sabato

Vi ricorderete di Cuffaro?

Un indagine segretissima avviata dalla procura antimafia di Palermo.
Il nucleo del ROS dei Carabinieri, riesce a piazzare le microspie nell’abitazione di Guttadauro, medico chirurgo e boss di cosanostra, vicino a Matteo Messina Denaro ed a Bernardo Provenzano.
Nel suo salotto era un via vai di “picciotti”, politici ed imprenditori.
Le intercettazioni telefoniche ed ambientali avrebbero reso grandi risultati nelle indagini sugli affari della cupola e sulle tracce dei latitanti.
Nel suo salotto vi si recavano spesso vari esponenti dell’UDC. Uno dei più assidui era Mimmo Miceli, pupillo dell’Udc del leader indiscusso Totò Cuffaro, destinato a diventare assessore alla Sanità della giunta comunale di Diego Cammarata. Si parlava di elezioni regionali e candidature. Guttadauro decise di puntare su Miceli. Si parlava di poltrone di tutti i tipi, per la politica, gli enti pubblici e gli ospedali.
A metà giugno ricevette l’improvvisa visita del medico Salvatore Aragona, alle spalle una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, un presente da imprenditore con la passione della politica: si divideva fra Milano, Palermo e le segreterie dell’Udc di Cuffaro. Il 12 giugno 2001, prese un aereo in tutta fretta per la Sicilia. Appena arrivato, corse alla segreteria politica di Miceli, in via Libertà 56. Poi, la stessa sera andò a casa di Guttadauro. Gli investigatori del Ros non lo mollarono un attimo. Aragona aveva una notizia importante da comunicare: «La Procura sta intercettando, la Procura sta indagando». E citò la sua fonte: «Totò».
Ma chi era questo Totò?
Fu il 30 luglio di quel 2001 che Totò Cuffaro, fece la sua comparsa nell’inchiesta del Ros con la sua faccia: era presidente della Regione da quasi tre settimane, alle 9, all’hotel Excelsior di via Marchese Ugo, c’erano due persone ad attendere il nuovo governatore della Sicilia. Il solito fidato uomo di partito, Mimmo Miceli, e il cognato del Giuseppe Guttadauro, quel dottor Vincenzo Greco condannato nel ‘96 per aver curato Salvatore Grigoli, il killer di padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia nel 1993. Ad attendere Cuffaro c’erano anche i carabinieri del Ros, ben mimetizzati, armati di telecamera nascosta in un’auto civetta. Nel filmato, si distingue chiaramente Cuffaro che arriva puntuale alle 9 davanti all’Excelsior, saluta i due professionisti e con loro entra dentro l’albergo. Alle 9.10 Vincenzo Greco uscì dall’hotel e andò via. Alle 9.25 gli investigatori inquadrarono ancora Cuffaro e Miceli mentre si congedavano.
Intanto, in quei mesi, i carabinieri del Nucleo Operativo di Palermo indagavano sulle indicazioni fornite dall’ultimo pentito di mafia, Nino Giuffrè. L’ex componente della Cupola aveva rivelato ai magistrati della Procura che il magnate della sanità privata siciliana, l’ingegnere di Bagheria Michele Aiello, era un prestanome del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano, la primula rossa ricercata dal 1963. Intercettati i suoi telefoni, emersero subito curiosi contatti con un maresciallo della Dia in servizio alla Procura, Giuseppe Ciuro, e con un maresciallo del Ros, Giorgio Riolo, l’esperto in tecnologie che aveva piazzato le microspie nelle abitazioni del boss Guttadauro e di tanti altri mafiosi.
Riolo è una spia nelle mani dell’ing. Michele Aiello, il ricchissimo imprenditore vicino alla “famiglia” di Bagheria, inserito nella gestione della spartizione illecita degli appalti in Sicilia, che avrebbe costruito la sua immensa fortuna grazie alla personale protezione di Bernardo Provenzano. All’epoca incensurato e grande sostenitore dell’Udc di Cuffaro, l’ingegnere intratterrà con “Totò” legami di tipo affaristico e amichevole. Gli affari riguarderanno le cliniche di Aiello “Villa Santa Teresa” e “Atm” che, grazie ai raggiri di funzionari compiacenti del distretto sanitario di Bagheria e della Regione, riuscirà a farsi rimborsare fior di quatrini aumentando i suoi ricavi del 780 % in due anni. Per questo motivo il comune di Bagheria e l’Asl 6 hanno chiesto risarcimenti per un complessivo di 86 milioni di euro.
I legami amichevoli tra Cuffaro e Aiello invece sfoceranno nelle rivelazioni del 20 e soprattutto del 31 ottobre 2003, quando il Presidente (a quel tempo già indagato nell’inchiesta su Guttadauro), liberandosi dalla scorta con un pretesto, lo vorrà incontrare in incognito nel retrobottega di un negozio di abbigliamento a Bagheria. A quell’appuntamento il leader dell’Udc informerà l’ingegnere Aiello che la Procura (da tempo impegnata a “scavare” sulle sue relazioni con Cosa Nostra e sulle sue strutture sanitarie) aveva puntato i riflettori sui marescialli Ciuro e Riolo, gli ideatori di quella rete riservata di telefonini che serviva a proteggere l’ingegnere dalle indagini.
Il resto è cronaca di questi giorni.
Ma quanto di questi avvenimenti ricorderanno gli italiani tra qualche mese?
Quando alle prossime elezioni Totò Cuffaro si candiderà su richiesta dell’UDC (attraverso quella faccia pulita di Pier Ferdinando Casini) al senato della repubblica, quanti si ricorderanno della causa che bruscamente interruppe l’indagine ai vertici di Cosa Nostra? Io sto stretto.

http://www.bernardoprovenzano.net/download/aiello.doc

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