lunedì

Il Ponte e lo sciacquone.

Come ogni mattina appena alzato, con la testa ancora ovattata e confusa, entro in bagno.
Evito velocemente lo specchio. Sarebbe traumatico.
Osservo lo sciacquone.
Perde ancora.
Un sottilissimo filo d’acqua scorre lungo le piastrelle fino al pavimento.
Dovrei farlo sistemare.
Certo appena posso chiamo l’idraulico.

Con gli occhi socchiusi ancora, prendo il mio caffè.
Due tazzine con poco zucchero.
Esco.

In ufficio non si parla d’altro che di “crisi”.
Si chiude, quando si chiude, chi andrà via e chi resterà.

Ogni giorno si vive come incastrati in una ghigliottina.
Si tiene d’occhio il filo che lascerà scorrere la lama.

Il mio collega è arrivato tardi anche oggi.
Vive poco distante dalla città, ma un mese addietro durante una brutta giornata di pioggia, la strada che porta nella sua frazione è stata coperta da una frana.
Lui dice che è una piccola frana, ma che nessuno la toglie.
Non ci sono i soldi.
Una intera comunità è isolata.
Le pietre sono ancora lì e l’autobus non passa.
E’ incazzato quando lo dice.

- Vogliono fare il ponte sullo stretto e poi lasciano le strade impercorribili per mesi con cento chili di terra.-
Si accende una sigaretta perché è consapevole che adesso si innescherà la reazione di Luigi.

Luigi è un autista che nella sua vita ha percorso milioni di chilometri.
Conosce tutte le strade d’Italia.
Autostrade, tangenziali e provinciali.

Luigi aveva un cugino che lavorava a Milazzo.
Una mattina sulla autostrada Messina Palermo viaggiava insieme ad altri colleghi per andare a lavoro.
In quel maledetto tratto in cui si viaggia in un'unica corsia hanno trovato la morte.

-Da più di sette anni per un problema di competenze sulla riparazione di una galleria, si lascia un pezzo di autostrada con un'unica corsia. Si porta la gente ad ammazzarsi. Nulla si muove. Bastardi.-

Ora accendo una sigaretta anch’io.
La prima questa mattina lo accesa mentre guidavo.
Camminavo piano e mi godevo il mio stretto.
La giornata era limpida e si potevano vedere nettamente i due piloni che si sfidavano sulle due rive come metalliche creature, come scilla e cariddi.

Il mare sembrava una tavolozza di un acquerellista.
Tante gradazioni d’azzurro e mille macchie di blu.
Adesso alla prima boccata dolce della mia terza wiston era partito anche Mario.

Si era alzato dalla sedia e respirando con un po’ di sforzo aveva rievocato quella domenica di gennaio.
Pioveva a dirotto. Un forte temporale imperversava sulla Calabria.
La corsia di quella autostrada che da Vibo lo portava verso Villa S. Giovanni sembrava più una gincane.
Deviazione a destra e poi a sinistra.
Poi ancora cambio di carreggiata e fango sull’asfalto.
Restringimenti improvvisi e dossi non segnalati.
Era un inferno.
Non vedevo l’ora di arrivare ai traghetti.
Lì mi dissero della frana e dei morti.
Al bar della nave qualcuno disse che finalmente avevano chiuso l’inferno.

A che serve sto cazzo di ponte che quando c’è vento neanche si potrà percorrere.
Fai tre chilometri in cinque minuti e poi muori subito dopo.

Cazzo ma lo capite che tra poco andiamo tutti a casa!
Almeno se fanno il ponte continueremo a lavorare!
Questo è Francesco. Ha 26 anni, una moglie e due figli.
Lui è l’ultimo arrivato e sicuramente il primo ad andare via in caso di licenziamenti.
Io rischio di non poter dare da mangiare alla mia famiglia.
Ora la voce tremava.
Che cazzo me ne frega di quello che fanno.
Il ponte, il traforo, il tunnel o asfaltano il mare… basta che c’è da poter campare.

Schiaccio il filtro o poco più di quello che resta della mia sigaretta nel posacenere.
Vorrei parlare adesso io.
Vorrei parlare del mostro di cemento ed acciaio che violenterà il nostro paesaggio, della nostra città che verrà trasformata in un cantiere e degli interessi della mafia sull’opera.
Vorrei anche dire che il più grosso appalto pubblico mai bandito nel nostro paese è economicamente inutile e peggio ancora irrealizzabile.
Che se ci sono i soldi per costruirlo si possono allora fare opere certamente più necessarie.

Ma Francesco ha gli occhi lucidi.
Trattiene le lacrime scarabocchiando con una matita uno scontrino della farmacia.

Sua figlia ha otto anni e vorrebbe i pattini. Sua moglie vorrebbe un giorno andare dal parrucchiere.
Chissà se quando faranno il ponte potrò riparare il mio sciacquone.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Probabbilmente hai ragione, ma l'inutile classe politica della nostra città, non permette e mai permetterà che si sviluppino progetti importanti, si pensa solo a sistemare gli affari di famiglia e nient'altro. Se l'inizio del ponte può risvegliare l'orgoglio di noi messinesi nel dire basta ben venga, ma una volta per tutte dobbiamo avere il coraggio di mandare a casa quei venditori di fumo e costruire una nuova classe politica che abbia a cuore solo ed esclusivamente gli interessi di Messina e dei Messinesi. Ma questo e solo il mio sogno , chissà se un giorno potrà realizzarsi!

Laura Raffaeli ha detto...

domenica sera su rai3 c'è stata un'interessante trasmissione (insolito per le nostre tv) che parlava di fosforo a gaza e nell'iraq, diceva della corruzione e degli aiuti che non arrivano mai, né a gaza né in iraq ma manco in afghanistan.. ma la trasmissione diceva anche di reggio calabria che sta con acqua salata da troppi anni ormai (dico anni e con tutte le conseguenze del sale su tubature, elettrodomestici e stomaci umani, peggio dell'afghanistan dove muoiono troppi bambini ogni giorno solo per l'acqua che la cooperazione italiana ancora non porta e sono costretti a bere quella salmastra e inquinata a disposizione!): ma prima del ponte non sarebbe meglio portare aiuti laddove i nostri politici - complici di altri corrotti - hanno arrecato danni irreversibili sia per la salute che per l'ambiente? almeno portassero l'acqua e sistemassero le strade nel nostro sud, ad esempio la calabria sta franando tutta, non so nemmeno dove potranno appoggiare questa "grande opera" che di grande ha solo l'egocentrismo, l'ignoranza e la corruzione di chi lo vuole. prima di un ponte tra una fame l'altra pensassero a cose serie! il tuo sciacquone che perde è lo specchio di questa nazione, ciao laura