame strettissimo quello tra la gestione delle slot-machine e la criminalità organizzata.

Decine di indagini in tutta Italia si sono svolte e tutt’ora sono in corso per tentare di fare luce sul racket che controlla il mercato dei giochi elettronici. In Sicilia, Calabria e Bailicata come in Liguria e Piemonte le pesanti porte degli istituti penitenziari si sono aperte per accogliere molti esponenti delle “famiglie” locali con l’accusa di associazione a delinquere legata ai traffici illeciti dei videopoker.

Possono venire imposti ai negozianti, come è successo a Bruno Piazzese di Siracusa, che pagava la “protezione” attraverso le “macchinette” o come spiega il collaboratore di Giustizia Filippo Battaglia, che racconta come a Brancaccio oltre al pizzo, Cosa nostra gestiva i videopoker acquistati con i soldi delle estorsioni e ne distribuiva alle famiglie mafiose il ricavato.

Nel rapporto della Confesercenti si parla del “racket dei videopoker come di una modalità indiretta dell’attività estorsiva classica”.
Maurizio De Lucia
sostituto procuratore antimafia: "quella delle slot è un’attività che porta nelle famiglie di ciascun quartiere parecchi soldi ogni mese. Oltre tutto è un ottimo sistema per riciclare denaro sporco”.

Tutto ciò è possibile tecnicamente anche grazie alla possibilità di truccare le schede elettroniche delle macchinette e non collegandole come la legge impone telematicamente con la rete dei monopoli di stato.

Insomma mafia e videopoker abbiamo detto.

La mafia, questa organizzazione dai contorni assai vaghi, sfumati, indefiniti, che non sempre si capisce dove finisca per cedere il posto al Diritto, e queste macchinette che diventano sempre più spesso illegali, facendo fruttare con semplici accorgimenti milioni di euro. Non collegandole.

Molti soldi per tutti, per la mafia ma anche per l’alta finanza e la politica.
Nel girone più alto non ci sono forse le richieste estorsive convenzionali ma c’è sicuramente la convenienza per tutti.

Altre inchieste, altri indagati. Nomi illustri dell’Italia che conta. Soldi, molti soldi. Cento miliardi di euro.

Giorgio Tino direttore dei Monopoli di Stato e la moglie Anna Maria Barbarico dirigente Aams competente sulle slot.
Dopo la regolamentazione delle “macchinette mangiasoldi” voluta dal governo Berlusconi, era prevista il collegamento telematico di ogni apparecchio ad una rete per il controllo delle giocate al fine di ottenere sia l’impossibilità da parte della criminalità organizzata di potersi impossessare del giro del gioco d’azzardo, sia la certezza del prelievo fiscale del 13% del volume d’affari. La realizzazione di questa rete viene affidata ad alcune imprese private e alle stesse viene richiesto il controllo sull’effettiva funzionalità della stessa, il tutto entro settembre del 2004.

Insomma chi incassava gli euro dalle slot doveva fare la rete di collegamento per esercitare il controllo sulla regolarità delle schede installate e per stabilire il contributo da pagare. Ma cosa più paradossale doveva pure controllare che questa funzionasse. La rete però non parte. L’imposta non può essere calcolata e quindi non può essere prelevata.

Evasione fiscale.

Le aziende incassano senza pagare il giusto tributo.
In prima fila c’è la Atlantis Word. Con un danno erariale contestato di euro 31.390.000.000 . Ai monopoli sanno cosa accade ma nessuno interviene. Nel 2005 la guardia di finanza si accorge che qualcosa non funziona. Proprio dalle intercettazioni su cui sta indagando la procura di Potenza infatti la GdF si accorge di strani rapporti tra Giorgio Tino e Francesco Proietti braccio destro di Gianfranco Fini.

Da L’espresso autore Marco di Lillo
(…)il pm accusa Proietti di aver effettuato una sorta di baratto con Giorgio Tino, il direttore dell’AAMS, l’agenzia dei Monopoli di Stato che ha l’obbligo di vigilare sui giochi d’azzardo (il quale aveva fatto preparare una lettera di revoca per l’Atlantis dandone prontamente comunicazione riservata all’amministratore di Atlantis. N.d.r.). Per bloccare “l’iniziativa pesantissima” di Tino, Laboccetta (l’uomo che incarna il conflitto di interessi di An nel settore dell’azzardo. Laboccetta è un esponente storico di An a Napoli, amico personale di Gianfranco Fini, che da un paio di anni si è dato agli affari. È il rappresentante in Italia di Atlantis World) si rivolge a Francesco Proietti. Proietti ed i suoi amici di An, secondo la ricostruzione del magistrato, evitano la revoca della concessione per Atlantis World società (Atlantis Word società con base alle Antille che diventa provider dei Monopoli nonostante avesse come maggior socio Francesco Corallo, figlio del pregiudicato Gaetano, condannato per associazione a delinquere. Don Gaetano ha scontato la sua pena ed oggi gira tranquillamente per l’Italia ma negli anni Ottanta fu arrestato proprio per la scalata al casinò di Campion.In quella indagine emersero i rapporti di don Tano con il boss della mafia catanese Nitto Santapaola.e) e in cambio sostengono la conferma di Tino al vertice dei Monopoli. (…)si parla di milioni di euro che i Monopoli (e quindi lo Stato. N.d.r.) dovrebbero incassare e che mancano all’appello. Al confronto le macchinette che sono costate l’arresto a Vittorio Emanuele impallidiscono.
(…)a comprova delle salde e autorevoli entrature di cui può giovarsi presso i Monopoli, Proietti fissa un appuntamento tra il Laboccetta e Gabriella Alemanno, vicedirettore generale dei Monopoli di Stato e sorella dell’allora ministro di An.
(…) l’indagine di Potenza mette in luce che è proprio il braccio destro di Fini a muoversi per aiutare la società quando, nella primavera del 2005, Atlantis finisce sotto tiro per il mancato collegamento in rete delle macchinette e per i suoi presunti inadempimenti.


Il legame si allarga, videopoker, mafia e politica.
Allo stato attuale però nulla è cambiato.

Titoli di coda di una storia italiana:

Giorgio Tino e sua moglie restano ai Monopoli nonostante gli sia stato notificato una richiesta di risarcimento di circa 10 miliardi di euro, perché secondo la Corte dei conti, i funzionari avrebbero “abdicato alle funzioni che la Legge e la convenzione gli attribuivano ai fini della verifica del corretto adempimento degli obblighi di controllo”.

Laboccetta rappresentante della Atlantis Word è candidato in Campania alla camera dal PDL.

Le società concessionarie a cui vengono contestate evasioni per 100 miliardi di euro aspettano la soluzione politica del caso, magari da un deputato appena eletto come La boccetta con l’approvazione dei vecchi amici di AN.

La mafia continua a servirsi delle macchinette non collegandole alla rete (tanto non controlla nessuno) continuando ad arricchirsi divenendo sempre più potente.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ciao arrivo sul tuo blog dal link di pressante.com e ti ringrazio per questo post riassuntivo avevo sentito parlare di questa faccenda.